Chiunque arrivasse a Mola durante la stagione estiva, che sia egli forestiero, turista per caso o, nel nostro caso, un americano in vacanza, avrebbe l’impressione e non solo quella, di trovarsi in una realtà dove è sempre festa. Infatti, non sono pochi i giovani americani che trovano Mola un paese pieno di attrazioni divertenti. Un vero spasso per chi si trova in vacanza: la spiaggia al mattino per fare il bagno, la piazzetta di sera sempre brulicante di gente e la passeggiata intorno alla vasca e sul fronte mare, ristoranti e pizzerie invitanti fino a tarda ora. Se ciò non bastasse, ci sono sempre i paesi vicini che offrono altri passatempi. Mola, però, in estate è in cima alla classifica nel gradimento dei nostri ospiti. Non pochi sono coloro che hanno occasione di dichiarare che Mola gli piace e che, soprattutto, l’America sta qui da noi.
Attenti, però, a non farsi incantare dalle apparenze. È vero che chi sta in vacanza pensa solo al divertimento senza andare troppo per il sottile. Le vacanze, si sa, sono belle ovunque. Quando, però, in una realtà qualsiasi ci si deve vivere e lavorare per tutto l’anno, ci si accorge dei problemi. A Mola, poi, i problemi sono tanti, e si incancreniscono sempre più col passare degli anni.
I giovani turisti, per esempio, non fanno molto caso alla sporcizia che invade la costa e le alghe che la fanno da padrone sulle spiagge. Per non parlare del traffico caotico e del fracasso ventiquattro ore al giorno, che non consente di riposare di giorno e di notte.
Basta sfogliare uno dei giornali che vengono pubblicati a Mola, e in particolare il sito web e il cartaceo di “Città Nostra”, per accorgersi che le apparenze, come al solito, ingannano. È vero, infatti, che, a fronte delle numerosissime attrazioni, esistono situazioni drammatiche di persone che non sanno come arrivare a fine mese. La crisi economica, partita dagli Stati Uniti, morde in maniera drammatica anche nel nostro paese.
Per quanto attiene il traffico, per esempio, il sottoscritto, il 16 luglio ha pubblicato sul sito di “Città Nostra” un reportage fotografico, senza commento, afferente questo aspetto a dir poco drammatico che si sviluppa sul fronte mare, intitolato: Parigi, 14 luglio 1879, presa della Bastiglia; Mola del Mare, 14 luglio 2012, presa del lungomare.
Ebbene, quel servizio ha fatto registrare, in venti giorni, dal 16 luglio al 6 agosto u.s., 1.683 visualizzazioni. Di più. I commenti degli interessati sono stati ben 44, a dimostrare quanto il problema del traffico e della viabilità sia avvertito dalla popolazione molese. Non dagli amministratori…purtroppo.
L’assalto al lungomare si verifica, in modo particolare, nelle serate di sabato, allorquando molti concittadini si concedono una lunga “passeggiata” in automobile, “a cavadde”, a cavallo, perché, siccome camminare a piedi fa bene alla salute, tanto vale farsi del male. Quindi meglio passeggiare in macchina col telefonino in mano e salutare l’amico per dire: vedi, io ho il permesso per accedere in piazza e tu no… Ah, ah, ah!!!!!!!!!!!!.
Il fatto che qualcuno osi denunciare lo stato disastroso in cui versa il nostro povero comune non fa piacere a chi detiene il potere. Tant’è che qualche sera più tardi, all’uscita da Palazzo Roberti, dove avevo seguito un convegno sulla giustizia (ospite il procuratore della Repubblica di Torino Giancarlo Caselli) vengo apostrofato in maniera arrogante dall’Assessore Nico Papeo, il quale mi fa rilevare che le aree pedonali del fronte mare sono molto ampie e consentono ai pedoni tutto lo spazio per passeggiare in tutta sicurezza. Aggiunge, tra l’altro, che la carreggiata per le automobili è così stretta e egregiamente pensata dal progettista, al punto che i pedoni e le autovetture possono convivere insieme. Insomma: il fronte mare è un capolavoro.
Durante il week-end in cui è stata festeggiata la sagra del polpo è stato raggiunto il culmine proprio sul fronte mare. Molti forestieri vengono a Mola non solo per assaggiare il panino farcito col polpo arrosto, ma soprattutto perché sanno che nel nostro paese, il paese dei balocchi, è consentito tutto. Al mattino, dopo il baccanale notturno, tutto il muretto che delimita la passeggiata dai massi frangiflutti, e che serve per sedersi sul lungomare, era strapieno di cartacce, di bottiglie vuote, di panini sbocconcellati e quant’altro. È più facile dire cosa non c’era.
Naturalmente far rilevare le cose che non vanno dà molto fastidio ai nostri amministratori, i quali pensano che è più importante muovere l’economia e non perdere il maledetto consenso che sta facendo precipitare Mola in un baratro senza ritorno. Se, poi, i danni arrecati alle strutture in genere superano di gran lunga le entrate dei soli addetti ai lavori, è cosa che non importa più di tanto. Importante è far vedere che Mola è un paese ospitale e che si può fare impunemente quel che si vuole.
Il servizio fotografico a corredo di questo articolo è più eloquente di qualsiasi commento verbale: il verde è “trascurato” per non dire altro, le erbacce crescono a dismisura, il paese è abbandonato a se stesso e langue in uno squallore incredibile, il problema del traffico resta irrisolto, il punto di primo intervento chiuso di notte (in caso di infortunio di qualsiasi genere bisogna recarsi a Bari, a Triggiano o a Conversano), la raccolta differenziata si è inceppata e non decolla nei modi più consoni a una società civile; sul fronte mare il degrado avanza e sulle spiagge nostrane si rivedono, come ogni anno, le baraccopoli vietate dalla legge. L’elenco potrebbe continuare, ma è preferibile stendere un velo pietoso per evitare la depressione.
Il paese è ormai abbandonato a sé stesso e avviato a forte velocità verso il baratro. Ti viene solo voglia di emigrare da qualche altra parte; oppure non uscire più di casa come ha già fatto qualcuno. Però, in compenso, ci sono i balocchi per i bambini che fanno dimenticare ai grandi gli annosi problemi.
Naturalmente, c’è sempre chi si ostina a difendere l’indifendibile o a fare lo scaricabarile, per partito preso, facendo il verso di un vecchio adagio molese: “nan zò stête iègghie, a stête u chêne da massarègghie“, non sono stato io, è stato il cane della masseria.