Una riflessione sull’identità grazie a 150 opere di 15 artiste ebree italiane tra cui alcuni importanti inediti provenienti da collezioni private alla Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale dal 12 giugno al 5 ottobre 2014.
Nell’anno in cui la Giornata Europea della Cultura Ebraica (14 settembre 2014) ha come tema “La donna nell’ebraismo” la Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale offre al pubblico un percorso espositivo di circa 150 opere di artiste ebree italiane che è una riflessione sull’identità di genere, sullo spazio e sul ruolo della donna.
ARTISTE DEL NOVECENTO TRA VISIONE E IDENTITÀ EBRAICA è la mostra a cura di MARINA BAKOS, OLGA MELASECCHI e FEDERICA PIRANI, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dalla Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia Onlus e dal Museo Ebraico di Roma.
L’esposizione vuole favorire ed ampliare la conoscenza di una realtà come quella ebraica e dare il giusto risalto a quelle esperienze femminili che sono state in grado di trasformare una condizione di minorità sociale in una ragione di affermazione e di indipendenza creativa, contribuendo al valorizzare, insieme alla loro dimensione privata, anche la vita culturale del nostro paese. Ad una attenta selezione di opere di ANTONIETTA RAPHAEL pittrice e scultrice protagonista della Scuola romana di via Cavour, si affiancano i lavori di artiste quali PAOLA CONSOLO, EVA FISCHER, PAOLA LEVI MONTALCINI, GABRIELLA OREFFICE, ADRIANA PINCHERLE e SILVANA WEILLER che arricchiscono l’esposizione con differenti idiomi e soprattutto con opere inedite il cui prestito è stato gentilmente concesso da eredi, collezionisti, Fondazioni ed Enti sia privati sia pubblici. Tra queste, anche un prezioso nucleo appartenente alla collezione della Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale che, nella sede storica di Via Crispi, ospita l’esposizione. Il panorama romano, solo parzialmente studiato, viene in questo contesto analizzato anche attraverso l’attività di altre artiste ebree attive nella capitale agli inizi del Novecento. Le sale sono infatti arricchite dalla produzione di CORINNA e OLGA MODIGLIANI, ANNIE e LILLY NATHAN, WANDA COEN BIAGINI, AMALIA GOLDMANN BESSO e PIERINA LEVI, alcune delle quali assidue frequentatrici dello studio di Giacomo Balla. Nell’allestimento le opere delle allieve di Balla e di AMELIA ALMAGIÀ AMBRON, amica carissima del pittore e della sua famiglia, fungono da corollario a due splendidi ritratti del maestro: Ritratto del sindaco Nathan e Ritratto di Amelia Ambron, concesso in prestito ed esposto per la prima volta in pubblico per questa mostra.
Questi lavori sono esemplificativi di una produzione di qualità e costituiscono una prima ricognizione che si auspica germinale per ulteriori studi del settore. La risonanza della voce femminile, nella prima metà del Novecento, è in generale molto limitata, e ciò vale ancor più per le donne ebree. Penalizzate dall’appartenenza ad una minoranza che di per sé ne condiziona l’emergere sulla scena culturale, esse si vedono accomunate alle sorti delle loro contemporanee non ebree dal pregiudizio, tanto infondato quanto radicato, che l’uomo debba essere il solo depositario della vera professionalità.
Il ruolo che le donne ebree hanno ricoperto nell’arco dei secoli in seno all’ebraismo le porta ad una posizione maggiormente defilata nell’ambito sociale quanto, invece, centrale nella realtà familiare. Non per questo esse furono assenti o esitanti nell’assumere con la massima competenza iniziative di primo piano sulla scena culturale e artistica. Mediando continuamente tra la vita pubblica e la vita privata, tra l’identità religiosa e quella nazionale, esse realizzarono un operato sostanzialmente legato e concorde a quello che andava consolidandosi sulla scena della cultura europea contemporanea. Plurilinguismo e pluriculturalismo sono valori che contraddistinguono un’attitudine della conoscenza libera da pregiudizi, propria anche di molte altre protagoniste sulla scena artistica tra le due guerre. Durante il periodo di apertura della mostra sono previste attività collaterali: conferenze, concerti, spettacoli teatrali.
Le artiste
Amelia Almagià Ambron. Nata nel 1877, fu pittrice di talento formatasi alla scuola di Antonio Mancini, pittore romano di ambito verista. Apprezzata per i luminosi ritratti e per i suoi ariosi paesaggi, fu l’indiscusso punto di riferimento di un vivace salotto culturale a cui partecipavano numerosi artisti tra i quali Marinetti, Giovanni Colacicchi, Mario Tozzi e Mancini stesso. Legata da profonda e fraterna amicizia a Giacomo Balla, ospitò a lungo il maestro e la sua famiglia nella tenuta di Cotorniano nelle campagne senesi e più tardi, dal 1926 al 1929, a Villa Ambron ai Parioli.
