Dopo sette anni di direzione del Festival del Cinema di Venezia, il direttore Marco Müller lascia la presidenza; sette anni di film belli e meno belli, ma la cosa è fisiologica.
È proprio a lui che rivolgo la mia prima domanda alla conferenza di apertura: “Signor Müller, non le sembra che ci siano troppi festival in giro?” Müller gentilmente risponde: “Gentile signora, lei non ha idea di che lotta ci sia per accaparrarsi le prime, gli attori. Sì, ci sono troppi festival e dovremmo chiederlo a loro il perché, noi dopotutto siamo stati i primi.” Infatti, il festival del cinema di Venezia nasce nel 1932 ed è stato il primo del mondo, ancora una volta gli italiani fanno storia e poi se ne dimenticano.
Il Festival si anima subito con la presenza di George Clooney con il film “Le Idi di Marzo” un film sulla seduzione del potere, su come il potere possa corrompere anche le persone più virtuose, un tema davvero attualissimo. Bravo George, persona gentilissima nonostante gli assedi di fan, fotografi e giornalisti, lui cerca di accontentare tutti, ma niente domande sulla sua vita privata.
La giuria quest’anno è formata dal regista Darren Aronofsky, il compositore e discografico David Byrne, la regista finlandese Eija-Liisa Ahtila, il regista statunitense Todd Haynes, l’attrice Alba Rohrwacher il regista francese André Téchiné e il regista Mario Martone. La madrina del Festival 2011 è Vittoria Puccini, attrice.
Una giuria davvero diversificata ed è a David Byrne che rivolgo un’altra domanda: “Signor Byrne, è felice di far parte della giuria e con quale spirito sceglierà il suo film favorito?” Byrne risponde prontamente: “ Ne sono entusiasta, e nella scelta, semplicemente mi lascerò andare ai sentimenti, alle emozioni, senza farmi influenzare dal regista importante o dall’attore; sceglierà il mio cuore.”
Il regista russo Aleksandr Sokurov parte dal film “Faust” e la sua tragedia per raccontare il potere, la ricerca spasmodica del dominio e dell’eternità, di un posto nella storia nel bene e nel male; resterà famosa la sua frase: “Le persone infelici sono pericolose”.
Il Festival quest’anno ha molti film dedicati ai problemi delle coppie o della famiglia in generale, quali Carnage di Roman Polanski, che non è presente a Venezia per le note vicende giudiziarie. Al suo posto c’è invece una strepitosa Kate Winslet, in gran forma e con due film in concorso (l’altro è Mildred Pierce del regista Todd Haynes). Altro film in cui le tematiche famigliari sono al centro del plot è “Summer Games” del regista Italo-Svizzero Rolando Colla, un film un po’ stantio e lento che non ha incontrato né il favore del pubblico né quello della critica.
Ancora storie di famiglia nel film di Ricky Tognazzi, figlio del compianto e amato Ugo Tognazzi, “Tutta colpa della musica” con la bravissima Stefania Sandrelli, Elena Sofia Ricci, Marco Messeri, che tratta la difficoltà nel dialogo, tra la coppia e in generale tra membri della parentela.
“Un été brulant” del francese Philippe Garrel con la sempre bella Monica Bellucci e Louis Garrel figlio del regista e bravissimo attore, parla di tradimenti e di crisi di coppia, temi attuali nel mondo d’oggi, dove la famiglia, in effetti, è già da tempo al centro di gravi dissesti interni, e quella italiana non fa certo eccezione. Purtroppo non basta l’avvenenza della Bellucci e alcune scene di nudo non suscitano l’ilarità del pubblico in sala. In conferenza stampa il regista difende il suo film, come ogni padre con la sua creatura e non capisce perché molte delle domande sono sul nudo; il nudo è nell’arte, e per lui è la normalità.
Ancora domande sul nudo per il film “Shame” del regista Steve McQueen con Michael Fassbender e anche qui il regista sembra infastidito da quelle che sembrano domande bigotte, affermando che non deve diventare ossessione come lo è nel film, ma uno stato naturale, visto senza moralismi quando è arte o perlomeno con fini artistici.
Di tutt’altro stampo è il film di Madonna, “W.E.” in cui Wallis Simpson, una donna newyorkese tradita da suo marito, si rifugia in una storia d’amore quasi impossibile con il re d’Inghilterra Edoardo VIII che per lei, americana, pluridivorziata e in odore di spia dei tedeschi, rinuncia al trono. Madonna è sempre Madonna, l’Italo-americana più famosa del mondo e la prima star mondiale a calcare il Red Carpet, e secondo molti critici sta davvero imparando a fare la regista; il genio italico ancora una volta fa centro.
Un festival davvero vario e molto valido quest’anno, con molti film che non saranno solo film per poche cineteche ma per un pubblico molto più vasto. Uno di questi è “ A Dangerous Method” di David Cronenberg, con un cast stellare: Viggo Mortensen, Keira Knightley, Vincent Kassel. È una storia che racconta la storica rivalità tra Freud e Jung, tutt’altro che sopita; anzi, gli psichiatri Junghiani e Freudiani sicuramente si daranno battaglia anche su questa pellicola.
Cambiamo ancora set. Standing ovation in sala stampa: parliamo del film di Crialese “Terraferma”, con Beppe Fiorello che racconta la storia di migranti che arrivano sulle nostre coste. Crialese aveva già toccato questo tema ma al contrario; con il film “Nuovomondo” raccontava l’arrivo degli emigranti italiani a Ellis Island e qui scatta la mia domanda. Mi presento brandendo il giornale tra le mani: Isabella Rossiello corrispondente del Magazine Italo-americano L’Idea: “Come mai pur essendo un popolo di migranti, gli italiani se lo dimenticano troppo spesso?”
