Iniziativa dell’Idea Publications, la casa editrice di New York, con il patrocinio del Comune, il 28 settembre, al Castello Angioino di Mola, la presentazione del volume intitolato Doña Flor, An Opera by Niccolò van Westerhout, scritto a quattro mani da Leonardo Campanile e Tiziano Dossena.
Doña Flor, dal titolo dell’omonima opera di van Westerhout, è un libro in italiano con traduzione inglese a fronte. Il volume narra la vita di Niccolò van Westerhout (1857 – 1898) e documenta i grandi interrogativi e le enormi preoccupazioni relative alla prima rappresentazione del suo capolavoro.
Arricchito dalla prefazione del maestro Vito Clemente, il volume contiene anche il testo originale del libretto, la biografia del librettista, Arturo Colautti (1851 – 1914) e l’albero genealogico della famiglia van Westerhout, dalla prima emigrazione in Puglia, nel 1600, sino alla nascita del compositore. Le pagine ripercorrono l’interessante storia della composizione dell’opera nel 1895 e offrono al lettore un saggio sulle caratteristiche musicali del dramma lirico ambientato a Venezia, un commento sul libretto, notizie sulla città (Mola di Bari) che ha dato i natali all’illustre compositore, e sul teatro a lui dedicato nel 1888 sull’omonima via, oltre a 24 illustrazioni in bianco e nero.
Le preziose note che corredano il testo permettono al lettore di ripercorrere gli eventi che hanno portato alla scoperta della tomba di van Westerhout e al ritorno definitivo dei suoi resti nella città natale. Su quest’ultimo aspetto soffermeremo l’attenzione più avanti.
Alla manifestazione sono intervenuti il Sindaco, Stefano Diperna e l’Assessore alla Cultura, Vito Carbonara, i quali, dopo i loro interventi di prammatica, sono andati via per partecipare ai lavori del Consiglio Comunale dove, come ha precisato il primo cittadino, erano all’ordine del giorno provvedimenti inderogabili.
L’evento ha visto la partecipazione di Silvana Mangione, venuta appositamente dagli Stati Uniti, il maestro Vito Clemente e Giulia Poli Di Santo. Moderatore della serata, Marino Marangelli. Buona l’affluenza di un pubblico prevalentemente di addetti ai lavori e comunque appassionato alle opere del nostro autorevole concittadino.
Veniamo alla cronaca della serata. Come già detto, il Sindaco e l’Assessore alla Cultura, subito dopo il loro intervento, si sono dileguati. A tal proposito una nota polemica è doverosa. La data del 28 settembre non solo era conosciuta con largo anticipo, ma addirittura era stata concordata tra gli organizzatori e l’Amministrazione comunale. Non solo. L’iniziativa si avvaleva del patrocinio del Comune di Mola. Non si comprende, quindi, come mai sia stata convocata la massima assise cittadina proprio in concomitanza con un evento culturale straordinario in omaggio a van Westerhout. Evidentemente per i nostri amministratori la cultura e tutto quanto ruota intorno a iniziative culturali e di ampio respiro interessa ben poco.
Marino Marangelli, anfitrione della serata, ha dato lettura di una lettera di saluto inviata da Leonardo Campanile, uno degli autori e Editor-in-Chief de L’Idea Magazine, non presente alla presentazione.
Giulia Poli Di Santo, molese verace che insegna inglese nelle scuole di Santeramo, ha esordito dichiarando che la statua della Doña Flor le ha consentito di conoscere van Westerhout, cogliendo l’occasione per fare un encomio a tutti coloro che si sono prodigati per la traslazione delle spoglie del musicista da Napoli a Mola. Ha evidenziato, inoltre, la passione degli autori nella realizzazione del volume che restituisce il compositore ai suoi concittadini con un’operazione di recupero sottolineando il fatto, non secondario, della traduzione inglese a fronte e l’opportunità di far conoscere van Westerhout nelle scuole, previo acquisto di alcune copie, per consentire ai ragazzi di apprendere più facilmente la lingua inglese.
Il maestro Vito Clemente, nel suo lungo e appassionato intervento, ha evidenziato che van Westerhout è stato un autore sfortunato ancorché molto bravo e apprezzato da Puccini, suo contemporaneo. Ha ricordato che l’editore Ricordi, all’epoca, non ha avuto il coraggio di puntare sul nostro musicista. Ha fatto riferimento a uno scherzo del destino che gli ha consentito di avere tra le mani la partitura di Ricordi, aggiungendo che l’originale riguardante il compositore molese non esiste. È sopravvissuto soltanto un manoscritto napoletano per materiale d’uso che riportava esattamente la partitura. Ha aggiunto, inoltre, entrando nei dettagli tecnici, che la rappresentazione a Mola, nel 1896, della Doña Flor (scritta appositamente per ringraziare il suo mecenate Vito De Stasi, N.d.R.) contava di 47 elementi mentre oggi ne servirebbero 65 e potrebbe essere rappresentata in dittico con la Cavalleria Rusticana. Clemente ha rimarcato più volte la bravura di van Westerhout, affermando che l’opera Doña Flor è perfetta sotto ogni profilo, non avendo richiesto alcun tipo d’intervento per la sua messa in scena. Su quest’ultimo punto non è stata d’accordo Nilla Pappadopoli, affermata pianista e maestro d’orchestra che, nel suo intervento, ha tenuto a precisare che van Westerhout era un conoscitore della base armonica e molto incline per la musica di tipo strumentale. Per Pappadopoli definire van Westerhout un operista è una forzatura. Sottolineando, invece, la sua bravura quale compositore che ha precorso i tempi. Ha concluso sottolineando che van Westerhout è stato un autore sfortunato che merita di essere annoverato tra i grandi.
