PASOLINI ROMA: CINEMA, ARTE, FOTOGRAFIA, LETTERATURA, POESIA, CRITICA AL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI DI ROMA.
Tre capitali europee, Barcellona, Parigi, Berlino, si associano a Roma per celebrare con un progetto innovativo la figura di Pasolini, l’intellettuale del XX secolo che più di ogni altro è riuscito ad reinterpretare l’immagine della città di Roma, incarnandola in chiave poetica.
Per Pasolini Roma non fu semplicemente uno scenario cinematografico o un luogo in cui vivere. Con questa città egli ha avuto una relazione passionale, fatta di sentimenti misti di amore e odio, di fasi di attrazione e rifiuto, di voglia di allontanamento e di piacere del ritorno. Le circostanze difficili del suo arrivo a Roma lo hanno catapultato in un mondo e in una lingua non suoi, appartenenti ai sottoproletari delle borgate in cui la precarietà della sua situazione economica lo costringeva a vivere. Dalla scoperta di questo universo del tutto nuovo nascerà un’ispirazione potente ed è lì che Pasolini troverà, senza doverli cercare, i soggetti dei suoi primi romanzi e film. In seguito, per il Pasolini uomo pubblico e analista instancabile dell’evoluzione della società italiana, Roma sarà il principale punto di osservazione, il suo permanente campo di studio, di riflessione e di azione. Sarà anche il teatro delle persecuzioni che il poeta dovrà sempre subire da parte dei poteri di ogni genere, e dell’accanimento dei media che per 20 anni lo trasformeranno nel capro espiatorio, nell’uomo da demolire, a causa della sua diversità e della radicalità delle sue idee sulla società italiana.
La mostra sarà organizzata cronologicamente in sei sezioni, dall’arrivo dello scrittore a Roma nel 1950 fino alla notte della sua tragica morte ad Ostia nel novembre del 1975. Di tappa in tappa si ritroverà il filo conduttore che permetterà di tracciare – lungo un quarto di secolo – il percorso della sua incredibile vitalità creativa: i luoghi in cui ha vissuto, in cui ha ambientato romanzi e film, la poesia, il cinema, gli amici, gli amori, le persecuzioni, le lotte e gli impegni nella città. I disegni e dipinti di Pasolini, i suoi autoritratti, ma anche la galleria ideale dei pittori contemporanei da lui descritti con precisione in una poesia: Morandi, Mafai, De Pisis, Rosai, Guttuso. Mai prima d’ora una mostra su Pasolini è stata tanto ricca di ogni genere di materiali – molti dei quali finora inediti – che illuminano tutti gli aspetti delle sue molteplici attività. I visitatori avranno l’impressione che sia lo stesso Pasolini a parlare, a guidarli per scoprire insieme a lui un percorso imprevedibile, costantemente aperto gli incontri, ai dubbi, ai capovolgimenti, alle abiure, alle nuove partenze. Il visitatore scoprirà un uomo al tempo stesso straordinario (per la forza creativa, l’incredibile vitalità, la lotta perenne, la passione per tutto ciò che fa) e comune, con i suoi momenti di esaltazione, di fede, di entusiasmo, di allegria, ma anche di dubbio e di angoscia di fronte al mistero della vita e alla tragicità della storia.
