Una ricerca pubblicata su Nature Communications e condotta presso i laboratori del Cnr Nanotec di Lecce ha analizzato cosa accade quando un impulso laser entra in una microcavità ottica, creando un’accumulazione di fotoni e particelle, cioè di luce e materia, concentrata in un punto centrale, simile all’effetto di una goccia gettata in una superficie d’acqua. Diverse le possibili, future applicazioni nei settori laser, display, elaboratori ottici e memorie
Un impulso laser è come una goccia di luce colorata che nel vuoto si propaga indisturbata. Quando invece una goccia di fotoni entra in una microcavità ottica progettata per intrappolarla e farla risuonare con le vibrazioni di un sottile semiconduttore, si origina all’istante una miscela fluida di luce e materia, che ha la velocità dei fotoni e le interazioni degli elettroni, e che, in parte, reagisce come i liquidi a noi più familiari, mentre per altri versi si comporta seguendo le leggi della fisica quantica. Tale risposta è stata oggetto di un lavoro pubblicato sulla rivista internazionale Nature Communications, i cui risultati sperimentali sono stati ottenuti presso i laboratori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr Nanotec) di Lecce.
“Tra le affascinanti proprietà dei fluidi di luce interagenti con la materia, formati da particelle chiamate polaritoni, ci sono i velocissimi tempi di risposta e le forti interazioni non-lineari che rendono anche possibile la loro condensazione in una singola onda collettiva in cui le particelle vibrano tutte all’unisono”, spiega Lorenzo Dominici, ricercatore di Cnr Nanotec che ha condotto l’esperimento. “Abbiamo assistito a un fenomeno esotico ed inatteso: la spettacolare accumulazione di queste particelle in un punto centrale, molto più denso e sottile della goccia iniziale creata dall’impulso laser. La cosa è strana poiché, normalmente, i polaritoni sono soggetti a repulsioni interne che dovrebbero tendere a farli espandere rispetto al punto in cui sono stati generati”. Daniele Sanvitto, che coordina il team sperimentale del Cnr Nanotec leccese, aggiunge che “quanto si osserva è sorprendentemente simile allo zampillo che si crea quando una goccia o un sassolino viene gettato in una superficie d’acqua, da cui differisce poiché tutto avviene in millesimi di millimetro e in millesimi di miliardesimo di secondo, coinvolgendo un superfluido quantico, cioè una miscela di luce ed elettroni”.
L’estrema localizzazione ed intensificazione del campo polaritonico, spiegano i ricercatori di Lecce, è molto interessante dal punto di vista applicativo. “Esempi in tal senso potrebbero esprimersi in nuovi tipi di laser, oppure nell’utilizzo come pixel luminosi submicrometrici implementati in display ad elevata risoluzione. I tempi di risposta ultraveloci rendono i fluidi polaritonici di luce e materia attraenti anche per le applicazioni nelle memorie od elaboratori ottici”, conclude Daniele Sanvitto. Lo studio a livello teorico si è avvalso di collaborazioni internazionali di Cnr-Spin di Tor Vergata, Università autonoma di Madrid, San Pietroburgo e Southampton in Gran Bretagna, Istituto di fisica dell’Accademia di scienze Polacca.