Dopo un attimo di esitazione, Crialese risponde: “Non lo so, davvero non so rispondere a questa domanda, forse la paura del diverso, la crisi…di certo c’è bisogno di tolleranza proprio in virtù di ciò che hanno fatto i nostri avi.”
Altro film dedicato agli ultimi della terra è “Il villaggio di cartone” di Ermanno Olmi, girato a Bari, con un intenso Michael Lonsdale e un sempre grande Rutger Hauer. È la storia di un prete che vede dismettere la sua parrocchia e quando il crocefisso viene riposto, quel luogo gli dà nuova fede, assume un nuovo senso e diventa un ricovero per i derelitti. Olmi ha parole sagge quando dice che “i cattolici devono ricordare più spesso di essere anche cristiani e che i simboli devono lasciare il posto a una più sincera accoglienza e amore nei confronti dei più bisognosi e che bombardare non significa confrontarsi.” Ondate di applausi accolgono le parole di un grande “vecchio” del cinema italiano.
Una sorpresa in sala stampa è l’incontro con William Friedkin, il regista del film horror più bello della storia del cinema: “L’esorcista”, qui a Venezia con il film “Killer Joe” un noir cattivo e spietato, al limite quasi indefinito fra bene e male, con Matthew McConaughey. Faccia inquietante, quella di Friedkin, e da cui non ti aspetti che faccia battute a raffica sui suoi quattro matrimoni, che adori Totò e Fellini e decida che in sala stampa canterà “O sole mio”. L’accenna, ma le tante mani alzate dei giornalisti lo dissuadono e nel dare gli autografi e le foto è generosissimo, nonostante le occhiatacce dei Press Agent che per i divi hanno un’agenda fitta di appuntamenti e interviste.
Ovviamente ci sono moltissimi film italiani oltre al succitato “Terraferma”; uno di questi è “L’ultimo terrestre” del regista Gian Alfonso Pacinotti, con uno straordinario attore: Gabriele Spinelli e prodotto da Domenico Procacci lanciatissimo producer pugliese con una sua famosissima casa di distribuzione e produzione Fandango.
I film in concorso, fuori concorso, nella sezione Orizzonti e Giornate degli autori sono tantissimi non riesco a vederli e a raccontarli tutti, chiedo venia ai film, autori e attori non citati.
Il festival è una grande kermesse dove davvero seguire tutto è impossibile; inoltre ci sono gli eventi collaterali, come il filosofo Stefano Bonaga che presenta le sue Lido Philo, incontri tra il cinema e la filosofia con personalità come Piergiorgio Odifreddi, o Stefano Rodotà per citarne alcuni. Poi ci sono le feste, perché no; i giornalisti accreditati possono entrare, ma non a tutte, alcune sono talmente blindate che è impossibile entrare senza invito ufficiale, difficilissimo da avere.
Questa è davvero solo una spolverata di quello che sono 10 giorni di festival: si comincia al mattino con il vedere un film e si continua fino al pomeriggio con le conferenze stampa, si rincorrono poi le varie star all’Hotel Excelsior o al Lancia Caffè, si ruba qualche foto al Red Carpet, poi ancora qualche film, si torna in albergo, ci si cambia e, perché no, si va a qualche festa cui si è invitati e ancora si fotografa qualche star presente.
Certo non è la vita di un minatore, ma credetemi ci si stanca comunque, al contrario del minatore, ci sono soddisfazioni, come un Al Pacino che in sala stampa mi dice “I love You”. È accaduto davvero a me, in una conferenza super affollata nella quale Al Pacino presenta il suo film fuori concorso “Wilde Salomè” come attore e regista, un film documentario sull’immedesimazione dell’attore fuori e dentro il palcoscenico. Gli chiedo: “Lei omaggerebbe un autore italiano come Natalia Ginzburg, Moravia o Pirandello con un suo film?” Con un largo sorriso, Pacino risponde “Ma questa è una bellissima idea, I love You. Certo, Pirandello, con Uno nessuno centomila… hai da suggerirmi un titolo? Che bella idea! Certo lo farò, grazie.” Mi chiede ancora se davvero ho qualche preferenza ed io continuo a dirgli che è lui a dover scegliere. Ebbene sì, interloquire con un altro super Italo-americano, star mondiale, sono soddisfazioni per me e per il giornale per cui scrivo.
Il 68° Festival del Cinema si è concluso con il Leone d’Oro al “Faust” di Aleksandr Sokurov, la Coppa Volpi come miglior attore a Michael Fassbender per il film “Shame” di Steve McQueen e all’attrice cinese Deanie Yip per “ A Simple Life” di Anne Hui, premio speciale della giuria per il film di Emanuele Crialese “Terraferma”, Leone d’Argento per la migliore regia a Shangjun Cai per “People Mountain People Sea”.
L’era Marco Müller dunque si chiude con un festival elegante, con un ritorno al passato che era nelle intenzioni degli organizzatori, ossia ridare il festival ai veneziani e rinverdire i fasti di una volta. In parte è riuscito, ma i grandi sfarzi di ieri non ci sono più, molte star e molte opere prime si sparpagliano tra i vari festival.
Dal lontano 1932, è il caso di dirlo, ne è passata di acqua sotto i ponti e canali di Venezia. L’anno prossimo vedremo quali sorprese ci riserva il più antico, il primo Festival del Cinema al mondo.
Foto tratta da: www.youmovies.it