Il ciclo di lieder “Liederkreis op.39” di R. Schumann su testi di Eichendorff fu composto nel maggio del 1840, il cosiddetto “Jahr der Lieder” anno in cui nacquero 138 composizioni liederistiche, scritte con un ritmo serrato in un anno d’immensa creatività del musicista.
La scelta dei testi da musicare rivela una profonda conoscenza letteraria del compositore, da sempre appassionato di letteratura; tra i poeti coevi prediletti figurano personalità fra cui: Heine, Rückert, Eichendorff, Chamisso ed altri.
Di Eichendorff, Schumann mise in musica 22 componimenti, di cui 16 Lieder op.39 del 1840; 2 op.45 del 1840; 1 op.77 del 1840; 3 op.83 del 1850; 6 cori del 1847 e 1849.
Le 12 poesie da cui nacquero i Lieder dell’op.39 sono tratte dall’edizione del 1837 curata dallo stesso Eichendorff, una raccolta di testi, alcuni dei quali facevano parte come inserti poetici all’interno di novelle e romanzi. L’ordine cronologico di composizione non corrisponde alla successione decisa per la stesura definitiva, ma rivela sin dall’inizio una tensione unitaria, evidente nella scelta tematica, ma soprattutto nei legami tonali tra gruppi di Lieder consecutivi.
Da uno studio approfondito sul ciclo in questione, si rileva che nella prima edizione pubblicata nel 1842 a Vienna da Haslinger (l’editore della Winterreise di Schubert), i Lieder si trovano nella esatta disposizione delle attuali edizioni, ma sono preceduti da Der frohe Wandersmann, sempre su testo di Eichendorff, che fu omesso poi nell’edizione del 1850 (Whistiling, Lipsia), perché i suoi toni sereni e spensierati uscivano dagli schemi e dall’atmosfera creata dal resto del ciclo.
L’autografo dei Liederkreis op.39 è conservato alla Deutsche Staatsbibliothek di Berlino.
Ma saranno le vicende biografiche del compositore che ci interessano per comprendere la creazione del ciclo.
La tarda primavera del 1840 fu vissuta da Schumann interamente in visione delle future nozze con Clara Wieck, che dopo tante difficoltà date dal padre della giovane pianista si celebrarono il 13 settembre di quell’anno, giorno del ventunesimo compleanno di Clara.
Il pensiero del matrimonio traspare dalle note dell’intero ciclo, tra trepidazioni e timori, ostacoli ed esultanza, come ad esempio nel “Schöne Fremde”.
Se la condizione psicologica è in fondo denominatore comune del ciclo, non mancano tuttavia anche registri diversi: un insieme di suggestioni e di inquietudini si ritrovano nelle pagine dei Liederkreis. Il sentimento di solitudine e di estraneità tipico del Wanderer, la riflessione sul senso della vita, nell’attesa di un riposo dalla natura sin troppo esplicita, domina l’inizio del lavoro.
Un aspetto improvviso è quello dell’attrazione verso il demoniaco, lo sconvolgimento dei sensi, la seduzione pericolosa esercitata dalla natura notturna e da quella femminile; una penombra che cancella i confini e confonde il certo con l’incerto, trasformando anche tutto ciò che è familiare in una parvenza minacciosa e ambigua.
Le tematiche più rappresentative della lirica di Eichendorff sono tutte presenti nel ciclo di Schumann, ed il capolavoro schumanniano non si articola in una serie di episodici momenti, avulsi l’uno dagli altri e accostati in successione lineare; l’impronta che lo caratterizza è dovuta in primo luogo all’impianto ciclico, alla sua natura di coerente interpretazione musicale di un universo poetico, in cui motivi diversi e immagini disparate sono sempre legate tra loro da una fitta serie di reciproci rimandi e relazioni.
A tal proposito è interessante notare che Schumann definisce l’op.39 Kreis e non Zyklus, la parola italiana ciclo, inevitabilmente chiamata a tradurre entrambi i termini, rischia di appiattire le differenze, eliminando di fatto le non trascurabili sfumature che in tedesco possiedono i due vocaboli.
Secondo un noto studioso (Wiora) Zyklus è una serie di Lieder, in cui si articolano i singoli momenti di una storia disposti secondo un parametro rigidamente temporale, con un “prima” e un “poi”, un inizio e una fine distanti tra loro e ben definiti. Altra caratteristica importante è inoltre la presenza di un elemento unificatore, una sorta di filo conduttore, intorno al quale si svolge una vicenda dai contorni facilmente leggibili. Tale è per esempio il ruscello della Schöne Müllerin di Schubert, presenza continua, voce incessante, che presiede all’origine e alla meta, osserva l’esordio, il percorso e la conclusione di un’esistenza, impronta eterna e sovra personale dal sembiante di natura, destino, tempo o necessità.
