Thursday, March 20, 2025

Quando digerire richiede tempo

Articolo di Rita Bugliosi

All’origine della digestione lenta, che provoca diversi fastidi – dal bruciore di stomaco alla nausea, dai crampi addominali alla diarrea – possono esserci varie cause. Con Roberto Volpe, ricercatore dell’Unità prevenzione e protezione del Cnr, abbiamo visto gli esami medici da effettuare per individuare da cosa è provocata e le cure e i comportamenti da seguire per eliminarla

Noi umani, come tutti gli esseri viventi, abbiamo bisogno di nutrirci, per ricavare dagli alimenti le sostanze necessarie alla vita: il cibo è infatti ciò che ci fornisce l’energia e i costituenti che ci consentono di svolgere le normali attività quotidiane, senza di esso ci mancherebbe la benzina per andare avanti e sopravvivere. Una volta introdotto il cibo nell’organismo, inizia la digestione, ossia il processo fisiologico che consente al nostro corpo di assimilare tutti i nutrienti assunti con l’alimentazione. Alcune persone lamentano però una digestione lenta, che provoca loro una sensazione di pesantezza e spesso anche gonfiore della pancia. Per contrastarla ed eliminare il problema è importante innanzitutto conoscere meglio questo disturbo.

“La digestione lenta, la cosiddetta dispepsia – dal greco dys, difficile, e pepsis digestione – è segno di una digestione difficile; i suoi sintomi tipici sono, in varia associazione, il bruciore di stomaco (la cosiddetta pirosi gastrica), l’acidità, la sensazione di nausea, il vomito, il meteorismo (gonfiore addominale per la presenza di molto gas a livello intestinale), i crampi addominali, la diarrea o la stitichezza, le feci molli o mal formate”, spiega Roberto Volpe dell’Unità prevenzione e protezione (Upp) del Cnr.

Importante è anche sapere quali possono essere le cause che la determinano. “La digestione lenta può essere dovuta a un’alimentazione ricca in grassi e calorie oppure a un pasto consumato velocemente, di fretta”, precisa il ricercatore.

In alcuni casi, però, alla base ci sono disturbi come, per esempio, le semplici ma fastidiose intolleranze e allergie alimentari o altri tipi di patologie gastrointestinali, come evidenzia l’esperto del Cnr: “All’origine di questo problema possono esserci malattie varie: un’infiammazione dell’esofago; il reflusso gastroesofageo, che si manifesta con risalita del contenuto gastrico dallo stomaco all’esofago e con risalita, oltre che del cibo, di succhi gastrici particolarmente acidi; la gastrite, un’infiammazione dello stomaco che provoca dolore, crampi, bruciore alla bocca dello stomaco, nausea; l’infezione da Helicobacter pylori, un batterio che può colonizzare la mucosa gastrica e può provocare gastrite e ulcere; l’ulcera gastrica o duodenale, con l’erosione più o meno profonda del rivestimento interno dello stomaco; i calcoli della colecisti, piccoli sassolini che si formano nella cistifellea per un eccesso di sali o di colesterolo nella bile; le malattie del pancreas, con carenza di enzimi digestivi necessari per l’assorbimento di grassi, carboidrati e proteine, ma anche i tumori gastrointestinali”.

Ci sono però anche cause differenti che possono rallentare la digestione.  “A incidere sulla digestione possono contribuire anche il fumo, l’alcool, gli stati di ansia, lo stress e l’uso (e abuso) di medicinali antinfiammatori-antidolorifici, a partire dall’aspirina, poiché determinano un’ipersecrezione di acido cloridrico e/o una lesione gastroduodenale. Nelle donne, poi, anche la gravidanza, con l’aumento della pressione addominale e il sollevamento del diaframma può causare una dispepsia”, aggiunge Volpe.

Viste le molteplici situazioni che possono essere alla base della digestione lenta, per fare una diagnosi attendibile sono necessari diversi approcci. “È utile la compilazione di un diario alimentare per capire le abitudini e i disturbi in concomitanza con l’assunzione di determinati alimenti, o con specifici stati d’animo, e la loro durata. Invece, dal punto di vista delle indagini mediche da effettuare, è indispensabile eseguire esami di laboratorio con analisi del sangue per valutare la funzionalità epatica, biliare e pancreatica (ad esempio, transaminasi, bilirubina, fosfatasi alcalina, gamma-GT, amilasi e lipasi pancreatica),  analisi delle feci, test per l’infezione da Helicobacter pylori e quelli strumentali, dalla meno invasiva ecografia addominale alle più complesse esofagogastroduodenoscopia, retto-colonscopia convenzionale o con videocapsula, tomografia computerizzata, risonanza magnetica nucleare”, consiglia il ricercatore del Cnr-Upp.

Per risolvere il problema occorre comunque intervenire in maniera ampia e diversificata. “Trattandosi di digestione, è chiaro che la prima cosa da fare è agire sull’alimentazione, che deve essere sana e leggera. Va quindi ridotta la quantità di cibo a ogni pasto e la dieta deve essere composta da pranzi e cene leggeri, con spuntini più frequenti; va diminuita anche l’assunzione di cibi grassi e fritti, di olio e di condimenti speziati o piccanti, di acque e bibite gasate, di alcol, di caffè”, consiglia Volpe. “Importante è anche masticare bene e consumare i pasti lentamente, non cenare troppo tardi e non mettersi a letto subito dopo aver terminato di cenare. A tal proposito, dobbiamo evitare, in generale, di sdraiarci subito dopo i pasti: la posizione distesa non aiuta il deflusso del cibo e dei succhi acidi gastrici dallo stomaco verso l’intestino, ma anzi facilita il reflusso verso l’esofago. È, invece, consigliabile fare passeggiate dopo aver mangiato. Utile poi è non fumare”.

Anche assumere alcuni medicinali può aiutare a risolvere il problema. “Efficaci possono essere i farmaci cosiddetti procinetici che, promuovendo il deflusso del cibo verso l’intestino, alleviano i dolori e riducono la sensazione di pesantezza e gonfiore addominale. Anche le tisane a base di sostanze naturali come il finocchio e lo zenzero funzionano: stimolando fisiologicamente la secrezione gastrica, facilitano il processo digestivo e, quindi, lo svuotamento dello stomaco. E, a proposito di succo gastrico, quando è eccessivo, si può ricorrere ai sali antiacidi come il bicarbonato di sodio o di calcio o agli inibitori della secrezione acida. Questi ultimi, poi, possono essere assunti anche preventivamente ai cambi di stagione primaverile e autunnale”, conclude il medico del Cnr.

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Tiziano Thomas Dossena, Direttore Editoriale della rivista.

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