Silvana Mangione, Vice Segretario Generale per i Paesi Anglofoni del CGIE, ha esordito dichiarando il suo più grande amore nei confronti degli italiani all’estero sottolineando le caratteristiche di ambizione e umiltà della casa editrice Idea Publications. Ha tenuto a precisare come esista un forte legame tra i molesi residenti a Mola e quelli al di là dell’Atlantico, anche se non c’è una conoscenza mutua delle due culture: quella italiana e quella americana. A questo punto ha voluto rileggere alcuni passaggi della sua introduzione al libro sottolineando: “Volevamo farci conoscere, far sapere chi siamo, quello che facciamo, ma non è stato ‘davvero’ possibile. Poi ho pensato, con altri, a Henry David Thoreau, che scrive”: ‘I libri sono la ricchezza più apprezzata del mondo e l’eredità più appropriata di generazioni e nazioni’. “Ho capito, con altri, che ha ragione Josè Martì, quando ammonisce”: ‘La conoscenza di diverse letterature ci libera dalla tirannia di poche‘. “Ho deciso, allora, con altri, che la nostra voce doveva essere quella della ‘cultura di ritorno’: tornare alla nostra patria d’origine portando la ricchezza della cultura prodotta da noi e ancora profumata d’Italia…”. Riferendosi, poi, all’opera di van Westerhout rappresentata in America, ha parlato di emigrazione di ritorno: da New York a Mola, in Italia (dove è prevista una nuova rappresentazione sulla falsariga di quella andata in scena in America). Auspicando un festival in onore di van Westerhout per l’anno prossimo, l’autorevole esponente del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, ha concluso testualmente: “Un musicista di alto valore nel campo musicale e purtroppo poco fortunato per essere stato contemporaneo di Puccini e bistrattato dall’editore Ricordi”.
Tra gli interventi del pubblico, oltre a quello di Pappadopoli già riportato, dobbiamo registrare, per dovere di cronaca, quello di Antonio Palumbo. Un intervento polemico il suo che, probabilmente trova le sue ragioni nel non essere stato inserito tra i relatori della serata. Infatti, Palumbo, dopo avere ripercorso gli eventi che lo portarono a scoprire il luogo dove riposavano le spoglie del maestro, ha rivendicato il merito di avere ritrovato la tomba (anzi il loculo), grazie al contributo di Anna Argentino (A. Palumbo, Città Nostra, n. 102, ottobre 2011, pag. 28). Su questo argomento possiamo assicurare Antonio Palumbo che ritorneremo sull’argomento dopo avere sentito la campana americana, appositamente chiamata in causa.
Palumbo ha avuto modo di aprire anche una sorta di contraddittorio con Silvana Mangione, circa l’esatta pronuncia del cognome van Westerhout, sostenendo che gli eredi del maestro, residenti a Gioia del Colle, pronunciano il dittongo “out” con “ut”; di conseguenza: “Westerhut”. Dal canto suo, la Mangione ha sostenuto che, sia la lingua fiamminga sia l’inglese pronunciano lo stesso dittongo del cognome “out”, come la parola anglosassone “fuori”, ovverosia con la “o” aperta e cioè: “aut”; quindi “Wester-aut”.
Auspichiamo, infine, che venga fatta chiarezza su tutto quanto attiene il ritrovamento delle spoglie del maestro e i conseguenti passi per la traslazione a Mola, riconoscendo giustamente i meriti e, soprattutto, distinguendo i vari ruoli interpretati da ognuno: da protagonisti o da comprimari.
Per concludere, è doveroso sottolineare quanto sostenuto da alcuni esperti di musica. Secondo costoro, fermo restando la grandezza di van Westerhout quale profondo conoscitore dell’armonia, come strumentista e direttore d’orchestra, non si può fare a meno di rilevare alcuni errori commessi dal maestro. Pur destreggiandosi egregiamente sul terreno operistico non ha considerato i gusti musicali e culturali della cultura popolare dell’epoca riconducibili al verismo. Per fare un esempio, la Doña Flor è un’opera anomala per la mancanza del coro in scena. Gli otto coristi, infatti, sono fuori dalla stessa. Ciò a dimostrare che van Westerhout aveva il culto dell’armonia e non dell’opera scenica. È appena il caso di rimarcare che, a tal proposito, avrebbe forse dovuto pensare a inserire nelle sue opere più arie cantabili per il pubblico affinché la sua divulgazione avesse una presa maggiore.
Bibliografia essenziale
Massimeo A., Niccolò Van Westerhout, Laterza, Bari, 1985;
Summa, M., Destati, o bruna. Doña Flor di Niccolò van Westerhout, Lodo Editore, Latiano 1998;
AA.VV. Un musicista crepuscolare: Niccolò Van Westerhout (1857-1898) (a cura di G. Ciliberti) Florestano, Bari, 2007. (Gli autori dei saggi sono in gran parte gli allievi della Scuola di didattica della musica del Conservatorio “N.Rota” di Monopoli);
Tateo F., Gli insonnii rivisitati. La musica nuova di Niccolò van Westerhout, con un capitolo di Michele Calabrese e una Postfazione di Francesco Tateo, Cacucci Editore, Bari, 2010;
Leonardo Campanile e Tiziano Thomas Dossena, Doña Flor, An opera by Niccolò van Westerhout, Idea Publications, New York, 2010.