Di Federico Scatamburlo e Salvatore Margarone
Gremito, come ci aspettavamo, l’anfiteatro lirico più famoso al mondo per la prima recita della Turandot di G. Puccini, all’Arena di Verona, lo scorso 23 luglio.
Una scenografia grandiosa e particolarmente dettagliata, arricchita anche dai bellissimi costumi di Emi Wada, tanto da far addirittura scaturire uno spontaneo e ben meritato applauso nel momento in cui il palazzo reale si è rivelato all’uditorio, in un magnificente fulgore dorato che ha riempito di colpo tutto l’enorme palco del teatro.
Come sappiamo la storia si svolge in Cina, in un mitico “tempo delle favole“, dove lo spirito di un’antenata violentata e uccisa alberga nell’animo della bellissima e solitaria quanto spietata principessa Turandot. Questo il motivo dell’orrore di Turandot per gli uomini, tuttavia il popolo di Pechino e l’Imperatore suo padre (Altoum) fanno pressione affinché ella si sposi. L’algida erede al trono suo malgrado accetta di sposare un giovane nobile, ma solamente colui che sarà in grado di sciogliere tre enigmi da lei proposti: se fallirà morirà.
L’opera si apre pertanto con l’ennesima testa che cade, quella del giovane Principe di Persia, al cui crudele destino assiste, mescolato tra la folla anche Calaf, principe tartaro spodestato. In mezzo alla gente ritrova anche il vecchio padre (Timur), ormai cieco, e la fedele schiava Liù (da tempo segretamente innamorata di Calaf). Entrambi tenteranno inutilmente di fargli cambiare idea quando si innamorerà pazzamente della crudele principessa.
Calaf pertanto si ritrova volutamente faccia a faccia con la “bella principessa di ghiaccio” e riesce a risolvere tutti e tre gli enigmi. Turandot è ovviamente disperata ma Calaf le propone a sua volta un enigma: se prima dell’alba la Principessa riuscirà a scoprire il suo vero nome, egli morirà, al contrario diventerà suo sposo. Quella notte tutti dovranno rimanere svegli in attesa dell’evento (Nessun Dorma).
Turandot tenta di estorcere la soluzione a Timur e Liù, ma entrambi taceranno, e Liù, sentendo di non poter resistere alle torture a cui la stanno sottoponendo, si ucciderà. La sua morte lascerà tutti sconvolti e per questo sarà lo stesso Calaf che porterà la Principessa a intuire la soluzione dell’enigma, ma solo dopo essere riuscito a darle un bacio appassionato.
Questo sconvolgerà nell’intimo Turandot, la quale andrà con Calaf davanti all’imperatore suo padre ed al popolo, annunciando trionfante di aver finalmente risolto l’enigma: il nome dello straniero è “Amor”.
La musica particolare della Turandot affascina sempre con le sue sonorità orientaleggianti mescolate dalla sapiente mano pucciniana, e L’Orchestra dell’Arena di Verona, diretta da Andrea Battistoni, ha sostenuto bene l’intera opera, regalando più di qualche momento musicale di eccelsa fattura tanto da meritarsi più di un’ovazione da parte del pubblico. Un’esecuzione tuttavia evidentemente “frenata” e volutamente contenutissima nei volumi, perché purtroppo tutte le voci scelte per questo cast sono risultate piccolissime rispetto alla grandiosità dell’opera e del teatro.
Unico interprete veramente degno di nota in questa serata è stato Federico Longhi, nei panni di Ping, il quale, con la sua profonda voce baritonale, rotonda e puntata, (unica veramente udibile in tutto il teatro) ed insieme ad una perfetta e divertentissima interpretazione del ruolo, ha affascinato la platea che lo ha omaggiato di applausi scroscianti.
Un plauso lo dobbiamo comunque anche a Turandot, interpretata dal soprano Oksana Dyka, che ha dato tutta se stessa nella parte più complessa e difficile di quest’opera, e che ha saputo rendere in maniera egregia il personaggio.
Carlo Ventre ha indossato i panni di Calaf, in una interpretazione senza lode e senza infamia. Dobbiamo sottolineare come la voce di Ventre non è più quella di una volta: manca di squillo e con evidente sforzo nell’emissione, tanto che nell’aria “Nessun Dorma” ha mancato di quel fascino fantastico e sognatore per cui l’aria stessa è famosa.
Ottima come sempre invece la regia di Zeffirelli: concertazione molto precisa ed avvincente per le numerose comparse, i ballerini e per il bravissimo coro diretto dal M° Vito Lombardi.
Una Turandot dunque piuttosto deludente dal punto di vista vocale, ma che nell’insieme ci ha fatto sognare comunque.
Ultimo titolo in cartellone è “Il Trovatore” di G. Verdi: in verità non ci aspettiamo grandi meraviglie perchè la parte di Leonora sarà affidata in primo cast al soprano cinese Hui He, che abbiamo avuto modo di sentire a Parigi nello stesso ruolo e nel quale era stata decisamente poco convincente, ma confidiamo nel fatto che sia stato un episodio isolato. Ci auguriamo invece caldamente che sarà il riscatto per una stagione un po’ in sordina che sta soffrendo delle problematiche che da un po’ di tempo affliggono la Fondazione Arena di Verona. Ai posteri l’ardua sentenza.
foto © Ennevi
Dal 23 luglio, per cinque rappresentazioni.
TURANDOT
Dramma lirico
Giacomo Puccini
in 3 atti e 5 quadri, su libretto di
Giuseppe Adami e Renato Simoni
Direttore Andrea Battistoni
Regia e scene Franco Zeffirelli
Costumi Emi Wada
Movimenti coreografici Maria Grazia Garofoli
Lighting designer Paolo Mazzon
Coro di Voci bianche A. d’A.MUS. diretto da Marco Tonini
Maestro del Coro Vito Lombardi
Coordinatore del Corpo di ballo Gaetano Petrosino
Direttore allestimenti scenici Giuseppe De Filippi Venezia
Orchestra, Coro, Corpo di Ballo e Tecnici dell’Arena di Verona
Cast
Turandot Oksana Dyka (23, 27/7 – 19, 25/8) Tiziana Caruso (12/8)
Imperatore Altoum Cristiano Olivieri
Timur Carlo Cigni
Calaf Carlo Ventre (23, 27/07 – 19, 25/8) Dario Di Vietri (12/8)
Liù Elena Rossi (23, 27/7 – 12/8) Donata D’Annunzio Lombardi (19, 25/8)
Ping Federico Longhi (23, 27/7 – 12/8) Marcello Rosiello (19, 25/8)
Pong Francesco Pittari
Pang Giorgio Trucco
Mandarino Paolo Battaglia
Il Principe di Persia Michele Salaorni