Sono nato nel 1940, la scuola di allora era così: bastava una pur minima disubbidienza o la più innocente trasgressione ed erano bacchettate sulle mani, ceci e granone sotto le ginocchia quando ti punivano, ceffoni e addirittura qualche giorno di sospensione… e non finiva qui! A casa, poi, c’era la dose degli schiaffi di papà che non ti chiedeva neppure il motivo del castigo… e a quei tempi non esisteva né telefono azzurro né rosa. Lo dico senza mezzi termini, in massima parte era una scuola punitiva. E’ doveroso però sottolineare che tale severità scaturiva da una metodica educativa abbastanza rigida che imponeva l’osservanza delle regole e il rispetto totale per gli insegnanti. Per gli studenti di oggi la scuola è sicuramente molto più permissiva e secondo me quelli della mia generazione e di quelle immediatamente successive non hanno saputo gestire i mutamenti inevitabili che si sono creati man mano nel rapporto genitori/figli. Personalmente, riflettendo sui vari eventi della mia vita, penso che probabilmente i miei figli li ho più temuti che amati, per il timore di perdere il loro affetto me lo sono “comprato” e – anche quando ci voleva – non ho mai punito né dato ceffoni. Di sicuro non sono stato un buon educatore, l’unica attenuante è che nel mio animo ancora sono aperte le piaghe di quei ceffoni e punizioni, subite spesso ingiustamente! Oggi sono ben note le cronache che spesso riportano notizie di insulti e addirittura di violenze fisiche nei confronti dei docenti da parte di genitori che a loro modo “vendicano” i figli rimproverati e puniti. Adesso si parla di vietare il telefonino in classe e c’è chi ha qualcosa da ridire. Secondo me i professori hanno tutto il diritto di esigere la totale attenzione degli studenti e, poiché il telefonino può costituire un elemento di distrazione, ritengo che sia giusto proibirne l’uso in classe. Perlomeno in classe!
Raffaele Pisani
