Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito le regole per quantificare l’assegno da riconoscere al partner in caso di divorzio. E’ un compito davvero arduo quantificare in moneta il lavoro di una moglie. Leggendo questa sentenza ho “rivisto” mia madre in quei terribili anni della mia infanzia trascorsa in una Napoli lacerata dai bombardamenti di una guerra infame e umiliata dalla miseria più nera. Ho “rivisto” mia madre davanti al focolare, con un ventaglio logorato dall’uso e dal tempo, soffiare sul carbone per accendere un fuoco che serviva per cucinare qualcosa da mangiare (una zuppa fatta con qualche cucchiaio di “polvere di piselli” regalataci dall’esercito alleato e un po’ di bucce di patate e di piselli veri recuperate nelle case dei meno poveri). Solo chi ha vissuto quei tempi, e non ha dimenticato, può sostenere che non c’è prezzo per quantificare il lavoro di una moglie! Al di là di ogni sentimentalismo e di ogni retorica, ritengo che la donna rimane il perno della società. Soltanto con il suo apporto è possibile ritrovare tutti i valori indispensabili per migliorarla questa società sempre più “zoppicante” per volgarità, maleducazione e decadimento morale!
Sarebbe bello se lo Stato riconoscesse maggiori diritti e più privilegi a tutte le donne. Sarebbe bello se in ogni città, paese e borgo d’Italia, le si erigesse un monumento. Sì, un “monumento alla donna” che sicuramente più dell’uomo può contribuire a salvare l’intera comunità dalla disgregazione e da un degrado culturale e comportamentale che avanza indisturbato.