Nei due articoli precedenti ho scritto del “folklore” di Venezia Film Festival, dei suoi problemi, di Venezia quasi “investita e travolta” da Toronto che inizia il suo TFF a ridosso del suddetto.
Mestamente le sale stampa si svuotano, i moderatori sono alla ricerca di interrogativi, che tra l’altro, da anni sono sempre i soliti e si preparano, domande fa fare poiché i silenzi in sala stampa sono molto deprimenti.
Mi chiedo da qualche anno a cosa servano i festival, a parte gli addetti ai lavori: uffici stampa, sponsor, giornali, griffe importanti da Red Carpet, tv e media in generale, di certo al grande pubblico poco, come ho già ribadito, moltissimi film non saranno mai nelle sale.
Molti film sono dedicati ad una stretta elite di cinefili, mi sembra di ricordare le canzoni scritte apposta per il festival di Sanremo, canzoni che vincono e di cui dopo poche settimane nessuno ricorda più il motivo.
Il film Nimphomaniac di Lars Von Trier non è un film per tutti, è durissimo, crudele, per stomaci forti e una grande apertura mentale.
La ninfomania è una vera e propria malattia psicotica e non un fenomeno da baraccone o una perversione femminile. come spesso ci è stata “venduta”.
Un tema ancora dibattuto sebbene nel 1995 la American Psychiatric Association ha cancellato tale voce dalla IV edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV).
Il film però pone l’accento su questo terribile disturbo e con immagini esplicite e senza censure, naturalmente per le sale molte scene sono state tagliate.
Il regista che in sala stampa era presente solo on line, parla di questa ninfomane che per seguire le sue manie erotiche, abbandona figlio e marito, si unisce ad un gruppo di ninfomani anonime ma lo abbandona prendendo coscienza della sua malattia da sola.
Tutto il film parla di problematiche che vanno dai rapporti umani, alle solitudini, ai traumi infantili, il sesso, la malattia in fondo restano marginali anche se ad una lettura superficiale ci appare il classico dito che indica la luna e lo sciocco guarda il dito!
Altro film interessante ma altrettanto crudo è il film turco Sivas, la storia di un cane, Sivas appunto, e di un bambino, Aslan, nella finzione.
La loro amicizia fortuita e la decisione del bambino di non far più combattere il “suo “ cane, una razza bellissima, discendente diretto dei lupi, crudele con i suoi simili e dolcissimo con l’uomo che serve sino alla morte è commovente.
Anche qui ad un primo approccio c’è il rifiuto per i combattimenti cruenti sino alla morte di uno dei due cani combattenti però dietro c’è la sopravvivenza di una comunità che ha bisogno di esemplari forti per difendere i greggi dai lupi, la razza è incredibilmente alta e robusta, è chiamata Kangal, questo non giustifica i crudeli combattimenti che si distinguono da quelli per scommesse esclusivamente ludiche.
In sala stampa ho chiesto se dietro i combattimenti ci fossero addestratori e se ovviamente il sangue fosse finto: la risposta molto articolata e chiara ha spiegato che c’erano coloranti alimentari e che le scene erano girate in modo che nessun cane si facesse realmente male perché sul corpo dei cani era stata posta una miscela repellente.
Cymbeline è un film del regista Michael Almeryda, è un’opera minore di Shakespeare scritta presumibilmente nel 1610 quindi un’opera tardiva dove ci sono un po’ tutte le reminiscenze di drammi già scritti: ci sono gli amanti divisi dalle famiglie, l’esilio, i veleni gli intrighi, eppure minore o maggiore Shakespeare non perde il suo fascino.
Unica critica: il regista Baz Luhrmann aveva già trattato nel 1996 Giulietta e Romeo, trasferendoli in un sobborgo immaginario di Los Angeles chiamato Verona Beach, e in entrambi i film invece delle spade si usano pistole, i protagonisti indossano chiodi in pelle e fanno parte di gang pericolosissime, ecco non mi sembrava utile ripetere l’esperimento.
Gli attori sono tutti bravissimi Ed Harris è un capolavoro, meno un cianotico e freddo Ethan Hawke, sfoggio di bellezza di Milla Jovovich, bravo Anton Yelchin e il versatile bravissimo John Leguizamo! Insuperabile Hollywood!
Parlando di attori e cinema a confronto ho visto 2 film italiani: Senza nessuna pietà di Michele Alhaique attore e regista con Pier Francesco Favino, Alessandro Giannini, bravissimo nell’interpretare un laido figlio del boss interpretato da un eccellente e purtroppo dimenticato Ninetto Davoli, un ruolo piccolo ma una grande interpretazione, dignitosa e matura.
Cosa c’è che non va nel cinema italiano quindi, con le dovute eccezioni?
Almeno in questo e l’altro film che ho visto, spesso ci sono notizie di cronaca che il tg racconta in un minuto e mezzo e il film in un’ora e mezza, non mi piace (spesso) la recitazione che non arriva al pubblico l’ interpretazione è solo facciale, il body acting spesso è dimenticato, le luci, la fotografia è raffazzonata.
Altro film italiano è : I nostri ragazzi con Alessandro Gassman e Luigi Lo Cascio, Barbara Bobulova e Giovanna Mezzogiorno, due coppie con figli adolescenti, un’età pericolosa per se e per gli altri, i due ragazzi infatti uccidono involontariamente una barbona.
Vengono scoperti dai rispettivi genitori in questo caso sono due fratelli benestanti Gassman è un avvocato di successo, Lo Cascio un chirurgo abituato a salvare vite umane, tra i due nasce un conflitto: denunciare o meno i propri figli?
Non svelo il finale ma anche qui il regista Ivano Di Matteo ricostruisce un episodio di cronaca e un dilemma che può toccare tutti.
Ancora una volta la recitazione di tutti è rigida … è talmente recitato da non arrivare al cuore, nonostante il tema doloroso, stimo tutti gli attori presenti ma il mio giudizio è negativo. Gassman a teatro è inimitabile, superlativo, al cinema non emoziona.
Questa la “mia” Venezia ’71, rimpiango le ore perdute a fare file inutili per vedere altri film, ci sono gli stessi film in streaming … a pagamento e mi chiedo a cosa servano i 60 euro di accredito.
Come è triste Venezia cantava Aznavour, appunto come è triste!