Intervista di Marina Agostinacchio
Annamaria Longhin, docente di liceo, si è dedicata all’attività di ricerca in Storia del Risorgimento. Tra i suoi diversi studi si rammentano soprattutto quelli dedicati all’associazionismo operaio dall’Unità italiana all’Età giolittiana, al Partito d’Azione di Mazzini, all’enciclica Rerum Novarum, al federalismo neoguelfo, all’associazionismo femminile durante la Grande Guerra. Ha collaborato con l’Università di Saint-Etienne pubblicando Benoit Malon et l’Internationalisme italien, in Du Forez à la Revue socialiste. Benoit Malon (1841-1893). Réévaluations d’un itinéraire militant et d’une oeuvre fondatrice, Publications de l’Université de Saint-Etienne, 2000, pp. 197-217 e Benoit Malon e la Revue Socialiste in Italia/ Benoit Malon et la Revue Socialiste en Italie, in Benoit Malon et la Revue Socialiste. Une pensée en debat, Lyon, Jacques André éditeur, 2011, pp. 155-183. Fa parte del Direttivo dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Comitato di Padova.
L’Idea Magazine: Annamaria, ci può spiegare quando è nata la passione per la ricerca storica rivolta alle donne mazziniane?
Annamaria Longhin:
Da anni svolgo attività di ricerca storica nel periodo risorgimentale. Il Risorgimento è sempre stato per me un periodo di grandi trasformazioni e di costruzione di un’identità nazionale. Molte sono state le persone che hanno lottato per la causa italiana e le figure di Mazzini e di Garibaldi si ergono nel panorama risorgimentale ma, accanto a questi nomi, che sono passati alla storia, ci sono tantissime altre figure che si sono spese per la causa. Studiando Mazzini e i suoi scritti, per esempio, si viene a contatto con una fitta rete di amicizie, straordinaria per quel periodo, e ci si imbatte anche in figure femminili che hanno partecipato, sostenuto, finanziato, le varie iniziative di lotta risorgimentale. Le donne mazziniane rivelano un fascino per la loro determinazione nella causa e a loro volta sono affascinate dal carisma di Mazzini: un uomo, un esiliato che, a Londra, nonostante il dolore per la lontananza dalla sua terra e dalla sua famiglia, viene a contatto con pensatori del calibro di Johan Stuart Mill, figura poliedrica, tra i maggiori ideologi dell’emancipazionismo occidentale, di Harriet Taylor, donna colta e attenta conoscitrice della condizione femminile, diventata poi moglie del Mill. In questo ambiente londinese, vivace culturalmente, Mazzini matura un pensiero di uguaglianza sociale, sostenuto e diffuso da diverse figure femminili: dall’ inglese Emilie Ashurst all’italiana Giuditta Bellerio Sìdoli all’americana Margaret Fuller. Nel suo Dei doveri dell’uomo si legge: «Davanti a Dio Uno e Padre non v’è uomo né donna, ma l’essere nel quale, sotto l’aspetto d’uomo o di donna, s’incontrano tutti i caratteri che distinguono l’Umanità dall’ordine degli animali: tendenza sociale, capacità d’educazione, facoltà di progresso. Dovunque si rivelano questi caratteri, ivi esiste l’umana natura, equaglianza quindi di diritti e di doveri».
L’Idea Magazine:Ci può indicare le caratteristiche di ognuna?