In un Kreis, invece, i legami con un Lied e l’altro sono indubbiamente più labili, meno tangibili. Non abbiamo più una vicenda chiaramente delineata, seguita nel suo evolversi e soprattutto sfuggono l’inizio e la fine.
Appartiene a questa definizione il Winterreise di Schubert, che, per assoluta mancanza di modificazioni e di storia nonché per la casualità di ogni attimo umano, non sembrerebbe appartenere alla categoria Zyklus ma bensì al Kreis.
A queste precisazioni possiamo aggiungere che nella parola Zyklus è implicita anche l’idea di ciclicità, di ricorrenza periodica; nel Kreis, invece, contiene una valenza del tutto astratta e concettuale, figura perfetta, in cui tutto rimanda a tutto, in un equilibrio di perfette proporzioni e di forze.
Nell’universo compiuto dell’op.39, i singoli lieder non percorrono le stazioni di un dramma in progressiva evoluzione, sono piuttosto le tante componenti in cui si articola un compiuto mondo di poesia, nella sua capacità di percepire e di filtrare la realtà. L’unità del ciclo quindi risiede nell’atteggiamento individuale e soggettivo dell’interprete, che sa ricreare e mantenere in musica, pur nella diversità di ciascun momento, il significato dei singoli versi, quell’atmosfera persistente, assorbita nell’assidua frequentazione di tante suggestioni poetiche.
Le relazioni musicali presenti nel Liederkreis op.39 abbracciano tutti i criteri delle tecniche compositive. Già guardando le tonalità in cui sono stati scritti i singoli lieder, si ha l’impressione di un’organizzazione compositiva: si evidenziano, infatti, forti relazioni tonali tra un Lied ed un altro.
Scorrendo il ciclo, ci si accorge come Schumann aveva una profonda comprensione e assimilazione dei testi poetici; in quanto, l’ispirazione della composizione gli arriva sempre dall’emozione prodotta dai versi.
Questi, dai Lieder della Mugnaia dalla Winterreise di Schubert fino ai Georgelieder op.15 di Schömberg, costituiscono una forma peculiare, che grazie alla costruzione bandisce il pericolo di tutta la natura del Lied, e cioè la minimizzazione della musica in piccoli formati di genere: l’intero sorge dal nesso di elementi da miniatura.
Il livello del ciclo di Schumann non è stato mai posto in dubbio, così come non lo è il suo rapporto con la felice scelta di una grande poesia. Molti dei più significativi versi di Eichendorff sono qui compresi e pochi altri hanno ispirato la composizione per speciali peculiarità. Ma ciò non significa che essi ripetono il contenuto lirico del loro soggetto, perché in questo caso, in base alla suprema economia artistica, sarebbero superflui.
Al contrario essi liberano un potenziale delle poesie, quella trascendenza verso il canto che nasce nel movimento che oltrepassa tutto ciò che è determinato in maniera immagnifica e concettuale, nel mormorio della cadenza della parola. La brevità dei testi scelti (nessuna composizione, tranne la terza che per così dire è extraterritoriale, è mai più lunga di due pagine) consente a ciascuna una estrema precisione ed esclude anticipatamente la ripetizione meccanica.
Per lo più si tratta di Lieder strofici variati, a volte di forme liederistiche tripartite sul modello a-b-a, alcune volte di forme completamente non convenzionali, che sfociano in un commiato.
I caratteri sono soppesati in maniera precisissima così da tenerli in equilibrio, sia attraverso il potenziamento dei contrasti sia attraverso passaggi di collegamento. Ma proprio la profilatezza dei singoli caratteri rende necessario il piano dell’insieme, se non vuole spezzettarsi nei dettagli; l’ineliminabile questione della consapevolezza di tale piano è indifferente di fronte al risultato della composizione.
Si parla continuamente del formalismo di Schumann e può esserci qualcosa di vero finché si tratta di forme tramandate e a lui già estraniate; quando egli si crea delle forme proprie, come nei primi cicli strumentali e vocali, attesta il senso formale, non soltanto più sottile ma bensì anche di estrema originalità. Alban Berg, nella sua esemplare analisi della Fantasticheria e della sua posizione nelle Scene Infantili, per la prima volta e in maniera cogente ha richiamato l’attenzione su ciò.
