Il titolo è provocatorio, naturalmente, per i grandi soldi che vi girano intorno; servono, per gli atleti pure, per gli amanti dello sport anche.
Le Olimpiadi però hanno perso l’originario valore: le guerre si interrompevano, non c’era il doping, la pubblicità non interrompeva la sfilata dei paesi partecipanti per dirci quanto è buona un’aranciata o quanto è efficace una supposta.
Le guerre continuano sempre più crudeli, laddove sia possibile dire che non ci siano guerre crudeli, sugli autobus e sul podio, i Kosovari non salgono se ci sono i Serbi, così per i Libanesi e gli Israeliani.
Che tristezza!
D’altro canto questa olimpiade sta riservando anche delle sorprese come il matrimonio di due atlete Helen e Kate Richardson-Walsh, britanniche, squadra di hockey su prato.
La cerimonia di apertura è stata sorprendente, diretta e concepita dall’architetto Italiano, Marco Balich, criticato per il suo Albero della Vita all’Expo di Milano, per questa olimpiade a Rio ha stupito tutti, speso meno di tutti, con una cerimonia dalla forte connotazione ambientalista.
Le mascotte di questa olimpiade sono due, un felino e un albero, sempre a ricordare la natura.
Bellissima l’idea di dare ad ogni atleta un seme che poi gli stessi piantavano in alcuni “ armadi” che alla fine si sono trasformati nei cinque cerchi olimpici.
I cinque colori che ricordano i cinque continenti sono diventati tutti verdi, per dire che esiste un solo mondo ed è la natura!
Bella la” favola” dell’ atleta Rafaela Silva, nata e cresciuta nelle favelas; ma a tale proposito molte favelas sono state rase al suolo per fare posto al villaggio olimpico e perché non erano “telegeniche”.
Per ora il medagliere è a favore dell’America e della Cina, l’Italia è settima; c’è ancora tempo per altre sorprese, come la rinuncia di Pelè ad essere ultimo tedoforo per motivi di salute, al suo posto il maratoneta Vanderlei de Lima.
Cronache e polemiche a parte, i giochi olimpici, anche se hanno avuto delle fermate obbligatorie causa guerra, come quella del 1940 che doveva tenersi a Tokyo, continueranno, magari deludendo il Barone Pierre De Coubertin e il suo meraviglioso sogno di fratellanza mondiale espressa con il suo felice motto: “L’importante non è vincere ma partecipare”
Non dimentichiamolo mai, in nessun ambito.