Immediatamente dopo lo straordinario successo della messa in scena de “Les Troyens”, monumentale capolavoro di Hector Berlioz, alDeutsche Oper Berlin di Berlino, in cui Roberto Alagna si era dimostrato uno splendido Enée, doppia recita prevista, sempre per Alagna, per questa Carmen berlinese, di cui la prima è andata in scena il 10 aprile 2014.
Uno spettacolo di qualità, nel quale spiccavano, equamente spartendosi scena e gloria, i due protagonisti, il grande tenore nei panni di Don José, e Beatrice Uria-Monzon in quelli di Carmen.
I due artisti avevano rivestito i rispettivi ruoli in altre occasioni: due partners collaudati, allora, innanzitutto, ma soprattutto “complici”: coordinati alla perfezione, sia nel canto che nell’azione scenica. L’emozione che ne scaturiva era decisamente unica: la loro interpretazione dell’Opera di Bizet ha avuto del magico. Entrambi erano talmente “presenti” e “dentro” i rispettivi personaggi che l’emozione era palpabile. Il finale è stato da manuale, anche perché, in tutto lo svolgersi dell’Opera, lo snodarsi spesso concitato dell’azione non ha minimamente intaccato la correttezza della prestazione vocale dei due artisti.
Béatrice Uria-Monzon si è dimostrata Carmen flessuosa ed elegante, vocalmente e scenicamente mai volgare, dolente, più sofferente e meno sfrontata rispetto ad altrui interpretazioni del personaggio, perfettamente rispondente ai canoni vocali voluti da Bizet e nello stesso tempo personalissima e di grande spessore interpretativo.
Voce in gran forma, Roberto Alagna, si è calato come sempre a capofitto nel ruolo che, a suo dire, preferisce: espressione, uso della tecnica, dizione e fraseggio perf
etti, vocalmente sempre splendido negli acuti e nei coloriti, anche in questo personaggio, in cui è davvero grandissimo. Le sue sfumature interpretative e sceniche, oltre che vocali, poi, erano incessanti e di grande espressività.
Il celebre tenore ha dato vita ad un Don José vulnerabile e combattuto, ma allo stesso tempo violento, cosa che spesso non viene sottolineata: chi è capace di uccidere, come avviene nel finale di quest’Opera, deve avere un’indole portata a farlo e ciò si deve leggere obbligatoriamente in tutto il suo comportamento nello snodarsi dell’azione, fin dall’inizio, fin da quando Carmen fa sì che questo lato nascosto del suo carattere venga fuori. E con il grande Roberto, guidato dalla regia di Soren Schuhmacher, tale preogativa è venuta fuori con prepotenza, a tratti con una veemenza tanto opportuna e studiata quanto credibile e realistica, a cui si rispondeva da parte di Carmen con una naturalezza ed una verosimiglianza da far rabbrividire d’emozione…il che, visti, alcuni dati caratteriali che accomunano i personaggi, sia pure così diversi e lontani, di Don José e di Otello, ci lascia pregustare un’interpretazione superlativa del Moro verdiano da parte del celebre artista siculo-francese,
Una nota di merito, fra gli interpreti tutti corretti ed apprezzabili insieme al Coro del DOB, alla deliziosa Elena Tsallagova, giovane Micaela, talentuosa interprete a cui l’esperienza futura donerà certamente maggiore spessore interpretativo, soprattutto esaltando le caratteristiche di dolcezza del personaggio.prevista alle Chorégie d’Orange per l’agosto prossimo. Attendiamo con ansia.
Grande successo di pubblico, applausi scroscianti d’emozione, in particolare alla prima uscita dei due protagonisti, ancora visibilmente commossi ed immedesimati.
Su tutti l’ottima direzione del Maestro Giuseppe Finzi, che, alla guida dell’Orchestra del DOB, ha tenuto in pugno un’Opera lunga e difficile, che per le sue caratteristiche può tendere pericolosamente a sfaldarsi o a diventare chiassosa, a discapito soprattutto della qualità del timbro e del colore orchestrali, che invece si sono dimostrati assolutamente adeguati.