Sezioni della mostra
1950 – 1955 Pier Paolo Pasolini arriva alla stazione di Roma con sua madre il 28 gennaio 1950. Ha ventotto anni. È stato rimosso dall’insegnamento nelle scuole pubbliche ed espulso dal Partito comunista perché il militante poeta è stato denunciato per atti osceni con adolescenti in occasione di una sagra a Ramuscello, in Friuli, la regione nativa di sua madre. Lasciano la casa di Casarsa di prima mattina, con il padre ancora addormentato. In un primo tempo Susanna deve fare la governante per venire incontro alle loro necessità, e Pasolini alloggia provvisoriamente presso una famiglia amica dello zio, a piazza Costaguti, nel ghetto, nel cuore della città, a due passi dalla Fontana delle Tartarughe che mostra al sole la nudità dei suoi efebi luccicanti. Molto presto, madre e figlio, con il padre che li ha raggiunti, si allontanano dal centro di Roma per andare ad abitare nella periferia povera, a Ponte Mammolo, in una casa “senza tetto e senza intonaco” nei pressi della prigione di Rebibbia. Dice Pasolini a proposito dei suoi primi anni a Roma: “io vivevo come può vivere un condannato a morte / sempre con quel pensiero come una cosa addosso, / – disonore, disoccupazione, miseria.” Con i mezzi pubblici ci mette tre ore per raggiungere Ciampino, dove ha finalmente trovato da insegnare in un istituto privato per il magro stipendio di ventisettemila lire al mese. Tra i suoi allievi un certo Vincenzo Cerami attira la sua attenzione e la sua simpatia. Diventerà scrittore e sceneggiatore e sarà assistente di Pasolini in Uccellacci e uccellini. Questo periodo di miseria sarà tuttavia illuminato dalla sensazione esaltante che “Roma è divina”. Scopre il sottoproletariato delle borgate, il suo linguaggio e la sua violenta vitalità. Un giovane pittore edile, Sergio Citti, diventerà il suo “vocabolario parlante” di romanesco. Questo mondo sconosciuto per alcuni anni costituirà la sua principale fonte di creazione letteraria e cinematografica. Dopo i cauti, furtivi amori friulani, scopre la sessualità libera e spontanea con i ragazzi di Roma. In compagnia di Sandro Penna, scrittore di amorosi turbamenti con giovani maschi, frequenta le rive del Tevere, fiume che diventa uno dei suoi punti di riferimento simbolici e poetici. Continua più che mai a scrivere e ottiene alcuni premi di poesia che lo rafforzano nel credo radicato in lui: la salvezza verrà dal suo lavoro letterario. Comincia a frequentare gli scrittori che ha conosciuto finora da lontano: Giuseppe Ungaretti, Carlo Emilio Gadda, Giorgio Caproni, Giorgio Bassani…
1955 – 1960 Con la pubblicazione di Ragazzi di vita, nel 1955, Pasolini irrompe nel cerchio della vita intellettuale e artistica romana. Fa entrare nella letteratura italiana il gergo dei ladruncoli e delle prostitute delle borgate e il dialetto romanesco. Il libro suscita scalpore, ma i suoi nuovi amici lo difendono. In quel periodo comincia a scrivere sceneggiature per Mario Soldati, Federico Fellini, Mauro Bolognini e altri registi. Quello che i cineasti si aspettano dalla sua penna è la sua conoscenza della vita e del linguaggio del sottoproletariato romano, anche se la prima sceneggiatura a cui collabora (La donna del fiume di Soldati, del 1954) non è ambientata a Roma. Pasolini entra in relazione con coloro che saranno i suoi amici più cari e duraturi, Alberto Moravia e Elsa Morante. Conosce una giovane cantante e attrice, Laura Betti, che lo accompagnerà per tutta la vita, apparirà nei suoi film e nel suo teatro, e sarà un punto di riferimento fondamentale della sua vita sociale romana. Più tardi parlerà di lei a Godard come della sua “moglie non carnale”. Le nuove entrate gli permettono di comprarsi la prima automobile, una FIAT 600, e di lasciare il lontano sobborgo di Rebibbia per il quartiere di Monteverde, dove andrà ad abitare nel 1954, in via Fonteiana, con la madre e il padre. Cinque anni più tardi trasloca in un appartamento sempre nello stesso quartiere, a via Carini, in un edificio dove vivono Attilio Bertolucci – poeta da lui molto amato – e la sua famiglia. Il giovane Bernardo diventerà suo discepolo e più avanti suo assistente in Accattone, prima di girare il suo primo film a ventun anni basandosi su una sceneggiatura scritta da Pasolini per sé, La commare secca. Frequenta l’animato centro di Roma, piazza Navona, piazza del Popolo e Campo de’ Fiori, dove vivono i suoi nuovi amici: Alberto Moravia e Elsa Morante, Giorgio Bassani, Fellini, Laura Betti. Frequenta con loro i caffè e i ristoranti della zona, fulcro della vita intellettuale romana. Roma, dove è arrivato con sua madre proprio nell’anno del Giubileo, è anche la città del Vaticano. Il papa Pio XII muore nell’ottobre 1958, dopo diciannove anni di pontificato. Poco dopo Pasolini pubblica una poesia intitolata A un papa, in cui accusa il pontefice di colpevole passività di fronte alla sofferenza dei poveri. I versi fanno scandalo e determinano la fine della rivista “Officina”, fondata nel 1955 da Pasolini insieme a Francesco Leonetti, Roberto Roversi e Franco Fortini. La vita sociale di Pasolini si è concentrata nel centro di Roma. Lavora tutto il giorno, ma di notte, scriverà nel 1960, “la maggior parte della mia vita la trascorro al di là del confine della città, oltre i capolinea, come direbbe, ermetizzando, un cattivo poeta neorealista. Amo la vita così ferocemente, così disperatamente, che non me ne può venire bene: dico i dati fisici della vita, il sole, l’erba, la giovinezza: è un vizio molto più tremendo di quello della cocaina, non mi costa nulla, e ce n’è un’abbondanza sconfinata, senza limiti: e io divoro, divoro… Come andrà a finire, non lo so…”.