La costruzione dei Lieder su testi di Eichendorff, per molti aspetti apparentata alle Scene Infantili, richiede una simile penetrazione, se si vuole uscire dall’asserzione semplicemente ripetitiva della loro bellezza.
La costruzione del Liederkreis ha un rapporto strettissimo col contenuto dei testi. Il titolo Liederkreis, dovuto allo stesso Schumann, va preso alla lettera: la successione è contesta in base alle tonalità e contemporaneamente dà la misura di una via modulatoria dalla malinconia del primo Lied, in fa diesis min. , all’estasi dell’ultimo, composto nel modo maggiore della medesima tonalità.
Similmente alle Scene Infantili il tutto è articolato in due parti; e precisamente nel più semplice rapporto di simmetria, con la cesura dopo il sesto Lied. Si potrebbe quasi evidenziare come una grande pausa.
L’ultimo Lied della prima parte, Bella terra straniera, è in si magg. , con una risoluta ascesa nella regione della dominante; l’ultimo di tutto quanto il ciclo, in fa diesis magg., porta questa ascesa ancora di una quinta più su. Questo rapporto architettonico esprime un rapporto poetico; il sesto lied finisce con l’utopia della grande felicità futura, con un presagio; l’ultimo, la Notte di Primavera, con il giubilo: “Ella è tua, ella è per te”, col presente. La cesura viene rafforzata dalla pianificazione delle tonalità.
Mentre i Lieder della prima parte sono tutti quanti scritti in tonalità diesate, all’inizio della seconda parte calano due volte in la min, senza accidenti in chiave, per riprendere poi a mo’ di ripresa le tonalità dominanti nella prima parte, finché viene raggiunta la tonalità iniziale e contemporaneamente, con la trasposizione in maggiore, si ottiene il più forte incremento modulatorio.
La successione delle tonalità è bilanciata fin nei minimi particolari; il secondo lied è in parallelo maggiore al primo, il terzo è la sua dominante, il quarto scende al sol maggiore, apparentato per terza, il quinto restaura di nuovo il precedente mi maggiore e il sesto sale un’altra volta al si maggiore.
Dei due lieder in la minore nella seconda parte il primo chiude su un accordo di dominante, che desta il ricordo del mi maggiore; il seguente, In paese straniero, invece che la minore è in la maggiore, il successivo raggiunge di nuovo il mi maggiore come tonalità di dominante di la maggiore, analogamente al rapporto architettonico del terzo col secondo.
Similmente il decimo, in mi minore, corrisponde al quarto in sol maggiore, entrambi in tonalità che hanno soltanto un diesis. In luogo del mi maggiore del quinto, tuttavia, l’undicesimo ha soltanto il la maggiore, dando in tal modo, con estrema tensione, tutta la sottolineatura modulatoria al passaggio alla tonalità estrema, in fa diesis maggiore. Queste proporzioni armoniche mediano la forma interna del ciclo.
Esso comincia dunque con due passi lirici, il primo triste, il secondo in un estorto tono allegro. Il terzo, Colloquio nel bosco, la ballata di Lorelei, contrasta sia mediante il tono narrativo sia grazie all’ampia impostazione e alla costruzione a due strofe; nella prima parte questo Lied assume posizione particolare simile a quella che poi nella seconda assumerà Malinconia, collocata in luogo analogo.
Il quarto e il quinto Lied tornano al carattere intimo, ma ne potenziano la delicatezza; sono: Il silenzio, un Lied sul piano, e la Notte, un Lied sul pianissimo. Il sesto, Bella terra straniera, porta la prima grande esplosione, la seconda parte viene aperta da un lavoro che sta tra il Lied e la Ballata. Malinconia, poi è in forma di intermezzo come prima Colloquio nel bosco, ora però lirico in tutto e per tutto, quasi una autoriflessione del ciclo. Il decimo, Crepuscolo, raggiunge, come esige la poesia, il punto di gravità del tutto, il luogo più profondo e oscuro del sentimento. Di esso si avverte ancora il tremolio dell’undicesimo, la visione di caccia Nel bosco.
Infine, col più forte contrasto di tutto quanto il ciclo, segue l’elevazione della Notte di primavera. Questa veloce analisi, di tonalità e strutture formali usate da Schumann per la stesura del ciclo, ci fa intuire lo stretto rapporto che l’autore aveva con la letteratura, in quanto, la grandezza di Schumann sta proprio nella maestria di aver reso indimenticabili dei versi in maniera sublime e dimostra,
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