Il Signore penetra con la poesia il cuore del boss e lo redime. Succede. E’ successo! Perciò deve esistere un poco di pietà cristiana anche per i condannati all’ergastolo. In questi ultimi tempi ho letto vari articoli sulle condizioni di Raffaele Cutolo, ex capo della Nuova Camorra Organizzata, detenuto in regime di 41 bis presso il penitenziario di Parma, che peggiorano di giorno in giorno sempre di più. Cutolo starebbe lentamente morendo senza ricevere la visita dei familiari da oltre sei mesi perché le ristrettezze economiche della consorte (come riporta appunto il Giornale d’inchiesta Stilo24) non le permetterebbero di recarsi a Parma. Premetto che io e Cutolo non ci siamo mai conosciuti personalmente, ma abbiamo avuto rapporti epistolari grazie al reciproco amore che ci lega alla poesia, a Napoli, alla parola di Dio. Tutto è iniziato quando nel 1990 ricevetti un suo libro di poesie. Da allora è seguita per anni una interessante corrispondenza riguardante soprattutto i suoi scritti poetici e il suo iniziale cammino per ritrovare la via del bene. L’aiuto veramente importante Cutolo lo ha avuto dall’amore per la sua Immacolata e dalla paterna benevolenza dell’allora vescovo di Caserta, Mons. Raffaele Nogaro, che nei vari incontri spirituali riuscì a fargli trovare la strada giusta che nel tempo gli ha permesso di riscattarsi e di riavvicinarsi a Dio. A questi “nuovi amori” ha dedicato la parte migliore di sé. Cominciò a leggere e a studiare i grandi poeti e gli scrittori più noti, avvertendo sempre di più il desiderio di riscattarsi e di rinascere a nuova vita. Cutolo è ancora in carcere, però è un “uomo libero” nel cuore e nel pensiero. Colui che era il capo della camorra oggi è uno sposo innamorato e padre – a metà, purtroppo! – della piccola Denise (concepita attraverso l’inseminazione concessa alla coppia dal Ministero della Giustizia). Raffaele Cutolo sogna solo di stare un po’ di tempo in più con le due meravigliose donne della sua vita, donne che all’uomo rude d’un tempo hanno permesso di diventare poeta e spalancare il suo cuore alla dolcezza. L’uomo che aveva un esercito di migliaia di giovani pronti a tutto, ora incita i ragazzi a non credere nei falsi profeti della malavita e del facile guadagno, e dice loro di studiare, di lavorare, di guardare alla vita con propositi di giustizia e di legalità, di comprensione e di altruismo. Il capo che aveva in pugno il destino di tanti uomini, oggi è un timorato di Dio, è una persona che ha sinceramente chiesto perdono, che sta pagando con dignità un passato che ormai non gli appartiene più. Tendere una mano pietosa a quest’uomo per lo Stato non sarebbe un atto di debolezza ma una dimostrazione che la Giustizia crede alla “detenzione educativa” e alla rivalutazione morale dei detenuti. Immacolata Jacone ha lanciato un appello in cui chiede che suo marito Raffaele, gravemente malato, possa godere di qualche permesso che gli dia la possibilità di trascorrere qualche ora in più con la sua piccola Denise. Ed io prego, e mi appello soprattutto alla pietà cristiana, affinché ciò possa avvenire. Grazie.