Se questo fosse un film lo chiamerei: la grande bruttezza.
Dal 16 al 24 ottobre, a Roma, nelle intenzioni dei responsabili c’è stata la sfida del festival del cinema.
Parlo di sfida perché c’era la voglia di riportare il festival alla sua prima identità, ossia una festa; probabilmente le intenzioni erano buone, ad esempio rendere partecipi tutti i cittadini, non solo i giornalisti o gli spettatori paganti all’auditorium, ma portare i film del festival in sale sparse per Roma.
Lodevole iniziativa, se perdevi un film c’erano altre sale; facile a dirsi, ma bisogna fare i conti con i bus di Roma: attese estenuanti e ovvia perdita di tempo.
I taxi sono da dimenticare perché carissimi, guardiamo allora la giornata tipo di un giornalista di una testata media: 9.30 di solito prima proiezione ma visti i tempi di attesa degli autobus bisogna alzarsi prestissimo perché non tutti hanno la fortuna di abitare vicino, le prime conferenze stampa iniziano di solito alle 10.30, quindi si opta per l’uno o per l’altro, a meno che la testata non mandi più giornalisti o qualcuno fortunello abbia il dono dell’ubiquità.
Il pomeriggio l’offerta è vasta, ma i titoli si accavallano, per fortuna l’auditorium ha molte sale vicine e sembrerebbe che tutto fili liscio; no, non è così: file di paganti e accreditati affollano le sale, la precedenza è data ai paganti… orrore, si, orrore perché l’accreditato è altrettanto pagante, l’accredito infatti costa 50 euro! Altri ne costano molto di più!
Capita con grande disagio (è un eufemismo) che dopo anche 1 ora di fila e oltre, il povero giornalista perde del tempo inutile, si arrabbia e non ha più voglia di vedere un festival che tra l’altro non offre star di livello e film decisamente opinabili.
Ovviamente, come diceva una collega, ormai è difficile raccontare qualcosa di nuovo, tutte le tematiche sono state più o meno sfiorate, quindi, oltre che in una bella trama, il taglio che il regista dà alla storia, c’è da sperare nella bellezza della fotografia, delle location, nella bravura degli attori che devono far passare attraverso lo schermo le emozioni che loro provano recitando una parte.
Nonostante dal logo sia sparita la parola “internazionale” sono presenti film da ogni parte del mondo, ma la magia?…è sparita anche la giuria, il film vincitore lo decide il pubblico, lo vota su internet o in appositi spazi.
Altra sparizione sono le star, i giornalisti e il pubblico! Al red carpet, se non c’è un film per adolescenti che popolano le transenne per ammirare i loro idoli, non c’è quasi nessuno e non c’è nulla di più triste che sfilare davanti al nulla!
Altrettanto tristi sono le conferenze stampa dove al massimo ci sono una manciata di giornalisti e spesso non hanno nulla da chiedere o si dilungano in inutili critiche prima di sfornare la fatidica domanda, altri poi raccontano il film alla delegazione (di solito attore, regista, produttore) che mi pare di capire sappiano già la storia, rendendosi così assolutamente ridicoli.
Tristi i moderatori, che in mancanza di domande hanno le cosiddette domande paracadute:” Come si è preparato per il ruolo di pinco o di pallino” eccetera, è un classico, del resto, quelli i film quelle le domande che si sentono da anni, tutte uguali, moltissime scontate e banali.
Super inutili trovo le retrospettive che occupano sale inutilmente, oggi la tv manda in onda continuamente “vecchi” film, capolavori certo, e ovviamente vedere un film in tv è ben diverso che vederlo sul grande schermo, allora che sia festa tutto l’anno e in tutte le città si svolgano retrospettive per omaggiare i grandi del cinema.
Gli incontri sono interessanti ma anche lì file interminabili e rischi di non entrare…i paganti entrano subito, posto assegnato e ho visto tanti colleghi che oltre i 50 euro ne hanno pagati altri 10 per volta, per entrare.
Che bruttezza!
Più che attori e attrici le vere star sono stati i registi: Ettore Scola, Dario Argento, William Friedkin, Todd Haynes, Paolo Sorrentino, Wes Anderson, Joel Cohen, Carlo Verdone.
Uniche star presenti: Jude Law, Ellen Page, Fraces Mc Dormand, Monica Bellucci, gli attori e attrici italiani sono conosciuti e amati qui in Italia, alcuni sono bravi altri meno ma definirli star mi pare eccessivo se paragonati a celebrities note a livello mondiale.
Molti i film presenti, con tematiche che parlano di omosessualità, come Carol, Freeheld, Departure; un docu film interessante è stata la ricerca spasmodica e forse senza risposte di Monogamish, difficile viaggio fra tradimenti, monogamia poliamori, famiglie allargate, divorzi e quant’altro, ricco di spunti per croccanti discussioni.
Mai fidarsi dei colleghi, a meno che una ricca percentuale dica che il tal film è brutto o bellissimo, ognuno ha il proprio gusto e il proprio individuale background, perciò ogni parere è personalissimo.
Un festival insomma bruttino, senza grandi mezzi e quindi più che una festa un funerale, la mia ricetta per un festival è semplice: focus sui film in concorso, fare in modo che si possa vedere più film possibili e avere la possibilità di discuterne poi in conferenza stampa, tutto il resto, retrospettive, omaggi, convegni, ci può pure stare, ma quelli sì a pagamento; quindi, per favore, lasciateci lavorare e scrivere di cinema.