Articolo di Natalia Di Bartolo
La polifonia è un’arte antica, profondamente radicata nella tradizione musicale. È un’arte difficile, ma soprattutto si pratica in gruppo, come il termine stesso palesa. Si tratta di canto e il canto non necessita, in tale espressione, sempre di un accompagnamento strumentale. Anzi, la polifonia a cappella è forse la più suggestiva ed evocative.
Dunque è un caso raro essere in grado di ascoltare una polifonia né cantata né accompagnata. Immaginiamo un coro di gente che parli ed emetta suoni in coordinazione. Molto interessante, come esperimento, certamente inusuale, ma che probabilmente si sia già sperimentato, se non altro in sede di studio.
Caso più unico che raro, invece, è ascoltare una polifonia prodotta da un solo individuo, che ha come mezzo espressivo soltanto la propia voce. È una gran prova e certamente anche il testo si deve prestare ad una performance del genere. Bene: quando voce e testo s’incontrano, scocca la scintilla e nasce la “recitazione polifonica” quale monologo.
Straordinario in questa particolarissima forma di recitazione sperimentale Simone Domenico Migliorini al teatro romano di Volterra per lo spettacolo “Pan…crazio” di Alma Daddario, andato in scena il 18 luglio 2016 nell’ambito del cartellone del XIV Festival internazionale del teatro romano della storica cittadina Toscana.
L’attore e regista volterrano si è prodotto in un’interpretazione decisamente virtuosistica. Una serata che si è dimostrata anche una gran Scuola di teatro, in una sorta di contrasto evocativo tra gli esperimenti vocali di Carmelo Bene e la naturalezza di Albertazzi, di cui il Migliorini è stato allievo.
Simone Migliorini ha dato voce al protagonista, ma anche ad altri personaggi che animano il testo della Daddario, frutto certamente di un momento di grazia drammaturgica e come plasmato sulle capacità dell’attore e regista toscano.
Tra la narrazione e l’introspezione, il monologo “Pan…crazio”, storia del Fauno Pan di mitologica, greca memoria, è stato preso come autorevole punto di partenza per irrompere nel profondo dell’animo umano. Il testo della Daddario è audace e scava senza pudore e senza filtri i lati più oscuri della mente. In tal modo ha consentito all’interprete di fare saltar fuori quella forza ancestrale fatta di pulsioni incontrollate, di sesso, di sanguigna violenza e di profondo dolore di vivere che tanto permea il suo concetto di arte ed espressione teatrale.
Simone Migliorini possiede un dono prezioso: quello dell’empatia col pubblico. Il suo incalzare nella recitazione, il delineare i personaggi diversi, gli stati d’animo di ciascuno, i momenti di oscura violenza del personaggio Pan, metafora del dolore di essere e di vivere dell’uomo e del “diverso”, così come i momenti di malinconia, la narrazione chiara, la modulazione dei mezzi fonatori d’alta scuola ne fanno uno degli interpreti di spicco del teatro italiano di oggi. Il pubblico presente appariva assorto, quasi ipnotizzato, la platea immersa in un silenzio irreale.
Una gran prova d’attore; la dimostrazione di come l’arte della recitazione, dell’afflato, del canto inteso come arte della vocalità parlata sia ancora viva e di quanto sia importante non lasciarla passare inosservata e darle seguito anche con una Scuola. Un auspicabile prosieguo di un’arte dell’emissione, della dizione, dell’espressione, della capacità d’immedesimazione, dell’autocontrollo dei mezzi fisici e psicologici e di presa sul pubblico.
Accompagnato in sottofondo dalle musiche originali di David Dainelli alla tastiera, in un mix assai pregevole con Eric Satie, dal violino di Angela Zapolla e dalla danza di Carlotta Bruni, che ha volteggiato sia sulla voce dell’attore che sulla musica, lo spettacolo Pan…crazio, con il suo interprete d’eccezione dalla vocalità scolpita nel marmo a tutto tondo, dimostra come la produzione di un Festival così prestigioso, sia pure con un budget assai limitato, possa essere realizzata appieno avvalendosi esclusivamente della qualità artistica dei singoli interpreti, in un periodo, come questo, di grande dispendio di denaro ed energie in costumi e scenografie che mascherano l’assenza di idee e di talenti.