Il Roma Film Festival, con la direzione di Müller è stato definito “Roma Anno Zero”.
Tutti si affannano a trovare le differenze tra i vari Festival, io li trovo nello schema tutti uguali; nella forma magari ci sono delle differenze: Cannes è il più glamour, Berlino il più intellettuale, Venezia una via di mezzo e Roma… ancora non è né carne né pesce, deve ancora trovare una sua dimensione.
Roma, in ogni caso, quest’anno ha presentato un range di film molto vari, dal tedesco “Gegenwart” di Thomas Heise scelta molto discutibile: sessantacinque minuti di osservazione del lavoro quotidiano di un piccolo crematorio tra Natale e Capodanno; s’intravedono cadaveri, operai che si arrovellano per riparare un guasto … insomma una scelta che non ha capito nessuno. Per passare poi a un film francese che ha entusiasmato il pubblico, “Populaire” del regista Régis Roinsard una commedia anni ’50 girata benissimo che racconta la storia di un amore nato tra datore di lavoro e la sua segretaria; detta così sembra banale e invece il plot è originale e avvincente, racconta le mitiche gare tra dattilografe a livello mondiale avvenute negli anni ’50.
C’era anche un film “politico” di G. Durzi e G. Fasanetta dove, attorniati da persone con la maschera di Berlusconi, hanno sfilato sul Red Carpet un politico di lungo corso come Cirino Pomicino e uno più giovane come Della Vedova. Il film si chiama “S.B. Io lo conoscevo bene” e parla dell’ascesa e della “caduta” di Berlusconi, non aggiungendo altro a quello che sapevamo già dai Tg … insomma un altro film inutile; mi hanno colpito però i toni “morbidi” con cui si parla di Berlusconi, anche da parte dei “nemici”… chissà, non si sa mai!
Cinismo a piene mani nel film olandese del regista Paul Verhoeven, “Steekspel”. Film nato sul web … esperimento riuscitissimo: su YouTube il regista ha messo il trailer dell’inizio dei film e poi ha invitato tutti a proseguire la sceneggiatura; il film è bellissimo e come il solito non si sa se sarà distribuito nelle sale italiane e in quante copie, peccato.
Un film che fa pensare, e tanto, è “Mental” del regista J. P. Hogan. Si ride dall’inizio alla fine, seppure si parli di un tema dolorosissimo come la malattia mentale, la pazzia, la schizofrenia. In sala stampa è lo stesso regista a dirci che è un film quasi autobiografico, in quanto sua madre ha sofferto di disturbi mentali e suo figlio è autistico. Insomma, si passa da uno stato d’animo all’altro e i cinefili pagano fino a 30 euro il biglietto se in sala ci sono il regista e gli attori.
L’unica grande “star” hollywoodiana presente è Sylvester Stallone, presente con il film “Bullet to the head” per non smentirsi, del regista Walter Hill. Stallone era inavvicinabile, scortatissimo … ma di cosa avrà paura Rambo? In ogni caso alla conferenza è stato anche simpatico; a chi gli chiedeva se volesse girare un altro Rocky, lui ha risposto: “Si, Rocky contro l’artrosi”.
A Roma non mancano le feste e gli eventi collaterali, dibattiti, revival di vecchi film e personaggi che hanno fatto grande il cinema italiano, come un documentario su Carlo Verdone e un altro personaggio indimenticabile: Tiberio Murgia.
Le feste sono assolutamente esclusive e senza invito; davvero inaccessibili, grazie ad amici che stimano me e il giornale L’Idea, sono stata invitata a due feste molto importanti. La prima, a Villa Laetitia, appartenente ad Anna Fendi Venturini, una delle sorelle della prestigiosa famiglia Fendi, noto marchio di moda, era stata organizzata per festeggiare il film italiano “ Il volto di un’altra” di Pappi Corsicato, e prodotto da R&C Produzioni e BLS Süd Tirol-Alto Adige, che tratta la vicenda a tratti ironica della chirurgia estetica, di quanto l’immagine condizioni la nostra vita e soprattutto quella di chi con la faccia ci lavora. La serata in questa villa da sogno, con buffet raffinatissimo, personaggi del cinema e della finanza, è stata indimenticabile.
