Catania è in festa per Sant’Agata, la piccola vergine vissuta nel III secolo. Appartenente ad una famiglia patrizia catanese sin da giovanetta consacrò la sua vita a Cristo Gesù. Quinziano, governatore romano, incantato dalla sua bellezza voleva assolutamente che la fanciulla diventasse sua. Agata fuggì a Palermo ma Quinziano riuscì a individuare il suo nascondiglio, la fece arrestare e tornare a Catania, dove usò tutti i mezzi per sedurla e piegarla ai suoi voleri. Il rifiuto di Agata fu risoluto. Allora il governatore romano iniziò a perseguitarla in quanto cristiana, ma a nulla valsero né le lusinghe né le successive minacce e le indescrivibili torture che martirizzarono la fanciulla messa a morte il pomeriggio del 5 febbraio 251. Subito dopo la morte cominciò a essere venerata dall’intera popolazione, anche quella che professava il paganesimo. Ben presto il culto di Agata si diffuse anche oltre i confini dellla Sicilia. Fu Papa Cornelio che la elevò alla gloria degli altari.
Momenti di vero prodigio sono quelli della Messa dell’aurora. E’ davvero indescrivibile l’emozione che si prova assistendo alla celebrazione del 4 febbraio, all’alba, e poi quando Sant’Agata esce dalla “sua casa”. È “la fine del mondo”: suoni, canti, voci, preghiere, lacrime… e uno scenario di fuochi d’artificio che ci avvolge tutti (e siamo migliaia e migliaia di fedeli e devoti) in un fantastico velo di commozione e di speranze… tutti gli sguardi sono rivolti verso quel visino roseo dall’espressione estatica che ci rapisce e ci indica la “via”, “via” che lei, appena adolescente intraprese con una ferma determinazione che rende orgogliosi tutti i catanesi. Una forza soprannaturale ti cattura e ti fa volare al di là delle cose terrene facendoti finalmente capire, fra i singhiozzi, che la vera realtà supera i confini dell’umano e ti fa “abbracciare” idealmente tutte le persone che ti circondano e che finalmente senti come fratelli, accomunati dall’amore per questa piccola vergine. E da verace scugnizzo nato settantasette anni fa in un vicolo di Napoli mi è venuto naturale il desiderio di esternare nella parlata popolare della mia terra il pathos trasmessomi appunto da questa emozionante Messa celebrata alle prime luci dell’alba nel Duomo di Catania.