Quando si prova attrazione per un’altra persona si fa di tutto per farsi notare da essa. Lo stesso fanno anche molte specie marine – dal cavalluccio marino ai delfini dalla pinna gibbosa, dal calamaro lucciola alla rana pescatrice degli abissi- come ci racconta Ester Cecere, già ricercatrice dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr, che illustra le diverse tattiche messe in atto da ciascuna di queste
Nell’immaginario collettivo, la parola attrazione evoca generalmente il richiamo verso una persona di sesso opposto, quella pulsione irrefrenabile che è alla base della perpetuazione di ogni specie. Ogni essere vivente, che provi attrazione verso un altro, cercherà di farsi notare da esso, di mettersi in mostra, in modi a volte strani e bizzarri, per attrarre la sua attenzione. Questo è maggiormente vero, per molte specie animali, nel periodo della riproduzione.
E parlando di specie animali marine, la prima che ci viene in mente è il cavalluccio marino, il quale, per farsi notare, mette in atto un rituale di corteggiamento che è una vera e propria danza della durata anche di otto ore. Romanticamente, diremmo noi umani, i partner intrecciano le code, avvicinano i musi (come se si stessero baciando), si allontanano, nuotano in cerchio e si riavvicinano per riprendere le loro effusioni. Anche il colore del loro corpo cambia, diventando più intenso.
Infatti, una delle tattiche attrattive messa in atto da moltissime specie anche terrestri, è proprio il cambio della livrea, che tende ad assumere colori insolitamente accesi. È questo il caso dello spinarello, pesce generalmente fluviale, ma che vive anche nei mari a bassa salinità come il Mar Baltico e il Mar Nero. Il maschio, nel periodo degli amori, ha una livrea con ventre e gola colorati di un rosso acceso; esso invita la femmina a entrare nel nido che ha preparato sul fondo con erbe acquatiche, ricorrendo a una tipica danza a zig-zag in tre tempi: si dirige verso la femmina, poi si ferma, poi si dirige verso il nido e introduce ripetutamente il capo nella sua apertura. La femmina di passaggio, attratta dai colori sgargianti del maschio e da esso guidata verso il nido, vi entra e, stimolata, depone le uova.

I maschi di alcuni mammiferi marini per attrarre le femmine offrono loro dei doni. Lo fanno i delfini dalla pinna gibbosa, presenti soprattutto nei mari dell’Oceania. I ricercatori della University of Western Australia hanno notato che i maschi “offrono” alle femmine, per la verità con poca grazia, spugne marine da loro raccolte, che lanciano con il muso verso le corteggiate. Ma non finisce qui, perché la consegna del dono nuziale è accompagnata da serenate, descritte dai ricercatori come simili a suoni di trombetta.
Attrarre il partner in un luogo completamente oscuro come quello degli abissi marini (da -1000 a-6000 metri di profondità) è una sfida non da poco. Non resta che emettere luce, magari a intermittenza. Una sorta di alfabeto morse degli abissi. Vengono in aiuto di queste specie i fotofori, organi capaci di produrre luce tramite una reazione in cui l’energia chimica viene convertita in energia luminosa, dando così luogo alla bioluminescenza. È il caso del “firefly squid”, detto anche “calamaro lucciola”, un piccolo calamaro, lungo poco più di 7 cm, che vive nell’Oceano Pacifico occidentale, attorno al Giappone, il quale usa i fotofori per comunicare con i suoi simili e attrarre il partner. Nella baia di Toyama, i suoi caratteristici spettacoli di luci sono un’attrazione molto popolare durante la stagione della deposizione delle uova.
Ma in questo ambiente ostile, dominato dall’assoluta oscurità, la luce serve anche per nutrirsi.
Lo “squalo tagliatore”, detto anche “squalo sigaro” o “squalo stampo da biscotti”, di colore marrone scuro e solitamente lungo poco più di 50 cm, ha il ventre ricoperto di fotofori, ma attorno alla gola e alle fessure branchiali è presente un “collare” scuro, che funge da esca poiché imita la silhouette di un piccolo pesce, mentre il resto del corpo sembra scomparire nel bagliore prodotto dai fotofori ventrali. Quando un possibile predatore si avvicina al collare, lo squalo si attacca a esso utilizzando le labbra a ventosa e la faringe specializzata e stacca rapidamente un pezzo di carne con i denti inferiori, simili a una sega a nastro. Il nome “squalo stampo da biscotti” si riferisce alle cicatrici perfettamente rotonde, simili appunto alle forme di uno stampo da biscotti, lasciate sul corpo degli animali di maggiori dimensioni. Queste cicatrici sono state trovate su una vasta varietà di mammiferi marini e di pesci, cavi sottomarini e perfino su alcuni esseri umani. Lo squalo tagliatore inghiotte intere solo prede molto piccole. Questa strategia di predazione consente allo squalo di conservare energia attirando la preda a sé anziché cacciarla attivamente
Stessa tecnica usa la “rana pescatrice degli abissi”, un pesce dall’aspetto spaventoso, con una testa enorme, che può costituire il 30% del corpo, e una grande bocca dai denti affilati che gli permette di ingoiare prede anche due volte le sue dimensioni. È caratterizzata dalla presenza di un’esca bioluminescente, una sorta di antenna luminosa detta “illicio”, posta sulla testa. Questo formidabile predatore si acquatta sul fondo con la bocca spalancata e agita la sua esca bioluminescente. L’ignara preda, che non vede il suo corpo, è attirata dalla luce, si avvicina e finisce nelle sue fauci. Un’attrazione fatale, diremmo.