Altra festa prestigiosa nel palazzo Pecci-Blunt, di fronte al Campidoglio, è stata quella di Bulgari, famoso gioielliere che si prefigge uno scopo nobile, parte del ricavato di uno dei suoi anelli in argento e ceramica è dedicato a “Save the Children”, istituzione benefica per l’adozione a distanza. Anche qui, camerieri in livrea e parrucca servivano una cena elegante, e gli ospiti erano attori come Steffen Dorff e Adrien Brody.
A proposito dell’attore Steffen Dorff, memorabile la sua recitazione nel film dei fratelli Polsky “The Motel life”, storia di due fratelli molto sfortunati e che sacrificherebbero la vita l’uno per l’altro; in conferenza stampa ho chiesto ai due fratelli qual era il loro rapporto nella realtà. Imbarazzati, mi hanno risposto che sono più fortunati dei due fratelli nel film e che tutto sommato il loro rapporto è ottimo e non privo, ovviamente, di vedute differenti.
Chiudo con altri film; uno francese, “ Un enfant de toi” di J. Doillon, film noioso su un menage a trois un po’ irrisolto; trama esile e dialoghi infiniti … ma non faceva prima a scrivere un libro?
Roman Coppola, figlio e fratello dei registi di origini italiane Sofia Coppola e Francis Ford Coppola, ha presentato un film “ A glimpse inside the mind” con un bravo Charlie Sheen, voleva essere “brillante” ma è risultato ridicolo e noioso; si dice buon sangue non mente, bene, questa volta ha mentito.
Ultimo, ma non per questo meno bello e divertente, il film del pugliese Pippo Mezzapesa, un film tenero e buffo che gira intorno a un personaggio naive e sincero, un “buono” che dedica la sua vita alla custodia del Cimitero di Mariotto e poi di Bitonto. Quando a Bitonto ci sono le elezioni comunali, si propone come consigliere e con un preciso programma: un posto decoroso al cimitero per tutti! La storia si snoda fra dialoghi rigorosamente in dialetto bitontino stretto, e “azioni“ tipo fare volantinaggio con la macchina adibita di solito al trasporto delle bare. Un film che fa sorridere e ridere, ma anche un film di denuncia … mancano i loculi, i cimiteri sono spesso sporchi, manca l’acqua, si rubano i fiori e tante altre “amenità”. “Pinuccio Lovero, Yes I can” questo è il titolo del film, Pinuccio Lovero esiste veramente; non è stato eletto, ma meriterebbe di vincere molto più di tanti altri.
I film che hanno vinto sono stati un mare di polemiche e addirittura di gravi, inaccettabili insulti nei confronti dell’attrice Isabella Ferrari. Film vincitore per la miglior regia a Paolo Franchi dal titolo “ E la chiamano estate, ” che trattava di coppie di scambisti, con scene di nudo ovviamente pertinenti al film, ma con dialoghi a dir poco ridicoli.
Marc’Aurelio d’oro al chiacchieratissimo regista Larry Clarke e al suo film “Marfa girl,” storia piena di sesso nell’adolescenza dell’America della provincia e dei piccoli paesi.
Premio speciale della giuria, che ha pacificato critica e pubblico, al film “Alì ha gli occhi azzurri,” del giovane regista Claudio Giovannesi, sulla difficile integrazione di giovani stranieri con lingua e cultura diversa dalla nostra.
Un brevissimo cenno al direttore della giuria Matthew Modine, celebre protagonista del film di S. Kubrick “Full Metal Jacket,” sempre gentile e disponibile con tutti e presente alla mostra anche in veste di fotografo di scena del suddetto film.
Ecco conclusa la mia avventura romana. Tutti discutono se serve davvero un altro Festival … ma i Festival sono anche business, albergatori, ristoranti, e soprattutto produttori, sale cinematografiche che cercano sempre nuovi film da proiettare. Roma Città aperta … soprattutto a nuove idee; intanto, Grazie Roma!