di Raffaele Pisani
Nel 1921 – come mi raccontava E.A. Mario – fu stabilito dal Governo italiano che la salma non identificata di un caduto in combattimento durante l’ultima guerra avesse una degna sepoltura nell’Altare della Patria in Roma, come simbolo rappresentativo di tutti coloro che avevano sacrificato la loro vita per l’Italia e che la morte aveva reso irriconoscibili mucchi di ossa senza nome. Da uno dei tanti raccoglitori conservati nella libreria del suo studio, “nonno Mario” estraeva una cartella piena di articoli e foto varie di quel particolare evento che commosse l’intera Nazione. Me li mostrava e mi raccontava i toccanti momenti di quella straordinaria giornata che ancora lo commuovevano – e mi commuovevano – coinvolgendomi ed emozionandomi fortemente. In quella tomba posta al centro del Vittoriano ogni mamma ed ogni papà potevano finalmente pregare e onorare la memoria del proprio figlio soldato, caduto per la Patria e, purtroppo, rimasto sconosciuto. Quella tomba e quella salma erano il simbolo che avrebbe dato vita eterna a tutti inostri soldati morti e mai identificati.
Dalle disposizioni impartite al riguardo era scritto: “Il treno speciale che dovrà trasportare a Roma il “Milite ignoto” partirà da Aquileia alle ore 8 la mattina del 1 novembre e fermerà a tutte le stazioni. Vietati i discorsi. Sarà osservato un religioso silenzio. Ove intervenissero musiche, queste non potranno suonare che “La Leggenda del Piave” al momento della partenza del convoglio”. Era orgoglioso il mio amatissimo Maestro della sua “Leggenda del Piave”, e ne aveva ben donde, è stata l’ode e la melodia che lo hanno reso immortale. E non aveva assolutamente importanza per lui che il suo Inno non gli avesse dato alcun riscontro economico in quanto, come Inno, diventava proprietà dello Stato e non veniva riconosciuto alcun diritto all’autore. Né in quei meravigliosi anni – dal 1953 al 1961 (morì il 24 giugno 1961) – trascorsi quasi tutti come “nipote acquisito” nella sua casa in affitto al Viale Elena 30 (oggi Viale Gramsci), ho mai sentito una sola parola di rancore o di rammarico per questo torto subito ma che non aveva assolutamente intaccato la nobiltà del suo animo. Torniamo al “Milite ignoto”. Non era un treno quello partito da Aquileia, ma il carro della gloria, ricoperto di fiori, che si fermava a tutte le stazioni ove l’intera popolazione attendeva in silenzio… e se non c’era la banda che suonava c’erano i bambini delle scuole che la cantavano sommessamente tra uno sventolio di tricolori. Il treno giunse a Portonaccio – una stazioncina romana – alle 21,45 del giorno 3, piovigginava. Appena il convoglio si fermò, s’udì la “Leggenda del Piave” risuonare sottovoce e tutte le persone che avevano atteso l’arrivo del feretro si inginocchiarono, e tutti avevano gli occhi pieni di lacrime.
La mattina seguente, sull’Altare della Patria, presenti il Re e tutte le autorità, oltre alla folla che si pigiava nella grande Piazza Venezia, al momento della tumulazione del Soldato ignoto, la Banda dei Carabinieri intonò solennemente “La leggenda del Piave”.