1961 – 1962 Con Accattone (1961) l’uomo di lettere Pasolini entra nel mondo del cinema come regista. E lo fa con un grande entusiasmo per questo nuovo linguaggio che, ai suoi occhi, è “la lingua scritta della realtà”, quella realtà che ama avidamente e che in ognuna delle scene cerca di sacralizzare. Non è facile realizzare il film dopo il rifiuto di Fellini, il quale non è convinto delle riprese di prova che gli ha chiesto di girare. Ferito, Pasolini compie un viaggio in India e in Africa prima di trovare un altro produttore che, nella primavera del 1961, gli permette di iniziare le riprese. Quel viaggio getterà le basi del suo amore per il terzo mondo, un amore che crescerà col passare degli anni. Quando inizia la lavorazione Pasolini non conosce affatto la tecnica cinematografica, però ha un’idea molto precisa – ispirata alla pittura del primo Rinascimento – del linguaggio e dello stile che il film dovrà avere. Già dalla prima esperienza egli inventa il “suo” cinema, che si differenzia tanto dal neorealismo quanto dalla cinematografia moderna della Nouvelle Vague. La trilogia romana – Accattone, Mamma Roma, La ricotta – nasce dal suo amore per i sottoproletari, gli stessi che ha descritto e ai quali ha dato voce nei primi romanzi. I quartieri di Testaccio, del Pigneto, del Tuscolano e del Parco degli Acquedotti fanno così il loro ingresso poetico nel cinema italiano. Per il suo secondo film, Mamma Roma (1962), Pasolini vuole Anna Magnani, “la romana” per antonomasia del cinema italiano grazie ai film realizzati nella capitale con Roberto Rossellini e altri registi. Il suo personaggio è quello di una prostituta con un grande cuore di madre, che abbandona la zona popolare di Casal Bertone per trasferirsi nel nuovo quartiere INA-Casa al Tuscolano, in un’area edificata nel 1961 grazie alla legge Fanfani per l’edilizia sociale. Tuttavia il desiderio, tutto materno, di elevarsi socialmente non salverà il figlio dal suo crudele destino. La ricotta, realizzato alla fine del 1962, è oggetto di un clamoroso processo per vilipendio della religione. Da questo momento e fino al suo assassinio Roma sarà per Pasolini città di tribunali e di giudici, il luogo in cui si terranno una serie di processi, trentatré in totale, miranti innanzitutto a mettere a tacere la sua voce: questa voce inquisitoria, critica, incessantemente polemica, voce di una coscienza vigile e ferma che denuncia tutto ciò che in Italia provoca la sua indignazione. Mentre gira La ricotta conosce un ragazzo di borgata, Ninetto Davoli, apprendista falegname, che sarà il grande amore della sua vita e accenderà in lui gioia e allegria. Da allora Ninetto sarà sempre al suo fianco, nei viaggi e nei film, nel ruolo dell’angelo innocente dai capelli ricciuti.