Annamaria Longhin: Le donne che si spendono per la causa mazziniana sono numerose e provengono da estrazioni sociali diverse: Eliza, Caroline, Matilda ed Emilie Ashurst, per esempio, sono giovani donne inglesi con una solida preparazione culturale, che contribuiscono alla causa mazziniana raccogliendo fondi. Allo stesso modo l’americana Margaret Fuller, scrittrice e corrispondente in Europa e in Italia della New York Daily Tribune, evidenzia una cultura davvero sorprendente per una donna dell’epoca, e sosterrà con i suoi articoli e con le sue pubblicazioni il sogno repubblicano e democratico di Mazzini. La stessa principessa Cristina di Belgioioso, instancabile sostenitrice della causa italiana, è una donna colta, dalle qualità umane e intellettuali riconosciute. Così come Giuditta Sìdoli che, dopo il fallimento dei motti del 1831, dovette esiliare per sfuggire alla repressione austriaca e con l’amato Giuseppe Mazzini fonderà il giornale politico La Giovine Italia. Ma accanto a queste donne dalle vite complesse, nell’esperienza della proclamazione della Repubblica Romana (9 febbraio 1849) incontriamo madri, mogli, intellettuali, popolane che combattono tutte sulle barricate a fianco dei loro uomini. Si pensi a Colomba Antonietti che imbracciò il fucile insieme al marito, l’ufficiale Luigi Porzi, per combattere sul Gianicolo, così come a Enrichetta Di Lorenzo, compagna del patriota Carlo Pisacane o a Marta Della Vedova che, già amputata, si getta nella miccia di una bomba caduta sull’ospedale militare dei Pellegrini, salvando l’intera corsia dei feriti. Sono tutte donne che, pur nella diversità delle loro esperienze, combattono in difesa degli ideali di indipendenza e di libertà.
L’Idea Magazine: Il suo lavoro ha avuto una collaborazione o è stato soltanto un approfondimento personale?
Annamaria Longhin:
Annamaria Longhin: Il mio lavoro parte da un’attività di ricerca post-universitaria che tuttora continua attraverso collaborazioni con università, enti, associazioni ed istituti di studi storici. Generalmente in occasione di celebrazioni vengono promossi convegni che offrono l’occasione di svolgere studi di ricerca che, dopo essere stati presentati in sede congressuale, vengono poi pubblicati sotto forma di Atti. Si tratta quindi di contributi che sono inseriti in un progetto più ampio oppure di saggi che richiedono un’attenta ricerca d’archivio.
L’Idea Magazine: Come pensa potrebbero essere coinvolte le giovani generazioni, in classe, in un discorso storico al femminile?
Annamaria Longhin: Dalla mia esperienza di docente e di relatrice in varie conferenze, trovo che le giovani generazioni siano sempre disponibili ed affascinate ad ascoltare la storia al femminile. Scoprono realtà che spesso i manuali di storia non presentano, vuoi perché il numero delle ore di insegnamento di storia non sono moltissime, vuoi perché si dà spazio alla cosiddetta grande storia degli avvenimenti più importanti. Trovare momenti, tuttavia, in cui ricordare che vi è una storia al femminile, o semplicemente una storia che vede donne e uomini condividere e lottare insieme per degli ideali penso sia fondamentale.
L’Idea Magazine: Se potesse parlare, la donna mazziniana cosa potrebbe dire oggi a quella del XXI secolo?
Annamaria Longhin: La donna mazziniana ha combattuto al pari degli uomini per sostenere gli ideali di libertà e di uguaglianza. Sono ideali universali, sempre attuali, da non considerare mai scontati e per cui riflettere in ogni occasione. Pertanto penso che oggi la donna mazziniana spronerebbe noi tutti a combattere contro ogni forma di ingiustizia sociale e a difendere i diritti umani in ogni situazione e luogo.
L’Idea Magazine: Ci può indicare quale elemento di straordinarietà ha portato la donna mazziniana riguardo al ruolo femminile nella vita sociale?
Annamaria Longhin: Come abbiamo detto, la donna mazziniana crede in grandi ideali e «lotta» per ottenerli; è dunque una donna consapevole delle proprie capacità, che si spende per la causa con contributi diversi: dalla raccolta di fondi alla diffusione di dispacci o fogli a stampa, dallo scrivere articoli per la causa mazziniana all’assistere i feriti durante le azioni di rivolta o durante la straordinaria esperienza della Repubblica Romana, che vede anche delle combattenti. Un esempio di donna, colta, autonoma e profondamente attenta ai bisogni dei più umili ci viene dato dall’americana Margaret Fuller che nel 1846 giunse in Europa come corrispondente di un giornale di New York, si fece portavoce della causa italiana negli Stati Uniti, sentendosi europea e italiana. A Londra conosce Mazzini, in occasione delle celebrazioni dell’anniversario della scuola di Greville Street, istituita dall’Esule per dare istruzione ai bambini, figli degli emigrati italiani, che vivevano in condizione di profondo degrado economico, ed è l’inizio di un sodalizio che porterà la Fuller a sostenere non solo le idee repubblicane di Mazzini, ma anche il ruolo emancipatore della cultura che si inseriva in un ampio progetto di crescita umana, e che riguardava la donna quanto l’uomo, nella consapevolezza che «the human family is one» e l’educazione, come diceva il Genovese, era «il pane dell’anima». La Fuller inoltre condivise con Mazzini l’impegno per la causa emancipazionista per il diritto alla libertà umana basato sulla necessità di assicurare autentica «felicità» ad ogni individuo, perché non ci poteva essere salvezza per nessuno se questa non fosse stata assicurata a tutti.