Wanda Coen Biagini. Nacque a Pesaro nel 1896 e morì a Roma il 5 giugno 1953. Allieva dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, per completare la propria formazione artistica si trasferì a Roma dove conobbe e sposò lo scultore Alfredo Biagini. Alternò la sua intensa attività pittorica ed espositiva romana con alcuni soggiorni parigini nel corso dei quali entrò in contatto con i cosiddetti Italiens de Paris, in particolare con Giorgio de Chirico.
Paola Consolo. Nacque a Venezia nel 1909 dove morì nel 1933. Figlia della poetessa Eugenia Consolo e nipote di Margherita Sarfatti, venne incoraggiata ad esporre da Medardo Rosso. Partita da suggestioni impressioniste in seguito si avvicinò al gruppo Novecento nell’ambito del quale espose negli anni 1926 e 1929. Partecipò anche alla Biennale di Venezia negli anni 1928, 1930 e 1932. Fu molto apprezzata da Ardengo Soffici e frequentò l’atelier di Funi del quale carpì la magia cromatica che arricchì di grazia femminile, guardando nella sintesi disegnativa all’opera di Campigli.
Eva Fischer. Nata a Daruvar (Croazia), alla fine del conflitto bellico si trasferì a Roma dove entrò a far parte del gruppo di artisti di Via Margutta. A quel periodo risale l’amicizia con Mafai, Guttuso, Campigli, de Chirico. Durante un lungo soggiorno parigino, ospite di Zadkine, ebbe modo di conoscere Marc Chagall di cui divenne amica devota; in un successivo periodo madrileno ebbe modo di lavorare nell’atelier di Juana Mordò, legandosi a molti artisti spagnoli ancora in lotta contro il franchismo. La sua arte è caratterizzata da colori “mediterranei” e da una profonda e solare italianità che ne definisce le liquide trasparenze.
Amalia Goldmann Besso. Nata a Trieste il 14 ottobre 1856, nel 1883 sposò l’ingegnere Beniamino Besso, fratello del mecenate e filantropo Marco Besso e si trasferì a Roma. La sua formazione artistica avvenne con Lorenzo Delleani e poi a Roma con Camillo Innocenti. Viaggiò frequentemente per tutta l’Europa dove ebbe modo di esporre i suoi dipinti. Partecipò alla Biennale di Venezia dal 1915 e alla Secessione di Roma dal 1913. Durante la prima guerra mondiale si dedicò ad attività di carattere sociale rivolte soprattutto all’infanzia. Si spense a Roma il 29 ottobre 1929.
Pierina Levi. Nata a Bologna nel 1884, condivise con Annie Nathan l’amicizia con Balla presso il quale anche lei studiò a lungo. Fu presente nel 1913 alla I Secessione Romana e nel 1912 e 1913 all’Esposizione Nazionale Giovanile di Napoli. Si spense a Giffoni agli inizi del 1942.
Paola Levi Montalcini. Nata a Torino il 22 aprile 1909 , verso la fine degli anni venti fu vicina a Felice Casorati (il cui studio rappresentò il punto di riferimento per la giovane avanguardia torinese) e a Italo Cremona. Nel 1931 espose alla prima Quadriennale dell’Arte Nazionale di Roma al Palazzo delle Esposizioni e nel 1934 al “Primo Raduno d’arte contemporanea”. Nel 1939 Giorgio de Chirico riassunse nella prima monografia dedicatale la fase iniziale della sua storia creativa e formale. Verso la fine degli anni quaranta si assistette ad un netto sganciamento dal vero e ad un’elaborazione che la condurrà verso l’espressionismo astratto sino ad arrivare ad un solido avvicinamento alla produzione astratto-concreta del MAC. Dopo la frequentazione dell’atelier di S.W. Hayter a Parigi (che la introdusse all’estetica surrealista della scrittura automatica) si dedicò alla scultura e realizzò strutture cinetico-luminose. Trasferitasi a Roma, dove si spense il 29 settembre del 2000, negli anni settanta il suo lavoro si attestò su ricerche che esaltarono un inedito percorso al limite tra arte e matematica.
Corinna Modigliani. Nata a Roma nel 1891 studiò con la sorella minore Olga presso lo scultore Pietro Vanni e seguì, intorno al 1888, i corsi della Scuola libera del nudo di Roma. Prevale, nella sua prima produzione (peraltro quasi sconosciuta), una predilezione per le arti minori, miniature, pitture su velluto, che presentò alla LXX Esposizione della Società amatori e cultori di belle Arti a Roma nel 1900 e alla III Esposizione d’arte a Livorno nel 1901. Nei primi anni del Novecento cominciò la sua produzione di dipinti di paesaggi e nature morte affermandosi poi nel genere del ritratto ad olio o a pastello. Nel 1921 espose alla I Biennale Romana e alle edizioni delle Sindacali laziali del 1929 e 1930. Morì a Roma nel 1959.