1963 – 1966 Pasolini ha finalmente i mezzi per acquistare un grande appartamento, “la casa della mia sepoltura”, come scrive lui stesso. Lascia allora l’animato centro di Roma per trasferirsi in un quartiere tranquillo e residenziale, l’EUR realizzato nel ventennio. All’inizio del 1963 acquista un appartamento al numero 9 di via Eufrate, dove porta sua madre, che qui potrà curare il giardino, e la cugina Graziella Chiarcossi, ormai parte integrante della famiglia. Via Eufrate è accanto alla Basilica dei Santi Pietro e Paolo. Da qui si può ammirare la bella architettura alla de Chirico del Palazzo della Civiltà del Lavoro, costruzione di epoca fascista chiamato il “Colosseo quadrato”. Da questo quartiere edificato su una collina si possono vedere i grandi cantieri edili della periferia, in lontananza, quando l’aria è limpida e il cielo chiaro, la spiaggia di Ostia e il mare. I due protagonisti di Uccellacci e uccellini (1965-1966), interpretati da Totò e Ninetto Davoli, percorrono questi spazi della periferia messi sottosopra dalla costruzione di autostrade e di nuovi insediamenti, allontanandosi sempre più dal centro per vagare in quel che resta – a metà degli anni sessanta – della campagna romana. Roma è ancora al centro della vita di Pasolini, il quale però inizia a prenderne le distanze spostandosi nel Sud Italia (dove nel 1964 ambienta Il Vangelo secondo Matteo), in India dove è già stato nel 1961 in un lungo viaggio con Moravia, e in Africa. Ai suoi occhi il terzo mondo comincia a rappresentare un’alternativa all’Italietta che lo delude, anche se Roma continua a essere il luogo in cui si esprime più pienamente la sua “disperata vitalità”. All’inizio del 1963 compie un viaggio nello Yemen, in Kenya, Ghana, Nigeria. Tra marzo e novembre dello stesso anno gira un film-inchiesta su un argomento tabù nel paese che ospita il Vaticano, Comizi d’amore. Al volante della sua auto percorre l’Italia in lungo e in largo, microfono alla mano, per intervistare gli italiani sulla loro idea di sessualità. Le riprese lo portano da Milano a Palermo passando per Modena, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catanzaro, poiché intende dare conto delle varie mentalità delle diverse regioni e strati sociali rispetto al tema del sesso. Nel 1977 Michel Foucault pubblicherà un testo in cui manifesterà grande interesse per questo tentativo di “cinema verità all’italiana”. Dopo un sopralluogo in Palestina, giudicato deludente, in pochi giorni, girando in macchina. Pasolini trova da solo tutte le ambientazioni per Il Vangelo secondo Matteo in Italia meridionale. Il film, dedicato a papa Giovanni XXIII, provoca polemiche al Festival di Venezia, dove vince il Premio speciale della Giuria; il tanto agognato Leone d’oro viene invece assegnato a Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni. Il Vangelo secondo Matteo viene proiettato anche nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi. In quel periodo, la capitale francese diventa un secondo centro di gravità della vita intellettuale del regista. È come se lui sentisse il bisogno di allargare il dialogo coinvolgendo altri interlocutori, oltre a quelli del suo paese d’origine con i quali peraltro continua a polemizzare regolarmente sulla carta stampata. Pasolini scambia idee e teorie con gli intellettuali francesi più autorevoli del tempo: Jean-Paul Sartre, Roland Barthes, Christian Metz e Jean-Luc Godard, dal quale in seguito “prenderà in prestito” gli attori Anne Wiazemsky e Jean-Pierre Léaud per Teorema e Porcile.