L’Idea Magazine: A quali fonti ha attinto per la sua ricerca?
Annamaria Longhin: Fonti bibliografiche, fonti d’archivio, scritti e memorie che ci sono pervenuti. E’ un lavoro di ricerca faticoso e lungo che comporta l’analisi di diversi documenti, non sempre a portata di mano, anche se oggi alcuni archivi possono essere consultati online. Ricostruire gli eventi, i legami, l’evoluzione di un pensiero non è facile, ma è sempre appassionante e permette di scoprire in modo più significativo la Storia e le Storie.
L’Idea Magazine: In che cosa consiste, secondo lei, l’attualità e l’efficacia del messaggio di queste donne?
Annamaria Longhin: Il lottare per un ideale e per tutelare i diritti umani è un messaggio sempre attuale, e le donne mazziniane, in quel momento storico, in cui la figura femminile era soprattutto relegata alla cura della casa e della famiglia, hanno dato il loro contributo per poter realizzare qualcosa di prezioso. Naturalmente il processo unitario e di conquista delle libertà e delle uguaglianze è stato lungo e faticoso. E non va dimenticato.
L’Idea Magazine: Lei dice che nella concezione mazziniana di Repubblica democratica rappresentativa ognuno, senza distinzione di classe e di sesso, portava in sé e nella società un’idea di progresso. Ma le donne, queste donne di cui ci parla, che idea di progresso avevano nel loro agire; inoltre erano consapevoli della portata delle proprie scelte in una società così ancora poco preparata alle trasformazioni?
Annamaria Longhin: Mazzini nell’esperienza romana con la sua Costituzione sottolineava il valore della repubblica democratica rappresentativa, in cui il popolo era depositario della missione di progresso, in quanto una nazione doveva nascere ‘dal popolo stesso’. Nei Doveri dell’uomo evidenziava come le condizioni del popolo non fossero migliorate nel tempo e che quindi fosse indispensabile far acquisire ad ogni individuo una consapevolezza di sé. Come in un corpo vi erano tante membra e ciascuna di esse aveva una diversa funzione, così – scriveva – «noi siamo un corpo solo, e membra gli uni degli altri… dopo diciotto secoli di studi ed esperienze e fatiche, si tratta di dare sviluppo … a tutto quell’insieme di facoltà e forze umane presenti e future che si chiama l’UMANITA’». L’Umanità dunque era un corpo unico che doveva essere governato da una sola legge, il cui «primo articolo» era «Progresso»: ciascuno era chiamato a lavorare insieme per quel corpo che era l’Umanità e di conseguenza educazione e associazione sono parole fondamentali. Le donne mazziniane si sono spese proprio per questo messaggio con fatica, difficoltà, esperienze personali complesse, ma hanno certamente contribuito a modificare il ruolo della donna, tanto è vero che si parla di mazzianesimo femminile che maturerà in un femminismo mazziniano.
L’Idea Magazine: Un’ultima domanda. Annamaria, a quale di queste donne sente maggiormente di appartenere per affinità, sensibilità, pensiero?
Annamaria Longhin: Direi che tutte queste donne sono accomunate da una grande sensibilità per la causa italiana e spendono la loro esistenza per la realizzazione di un ideale. La loro forza, così come il loro fascino, deriva da questo. In alcune di loro, come la Fuller o la Belgioioso, ferma è la consapevolezza del valore rivoluzionario della cultura e dell’educazione e io credo che questo aspetto sia ancora un messaggio potente.
L’Idea Magazine: Grazie per la disponibilità.
Annamaria Longhin: Grazie a voi!