Olga Modigliani. Nacque a Roma nel 1873 e condivise vita e percorso artistico con la sorella maggiore Corinna. Con lei studiò da Pietro Vanni e da quest’ultimo fu spinta a dedicarsi alla decorazione su ceramica, specialità che godeva di particolare fortuna nella Roma di quegli anni. Affermatasi come una delle protagoniste indiscusse in questo campo fu presente in moltissime esposizioni, partecipò alla Biennale di Venezia del 1914 e a quella di Roma del 1921 e i suoi lavori entrarono a far parte di collezioni private e pubbliche. Si spense a Roma nel 1968.
Annie Nathan. Nata a Roma nel 1878 fu, assieme a Pierina Levi, grande amica con la quale condivise lo studio di Vicolo S. Nicola da Tolentino, tra le frequentatrici dello studio di Giacomo Balla. Presso il maestro prese lezioni di pittura e cominciò ad esporre alla mostra di Belle Arti e alle mostre della Società Amatori e Cultori dal 1906 al 1910. Nel 1908 fu presente alla Quadriennale di Torino e nel 1932 alla Secessione Romana. Al 1932 risale una sua personale nelle sale dei Cultori d’arte a Palazzo Doria. Si spense nel 1946 in Svizzera dove era fuggita durante la seconda guerra mondiale per ripararsi dalle leggi razziali.
Liliah Nathan. Nacque a Roma nel 1868 da Ernesto Nathan e Virginia Mieli. Cresciuta assieme alla sorella Annie in un ambiente socialmente e culturalmente elitario, preferì seguire le orme materne distinguendosi per impegni nel sociale e di volontariato. La sua produzione come scultrice è però connotata da un’eleganza sapiente che denota padronanza dei mezzi espressivi e una forte personalità. Sposò l’artista Moisè Ascoli e si spense nel 1918.
Gabriella Oreffice. Nata a Padova nel 1893 visse sempre a Venezia dove intraprese i suoi primi studi artistici presso la Scuola Libera di Pittura di Luigi Nono ed esordì nel 1915 alla Mostra dei Bozzetti all’Hotel Vittoria. Nel 1920 partecipò alla Biennale e alle esposizioni della Fondazione Bevilacqua La Masa e strinse una sincera e duratura amicizia con Semeghini e Rossi. Tra gli anni Venti e Trenta iniziò una vivacissima attività espositiva che, interrotta dagli eventi bellici, riprenderà solo negli anni Cinquanta. Si spense a Venezia nel 1984.
Adriana Pincherle. Nacque a Roma nel 1909 e dopo gli studi classici si iscrisse alla Scuola libera del nudo. Esordì nel febbraio 1931 alla “Prima mostra romana d’arte femminile” e nell’aprile del 1932 tenne, assieme a Cagli, la prima personale presso la Galleria di Roma. Nel 1933 andò a Parigi dove approfondì lo studio sugli impressionisti e soprattutto su Matisse, studio che si rivelò decisivo per la sua evoluzione pittorica. Sposatasi con Onofrio Martinelli e trasferitasi a Firenze, portò avanti per lunghi anni un’intensa attività artistica incentrata su un solido linguaggio figurativo, non strettamente realista e dall’acceso cromatismo.
Antonietta Raphaël. Nata a Kovno (Lituania) nel 1895, si trasferì a Roma nel 1924 (dove morì nel 1975) dopo un soggiorno prima a Londra e poi a Parigi, città quest’ultima dove tornerà anni dopo per coltivare la sua vocazione per la scultura. A Roma conobbe Scipione e Mario Mafai con il quale formò la “Scuola di via Cavour”. La sua fu un’attività alquanto isolata e appartata e anche dopo la guerra, nonostante la partecipazione a mostre importanti, la critica ignorò a lungo il suo lavoro. Soltanto nel 1952, grazie alla mostra “La Scuola romana dal 1930 al 1945”, allestita nell’ambito dell’VIII Quadriennale (1959-60), le venne finalmente riconosciuto un ruolo di primo piano nella storia artistica tra le due guerre.
Silvana Weiller, nata a Venezia, ha lavorato e vive a Padova dove, nel corso della sua lunga attività, è stata una figura di grande spessore intellettuale. Nota per la sua attività espositiva, si è distinta inoltre per le sue doti di critica e di poetessa.