Se cammini per Padova d’improvviso si aprono scenari incantati. A ben guardare, soprattutto passeggiando per portici, piazze, stradine, gli occhi sono rapiti da giardini nascosti dietro a portoni dai battenti austeri. Case “mangiate d’acqua” lungo i canali, affacci di balconi pensili, coloratissimi di fiori, aggettanti in onirici percorsi anche in bicicletta.
Se ci si sposta dal centro alle periferie, si possono trovare vie con piccole palazzine o case singole, negozi e servizi che soddisfano alle diverse esigenze dei quartieri. In quello che sto per raccontare, Sant’Osvaldo, oltre a studenti in appartamenti in affitto, si trova gente che negli anni ’50-‘60 vedeva passare attraverso i prati, di cui la zona era nutrita, i pastori con i cani e le pecore; al posto delle buttate di cemento esistevano piccoli canali e in estate le zanzare la facevano da padrone. Inoltre si può, anche per questa zona, come per le altre della città, parlare di una popolazione “trasversale” in fatto di cultura e provenienza.
Quanti cambiamenti da allora! In centro come in periferia. La città si è allargata con i suoi poli periferici, alcuni negozi hanno chiuso, sono nati ipermercati, i piccoli bottegai hanno dovuto lasciare il posto ad altri tipi di servizi, spesso legati al mondo dell’informatica e della telefonia. In crisi pare però non vadano mai le pizzerie. Qui intorno sono davvero numerose. Di una vorrei narrare la particolarità. Si chiama iDon, inconfondibile per l’effigie posta vicino al nome del locale: Totò dalle linee bianche del volto ca tuba nera in testa. Ma di Totò siffatti ne troverete sui tovaglioli, nella carta menù, sulle bottiglie d’acqua blu o bianche. Sempre aperta tutto l’anno, è sita in via Jacopo Crescini 99. Di gestione napoletana, ha visto il suo esordio all’incirca tre anni e mezzo fa.
iDon è una delle pizzerie che nasce a Valencia, in Spagna. In Italia diverse città nell’area nord del Paese stanno aprendo locali con questo marchio .
Oltre alle pizze, rigorosamente cucinate alla napoletana, iDon offre anche un ottimo servizio ristorante. Entrando dalla galleria laterale, vi trovate di fronte ampie sale, dai muri di un colore rosso pompeiano, quello delle ville venute alla luce con gli scavi di Pompei, per intenderci. Sulla parete posta di fronte all’entrata, vi accoglie un trompe l’oeil che merita davvero la vostra attenzione: un balconcino della vecchia Napoli, con due imposte aperte, da cui pende un cestino con una cordella a cui sono appesi panni da bucato. Un vero effetto di rottura degli spazi, dove al dipinto si innesta un elemento tridimensionale e che ci fa calare quasi per incanto nei vicoli della cittadina partenopea!
Ma torniamo ai gusti culinari. Le pizze, che già nel nome ripercorrono la tradizione napoletana, sono rigorosamente cucinate in un forno a legna, realizzato con tecniche antiche da artigiani di Napoli, forno la cui copertura è fatta di pietra lavica colorata proveniente dalle cave del Vesuvio. E ciò per mantenere quanto più inalterata la fragranza della pasta, alta, soffice, digeribile leggera che, lavorata a mano, deve restituire all’olfatto le sue “credenziali” di vera pizza targata Napoli. I pizzaioli sparsi nel territorio hanno infatti ereditato i segreti della cucina napoletana da una famiglia risalente a più di 200 anni.
Dalla pizza alle quattro manere, alla Pizza Totò, alla pizza con la mozzarella di bufala e il pomodoro; poi c’è quella iDon, la Pizza Peppino, con rucola e pomodorini, pizza capricciosa, pizza cuore, la Pizza ai 4 gusti, con ”spicchio fritto”.
Se però vogliamo assaggiare i piatti tipici del ristorante, ecco allora quello di cozze freschissime servite col limone, lo spaghetto ‘ca pummarulella fresca, o pasta e patate co segrete’mammà, il pacchero, un mix di fritture, servito in carta di pane a forma di cono, il figlio n’trocchia: crocchette, melanzane lanceolate, pizzette fritte, la pizza fritta, le bruschette, le pennette allo scarpariello, gli gnocchi alla sorrentina, le linguine all’astice…
Dei vini, uno in particolare: la Falanghina del Sannio. Provare per credere!
E i dolci? Una vera leccornia: quello di ricotta e pera ad esempio, o la classica pastiera napoletana. E ancora, il dolce al cioccolato…
A seconda poi della stagione il menu si arricchisce di prodotti sempre freschi, che arrivano giornalmente alla zona dell’interporto di Padova.
Quando entro nel locale, in cui mi sento sempre accolta con gentilezza e il cui servizio è davvero celere, dico per scherzare : Vorrei un tavolo vista Vesuvio. Se anche lo spazio geografico non è quello, il posto fronte vetrata, i profumi, la qualità di quanto viene portato nei piatti tipici e creativi per l’accuratezza estetica del servizio, te lo fanno proprio vedere il Vesuvio, sentirne la presenza, immaginando anche le voci della gente attraverso le canzoni di Roberto Murolo o Pino Daniele che accompagnano i momenti conviviali.
Se poi si vuole cenare da un’altra prospettiva della sala, ecco che sul muro della galleria d’entrata vengono proiettati di tanto in tanto filmati sulle bellezze della città partenopea: Piazza Plebiscito o il lungomare; emergono giganteschi dal buio. Paiono dare a noi spettatori e degustatori la sensazione di essere lì, a due passi, seduti a godere quello spettacolo di suoni e colori.