Friday, November 22, 2024

Edna St. Vincent Millay e i miei nonni a New York

di Laura Klinkon

I miei nonni immigrati negli Stati Uniti nel secondo decennio del novecento erano stati sponsorizzati a New York da un fratello di mia nonna, immigrato anche lui alcuni anni prima.  Peró mio nonno non era contento di stare a New York, e dopo due anni tornarono in Sicilia.  Nato parecchi anni prima di mia nonna, una giovane nei primi ventenni, mio nonno era alquanto geloso, e ha trovato che l’ambiente di New York dava troppa libertà alle donne, anche se mia povera, fedele, doverosa, e magari felice nonna aveva appena partorito mio padre.

Ero sempre perplessa di questa decisione di mio nonno, ma traducendo le poesie di Edna St. Vincent Millay per il mio libro The Silent Lyre/La Lira Silente e leggendo la sua vita che era stata coetanea dei miei nonni e contemporaneamente abitante a New York, anche senza tener conto delle usanze conservatrici della Sicilia di quei tempi, ho potuto meglio capire.

Come segnalato nell’introduzione del mio libro, i primi decenni del novecento in America rappresentano un periodo molto tumultuoso.  È vero che con la frase “roaring twenties” molti capiscono anzitutto lo stile di danza “Charleston” e il ritmo rombante della musica jazz.  Ma il contesto era molto più ampio, comprendendo non solo modi di vestirsi e di divertirsi ma una vera rivoluzione economica, tecnologica, domestica, e sociologica, che si disse allora e certo ancora oggi, “progresso.”  Gli svolgimenti in tutti questi campi sono stati significativi per il successo di Millay che vinse il premio Pulitzer per poesia nel 1923 e che era molto popolare.

Edna St.Vincent Millay

Sto ricordando che mia nonna in quegli anni, aveva solo otto anni meno di Millay.  Quindi sarebbe stata, forse se più anglofona e più portata alla letteratura, suscettibile all’effetto delle poesiè di Millay e della crescente cultura “libera” di quei tempi.  E forse, fino a un certo punto, le loro circostanze da giovani sono state paragonabili.  Mia nonna era nata in una famiglia di piccola borghesia, come quella di Millay ed ambedue hanno visto scadere il loro benessere—mia nonna per aver sposato un uomo meno benestante, e Millay per il divorzio di sua madre.

È vero che le circostanze di Millay hanno dovuto provocare più dolore e sofferenza, in quanto mia nonna ha scelto da sé le sue condizioni diminuite, mentre Millay le ha subite in seguito a una decisione di sua madre. Ma non solo: la povertà e il malessere della famiglia Millay nel freddo del Massachusetts e del Maine, anche col lavoro di infermiera itinerante della madre, dovevano essere senza dubbio più severi.

Comunque, i miei nonni sono tornati, e i Millay sono rimasti nel Maine finché Edna non abbia vinto una borsa di studio universitario da una donna ricca per una sua poesia che aveva recitata in sua presenza.  Certo che aveva fino allora fatto sforzi artistici a casa e a scuola quasi impensabili tenendo presente le sue misere condizioni famigliari.  Ma nella sua povertà c’erano due elementi sollevanti:  l’interresse e le ambizioni nel campo di lettere e arte di sua madre, e la passione e l’immaginazione della stessa Edna Millay.  Uno dei quali, nel caso di mia nonna, si è espresso più modestamente nel voler far studiare almeno uno dei suoi figli maschi.

Mantengo l’ipotesi che più misere sono le condizioni e più apparentemente raggiungibili le opportunità, più grande risulta l’ambizione. Mi sembra sicuramente di essere il caso di Millay, che nell’ambiente del grande sviluppo americano, ha sviluppato tanto la sua arte.

Di Millay, sulle sue tendenze artistiche, e sul posto che lei si è creato già durante li suoi primi anni a New York, ci sarebbe da dire molto di più.  Ma per questo articolo ci limitiamo soltanto a dimostrare alcuni suoi sonetti, e come possono risuonare nell’orecchio di un’italiana o un italiano di oggigiorno anche se disapprovati da un uomo del primo novecento, italiano, americano, o siciliano che sia.

Non siete più bello del fiore lillà, — no,

Né del caprifoglio; né più bello

Dei piccoli bianchi papaveri sdoppi,— sopporto

La vostra bellezza; anche quando a voi m’inchino, e

A destra e a sinistra, non sapendo dove andare,

Distolgo gli occhi turbati, né qui né lì

Trovando riparo da voi, eppure giuro

È stato così nella foschia, — così al plenilunio.

Come chi di giorno in giorno nella boccetta

Di delicato veleno aggiunge una goccia in più

Finché non abbia bevuto indenne la morte di dieci,

Così, assuefatta alla bellezza, bevuto a grandi sorsi

Ogni ora più profondamente che nell’ora prima,

Bevo — e vivo — quello che ha distrutto alcuni uomini.

________________________________________

Credo che ti avrei amato fra poco,

E detto sul serio parole gettate lì per gioco;

E alzato occhi onesti per te da vedere,

E portato la tua mano alla guancia e al petto;

E tutte le mie follie buttate via in disparte

Che ti vinsero a me, e sotto il tuo sguardo,

Spoglia di reticenza e svestita d’orgoglio,

Avrei rivelato come in tabella i miei modi cattivelli.

Io, che sarei stata per te, se fossi rimasto,

Solo un risveglio in più da un sogno ricorrente,

Mi vanto nondimeno di certi premi vinti,

E vago nelle sale della tua memoria, severa, imperiosa,

Un fantasma in marmo di una ragazza che conoscesti

Che ti avrebbe amato fra un giorno o due.

______________________

Oh, non pensare ch’io sia fedele a un voto!

Sleale sono io, fuorché all’amore stesso.

Se tu non fossi amabile, ti lascerei adesso:

Appresso i piedi della bellezza volano i miei.

Se tu non fossi ancora il cibo più raro della mia fame,

E l’acqua assoluta per la mia sete più selvaggia,

Ti lascerei—non dubitare che non lo farei!—

E cercherei un altro come avevo prima cercato te.

Ma tu sei mobile come l’aria sbandata,

E tutti i tuoi vezzi più mossi che la marea,

Per cui l’essere incostante non dà fastidio:

Devo soltanto rimanere al tuo lato.

Tanto volubile, leggero e falso, amore mio, sei tu,

Sono più sleale, quando fedele sono di più.


Laura Klinkon, nata DiLiberto nella provincia di Enna, è cresciuta a Pittsburgh nella Pennsylvania e ha studiato lingue e lettere all’università di Pittsburgh e all’American University di Washington, D.C.  Ha frequentato altri corsi a New York University e Middlebury College e lavorato come insegnante, revisionista, saggista, e traduttrice a New York, Washington, D.C., e a Rochester, N.Y. dove abita correntemente ed è coinvolta con vari gruppi di poeti.  Nel 2013 ha pubblicato una raccolta completa di poesie Trying to Find You e nel 2017, due volumetti ironici/satirici Kitchen Abrasives e Looking AskanceThe Silent Lyre/La Lira Silente, sua raccolta bilingue dei primi sonetti di Edna St. Vincent Millay tradotti dall’inglese all’italiano è stata pubblicata a luglio 2018 (si veda Amazon.com).

redazione
redazione
Tiziano Thomas Dossena, Leonardo Campanile, LindaAnn LoSchiavo, and Dominic Campanile

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