1966 – 1969 Una sera di marzo del 1966, in un ristorante, Pasolini si accascia a terra in un lago di sangue per un’emorragia causata da un’ulcera. Portato d’urgenza in ospedale, trascorre poi un mese di convalescenza a casa, dove scrive le sei tragedie in versi che costituiscono la quasi totalità della sua opera teatrale. Inizia allora per lui una fase di disamore nei confronti di Roma, per come la città sta cambiando e per ciò che essa rappresenta ai suoi occhi. Osserva gli effetti devastanti della società dei consumi e della televisione su coloro che al suo arrivo in città aveva tanto amato, e che ora hanno perso ogni innocenza. Vede corrompersi la cultura del sottoproletariato romano alla quale si era ispirato per costruire tanta parte della sua opera narrativa e cinematografica. Tutta l’Italia – afferma – è diventata piccolo-borghese, a eccezione della sola Napoli che non cambia. Nel 1967 è molto addolorato per la morte di Totò, fonte della vena comica dei suoi cortometraggi dopo Uccellacci e uccellini. Gira Edipo re in Marocco, a eccezione del prologo – senza dubbio la sequenza più autobiografica di tutto il suo cinema – ambientato in Lombardia per evocare l’infanzia in Friuli. Arrivano poi gli avvenimenti del 1968, che in Italia iniziano prima del maggio francese. In una poesia che fa scandalo (intitolata Il PCI ai giovani!!) Pasolini afferma che la sua simpatia va ai poliziotti, per lo più figli di contadini che non hanno potuto scegliere un’altra occupazione, piuttosto che agli studenti borghesi figli di papà. Con questa tesi provocatoria affronta i giovani studenti di Torino dove con Laura Betti mette in scena il suo dramma Orgia. L’unica luce, in questo periodo di disillusione generale, è costituita dall’incontro con Maria Callas, alla quale nel 1969 affida il ruolo di Medea nel film omonimo. Gira il prologo nella laguna di Grado e con la Callas vive una relazione unica, di intensa e amorosa amicizia.
1971 – 1975 Nel 1971 la notizia che Ninetto Davoli intende sposarsi getta Pasolini in una profonda depressione. Tra il 1970 e il ’74 si dedica alla realizzazione dei film della Trilogia della vita con la dolorosa speranza di ricreare attraverso il cinema un mondo mitico in cui ritrovare la pagana innocenza perduta dei corpi amati al suo arrivo a Roma. Gira il Decameron in Italia meridionale, poi va in Inghilterra per I racconti di Canterbury e in Egitto, Yemen, India, Iran, Eritrea, Afghanistan e Nepal per Il fiore delle Mille e una notte. Una volta terminati questi film si rende conto di quanto fosse volontaristico il tentativo di fuggire dalla realtà del “genocidio culturale” e abiura solennemente dalla Trilogia della vita. Pasolini continua a vivere e lavorare a Roma, tuttavia sceglie due località non troppo vicine ma neanche troppo lontane dalla città per farsi costruire due case, le abitazioni ideali per l’uomo che è diventato. La prima, nei pressi di Viterbo, è un fantasma di casa da scrittore e da pittore – infatti nel frattempo si è rimesso seriamente a dipingere. È addossata alle rovine di una costruzione medievale, la torre di Chia, scoperta per caso il giorno in cui girava la scena del battesimo di Gesù nel Vangelo secondo Matteo, ma che non riesce ad acquistare solo nel 1970. Incarna la fuga da Roma e dai suoi mutamenti e un ritorno immaginario al medioevo e alla campagna degli anni friulani. La seconda è una casa d’amicizia che lui e Moravia si fanno costruire di fronte al mare, sulle dune di Sabaudia. Ma Pasolini sfrutterà poco questa villa, in cui comincia ad abitare solo nel corso della sua ultima estate, quella del 1975. I due grandi lavori in cantiere di quest’ultimo periodo sono Petrolio, ambizioso opus magnum rimasto incompiuto, e il film Salò. Nel primo, un romanzo “totale”, Pasolini torna a parlare del suo amore per Roma e della trasformazione della città nel corso degli ultimi decenni. Durante la lavorazione di Salò subisce minacce di morte, il furto dei negativi, varie pressioni politiche. Non vedrà l’uscita del film poiché la mattina del 2 novembre 1975 il suo corpo, atrocemente martoriato, sarà ritrovato in un campo all’Idroscalo di Ostia. Ciò che accadde quella notte non è stato ancora chiarito; il quadro che emerge dalla confessione di Giuseppe Pelosi oggi non convince più nessuno.
Per ulteriori informazioni: http://www.palazzoesposizioni.it/categorie/mostra-pasolini-roma