Era settembre 2015 quando tanti di noi piangemmo sgomenti guardando la foto di Aylan, il bimbo con la maglietta rossa che giaceva su una spiaggia in Turchia morto scappando dalla guerra. Provammo sentimenti di pietà e di colpa. Gli stessi sentimenti che proviamo ad ogni notizia di naufragi e di morti annegati in questa grande fossa comune che è diventato il Mediterraneo dove, pochi giorni fa, è avvenuta l’ennesima tragedia con morti annegati tra cui una giovane mamma e il suo piccolo bimbo. Ma sono sentimenti tardivi che non possono più cambiare la drammaticità degli eventi. Perché siamo portati a dare il giusto valore alle persone soltanto quando ormai è troppo tardi, quando possiamo solo provare rimorso per non aver “dato” prima o non aver “dato” di più? Perché spesso guardiamo le persone, che pensiamo di amare, senza vederli veramente presi come siamo dal nostro smisurato egoismo? Perché viviamo come immersi in una nube di indifferenza che sfuma i contorni e ci “protegge” dai problemi altrui per poi improvvisamente svegliarci quando tutto è già avvenuto in modo definitivo e ineluttabile! La nostra ignavia di prima si trasforma allora in una sorta di sentimento dove amore, altruismo, sensi di colpa e rimorso fanno a gara per emergere. Allora vediamo ghirlande galleggiare e lacrime di coccodrillo. Ora, per la ricorrenza dei defunti, guardando nelle nostre famiglie, perché non ci chiediamo che senso ha aspettare il 2 novembre per omaggiarli con fiori e lumini? Perché i fiori non glieli abbiamo offerti prima? Perché aspettare che uno muoia per regalargli un sorriso in più? Ogni momento sarebbe stato buono per dargli affetto, per sussurrargli una parola dolce e inebriarlo con il calore di un bacio e l’emozione di una carezza. Quanti mariti si dimenticano di portare alle proprie mogli anche solo una margherita selvatica, in un momento qualsiasi per poi, da vedovi, placare i loro sensi di colpa postumi con enormi bouquets? Quante donne non “vedono” più il loro compagno di vita e non pensano che un gesto di tenerezza può allentare tensioni e far tornare il sorriso su un volto stanco?
Sono questi “i fiori che non appassiscono”, sono questi ”i ceri” che danno luce, quella magica luce che accende l’anima d’amore e che né vento né tempesta riusciranno mai a spegnere. I morti? Certo, rispettiamoli, ricordiamoli, ma amiamoli prima da vivi, familiari o migranti che siano. Il “dopo” è … troppo tardi.
Raffaele Pisani