Articolo di Isabella Rossiello
Palazzo Pallavicini mantiene sempre le sue promesse nel coniugare bellezza, arte e storia con le mostre nelle sue meravigliose sale settecentesche (ricordiamo che hanno ospitato il quattordicenne Wolfgang Amadeus Mozart nel 1770).
In questa cornice da favola 80 opere, di cui 27 esposte per la prima volta in Italia, il Palazzo Pallavicini ha omaggiato Alfonse Mucha.
La mostra, organizzata da Chiara Campagnoli, Rubens Fogacci e Deborah Petroni della Pallavicini Srl in collaborazione con Mucha Foundation e con la curatela di Tomoko Sato, ha accolto le opere del grande artista dell’ Art Nuveau.
La mostra si divide in tre segmenti armonici tra loro: Donne – Icone e Muse, Le Style Mucha – Un Linguaggio Visivo, Bellezza – Il Potere dell’Ispirazione.
Conosciamo la vita di questo grande artista del panorama contemporaneo.
Alfonse Maria Mucha, francesizzato in Alphonse, nacque il 24 luglio 1860 a Ivancice, in Moravia, una regione della ex Cecoslovacchia, in quel tempo Impero Austro-Ungarico.
La sua è una famiglia umile, suo padre, Ondřej è usciere al tribunale e sua madre, sua seconda moglie è Amálie Malá, una donna di grande intelligenza,devota cattolica influenzò molto la personalità del piccolo Alfonse, lo fa cantare come corista e acolito in chiesa e si accorge ben presto della sua vocazione: disegnava tutto ciò ce lo circondava, fiori, cavalli, natura temi che ricoreranno sempre nella sua produzione artistica.
Ad undici anni è a Brno dove studia nel Ginnasio di Slovanské, impregnato di fermenti patriottici tesi alla rinascita nazionale, ricordiamo il giogo austro-ungarico, che influenzeranno non poco il suo lavoro con riferimenti continui alla sua terra d’origine.
Nell’autunno 1878 Mucha presentò domanda di iscrizione all’Accademia di Belle Arti di Praga; non fu ammesso e a 19 anni si trasferì a Vienna dove lavorò come pittore di scenografie teatrali della compagnia Kautsky-Brioschi-Burghardt. Vienna era una metropoli ricca di fermenti creativi, culturali e anche famosa per “la dolce vita”. Mucha rimase a Vienna per due anni sino a che un violento incendio uccise 449 persone, devastò anche la struttura teatrale e Mucha fu licenziato. Con i suoi risparmi si trasferì a Mikulov, piccola cittadina dove lavorò come ritrattista; qui catturò l’attenzione del conte Edward Khuen-Belasi che gli commissionò la decorazione dei suoi castelli Emmahof in Moravia e nella città tirolese di Gandegg.
Belasi ne fu entusiasta e ne divenne munifico mecenate, poté studiare nell’immensa libreria del conte che lo portò anche in Italia ad ammirarne le bellezze artistiche.
Finalmente, nel 1885, Mucha fu ammesso all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera, qui incontrò alcuni colleghi cechi e con loro fondò la società segreta “Škréta” con finalità patriottiche e una propria rivista: “Palette”, ricca di illustrazioni di Mucha.
Grazie al proprio lavoro e al sostegno economico di Belasi si trasferisce a Parigi per continuare gli studi all’Académie Julian, all’Académie Colarossi, Parigi è cosmopolita, ricca di cultura e arte, proiettata nel futuro, è in costruzione la torre Eiffel, oltre ai suoi amici boemi , Mucha stringe amicizia con Paul Gauguin, Clamille Claudel, si innamorò dell’arte giapponese ma nel frattempo il sostegno economico del conte cessò inaspettatamente e Mucha si mantenne illustrando riviste pubblicitarie come Le Petit Français Illustré e la sua arte gli procurò altri lavori come illustrare l’opera Scènes et épisodes de l’histoire d’Allemagne.
La sua fama era ormai consolidata e Mucha raggiunse un notevole benessere economico, si comprò un armonium e una fotocamera con cui fotografò Gauguin che abitava nel suo palazzo e le modelle a volte nude ma in pose mai volgari, presenti nella mostra al Palazzo Pallavicini.
Un’altra grande persona cambiò la vita di Mucha: l’attrice Sarah Bernahrdt e i manifesti per i suoi spettacoli teatrali; lei ne fu così entusiasta che stipulò con lui un contratto di 6 anni , manifesti come La Gismonda, La Dame aux Camèlias (1896), Lorenzaccio (1896), La Samaritaine (1897), Mèdèe (1898), Hamlet (1899) e Tosca (1899) furono e sono famosissimi.
La sua arte è ormai popolarissima, chiunque poteva ammirarla, era per strada e non rinchiusa nei musei quindi solo per un pubblico elitario, ebbe prestigiosi incarichi dalla Nestlé, Moët & Chandon, JOB, la Ruinart, la Perfecta e la Waverley.
Lavora al “Pater” un volume illustrato di ordine religioso, le sette fasi della preghiera lodato dalla critica Mucha riceve una commissione dal governo Austro-Ungarico: la decorazione del padiglione della Bosnia ed Erzegovina per l’Esposizione Universale, l’orafo e orefice, Georges Fouquet affidò all’artista la decorazione interna ed esterna del suo rinomato negozio a Parigi.
L’Art Nuveau aveva uno dei suoi massimi esponenti, uno stile nuovo, inconfondibile, indimenticato ed eterno.
Nel 1904 Mucha realizza un sogno, andare a New York in cerca di nuovi stimoli e dove fu accolto come una celebrità mondiale grazie alla eccezionale tournée di Sarah Berhardt che lo aveva preceduto, ci tornerà con sua moglie Maria Chytilova sposata a Praga nel 1906 altre 4 volte e qui a New York nasce la prima figlia della coppia: Jaroslava!
Lavorò come ritrattista e fu molto ricercato, inizia un ciclo di dipinti patriottici : la cosiddetta Epopea Slava, ebbe anche aiuti finanziari del ricco imprenditore americano Charles Richard Crane, il ciclo comprendeva 20 dipinti che raccontavano le vicende storiche dei popoli slavi, donate poi alla città di Praga nel 1928 per celebrare il decimo anniversario della proclamazione della repubblica Cecoslovacca. Insegnò a New York, Chicago, Philadelphia e decorò gli interni del nuovo German Theater, con simboli ed allegorie, il teatro ebbe vita breve, fu convertito in cinema e demolito nel 1929…che perdita!
Ormai settantenne e preoccupato dal serpeggiare del nazismo in Germania il 15 marzo avvenne la tanto temuta occupazione nazista e Mucha fu arrestato ed interrogato dalla Gestapo.
Il 14 luglio 1939 Alfonse Mucha morì a Praga stroncato da una infezione polmonare, il funerale ebbe una grande partecipazione popolare e la sua salma fu deposta nel cimitero di Vyšehrad, dov’è tuttora sepolto.
Cosa rende Mucha così affascinante? Le sue donne così seducenti e distaccate che raramente guardano lo spettatore, sensuali e angeliche, i simbolismi derivanti dalla natura, dalla geometria resa fluida, dai colori mai strillati, oggi diremmo “soft” pastello e accostamenti sempre armoniosi, i fiori i tessuti e i capelli morbidi e fluttuanti, che danno movimento nonostante la staticità dell’opera!
Un dovuto ringraziamento all’artista e al palazzo Pallavicini che propone sempre mostre interessanti, coinvolgenti, ricche di pathos e soprattutto curate con grande perizia e professionalità, qui l’emozione è di casa.