Gli insetti sono gli animali che popolano in maggior numero la Terra e si differenziano dagli esseri umani in modo marcato. Nonostante le tante differenze è però plausibile supporre che dispongano di meccanismi comportamentali riconducibili a sistemi di memoria che, in modo simile al nostro, hanno lo scopo di immagazzinare, elaborare e recuperare informazioni derivate dall’esperienza con l’ambiente esterno e, di conseguenza, di accrescerne le possibilità di sopravvivenza. Dimostrare queste ipotesi non è però semplice.“Il mondo sensoriale degli insetti è ricco di messaggi chimici poco comprensibili per l’uomo. Limitandoci ai segnali visivi ai quali siamo più abituati, sappiamo che molti insetti vedono, riconoscono e ricordano ciò che hanno visto”, spiega Diego Fontaneto dell’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Cnr. “Un esempio incredibile è quello delle comuni vespe cartonaie, in grado di riconoscere guardandoli in faccia e di ricordare tutti gli individui con cui convivono nel vespaio, non fidandosi e attaccando ogni intruso mai visto prima. Un comportamento stranamente molto simile al nostro”.
Gli insetti non si limitano però alla sola memorizzazione degli altri individui del proprio gruppo sociale: come noi, sono in grado di ricordare anche lo spazio che li circonda e le strade da seguire, un chiaro esempio è rappresentato dalle api.“Questi insetti studiano il percorso per andare a bottinare sui fiori migliori del momento e ricordano il tragitto per tornare all’alveare con il miele e per poter tornare a bottinare ancora sui fiori trovati”, aggiunge il ricercatore del Cnr-Irsa.
Una delle più rilevanti differenze tra noi e gli insetti riguarda la metamorfosi che questi animali affrontano nel corso della loro vita e che potrebbe avere effetti rilevanti sulla conservazione del sistema di memoria acquisito durante la fase dello sviluppo postembrionale. “Una larva, come un bruco, distrugge tutti i tessuti interni nel processo di metamorfosi durante lo stadio di pupa, quando si sviluppano tutti i nuovi tessuti e organi dello stadio adulto, come la farfalla nel caso del bruco”, aggiunge Fontaneto. “Questo pone gli studiosi di fronte a varie problematiche da risolvere: le esperienze vissute allo stadio di bruco vengono ricordate dalla farfalla adulta? Se la risposta è positiva, si aprono domande ancora più difficili da risolvere: dove viene conservata la memoria se nel passaggio da bruco a farfalla i tessuti vengono distrutti e riformati?”.
Per rispondere a questi quesiti, i moscerini della frutta, che per il loro breve ciclo vitale e il genoma mappato nella sua totalità si prestano più facilmente agli studi dei ricercatori, si sono dimostrati di particolare utilità e importanza. “La memoria acquisita dalle esperienze della larva riesce ad avere influenze sul comportamento del moscerino adulto, con associazioni causa-effetto probabilmente mediate da espressione genica differenziale: individui identici in tutto ad altri, ma con alcuni geni resi non funzionali, non sono in grado di passare la memoria dallo stadio di larva a quello di adulto durante la metamorfosi”.
Gli insetti, inoltre, hanno memoria sia a breve che a lungo termine. “Ricordano e riconoscono amici e parenti, percorsi ed esperienze passate, associano le esperienze passate a conseguenze positive o negative e agiscono di conseguenza, come facciamo anche noi”, conclude Fontaneto. “In più, sono in grado di passare tale memoria a lungo termine attraverso fasi di riarrangiamento dei tessuti per noi incomprensibili durante la metamorfosi. Abbiamo comunque ancora molto da imparare sul concetto di memoria e sui meccanismi che la rendono possibile, cercando di capire come funziona in animali così diversi da noi”.
Angelica Spinaci [Almanacco della Scienza N. 5 – 10 mar 2021]