Sono utili se si ha bisogno di prenotare un volo aereo o acquistare un biglietto del treno, per conoscere le previsioni meteo, essere informati sulle ultime notizie o sapere quanto tempo si deve aspettare l’autobus alla fermata. Sono le ‘app’, abbreviazione della parola inglese ‘application’ (applicazione). “Sono programmi software da installare su dispositivi mobili quali smartphone e tablet”, spiega Maurizio Martinelli dell’Istituto di informatica e telematica (Iit) del Cnr di Pisa. “Possono funzionare localmente in completa autonomia sullo smartphone oppure, come avviene più spesso, comunicare con un server remoto per la trasmissione dei dati”.
Installare una app è semplice: basta andare negli ‘store’ (siti dedicati) delle diverse tipologie di smartphone e scaricare gratuitamente o acquistare le diverse funzioni create dagli sviluppatori. E altrettanto semplice sembra realizzarle se, come sempre più spesso capita di leggere, a crearle sono di frequente ragazzi, che non sono programmatori di mestiere. Talvolta sono addirittura giovanissimi: non a caso i giganti del settore, per attrarre minorenni geniali, hanno abbassato da 18 a 13 anni l’età per partecipare alle loro conferenze annuali per sviluppatori. Come si spiega questo fenomeno?
“Sicuramente i nativi digitali hanno grande facilità ad apprendere i linguaggi di programmazione e a utilizzare i framework, strumenti di supporto del processo di scrittura dei codici. Sviluppare una app, inoltre, non richiede spese”, dice Cristian Lucchesi dell’Iit-Cnr. “Va comunque precisato che vanno distinte le app realizzate da ragazzi da quelle, come Facebook o Instagram, che presentano maggiore complessità e che costituiscono l’interfaccia di sistemi remoti articolati che richiedono il lavoro di realtà industriali. Le app dei giovani sono di solito semplici e hanno una mortalità elevata. Ci sono però anche casi in cui vengono acquisite da grosse aziende e questo è sicuramente un incentivo per i ‘baby talenti’ a impegnarsi in questo settore”.
Le app a disposizione degli utenti sono dunque tantissime: come scegliere allora quelle davvero valide? “Il modo migliore è leggere le recensioni e i commenti lasciati dagli utenti e valutare i download che di quella app sono stati effettuati; è utile anche tenere conto delle recensioni contenute in riviste di settore come ‘Key4biz’”, precisa Martinelli. “Non è invece indicativo il fatto che la app sia a pagamento o gratuita, quest’aspetto è infatti legato soprattutto al settore di appartenenza: sono di solito free quelle legate al turismo e alla pubblicizzazione di eventi, perché mirano a incentivare la presenza di visitatori e pubblico, mentre, le applicazioni collegate ad attività lavorative in genere sono a pagamento”, conclude Lucchesi.
Una curiosità, di recente una app è stata messa a punto anche dal tecnico della Juventus: si chiama ‘Mr Allegri Tactics’ ed è pensata come strumento di lavoro per gli allenatori di calcio, soprattutto del settore giovanile. Mette a disposizione una lavagna tattica, una parte per la preparazione fisica e due sezioni dedicate a psicologia e alimentazione. È stata presentata dallo stesso inventore anche all’Internet festival di Pisa, la manifestazione promossa, tra gli altri, da Registro.it e Iit-Cnr.
Rita Bugliosi (Almanacco della Scienza)