Metro, chilo, secondo, sono le unità di misura che tutti conosciamo e usiamo quotidianamente, ma come sono nate? Con l’aiuto di Massimo Inguscio, past president del Cnr, fisico ed ex direttore dell’Istituto nazionale di ricerca metrologica (Inrim), ripercorriamo l’evoluzione delle unità di misura. “La necessità di avere un campione, un riferimento per le misure, è antichissima”, spiega. “Per esempio, anticamente in Medio Oriente, per pesare le pietre preziose si usavano i carati, che erano riferiti al peso dei semi dei frutti del carrubo. Nel 1832 si stabilì che un carato corrispondeva a 0,2 grammi. Tra i manufatti conservati al museo egizio di Torino c’è il cubito, un campione di riferimento per la lunghezza”.
La vera svolta si ha con la rivoluzione francese. “Con l’idea dell’egalité, ma anche per esigenze di mercato, si stabilì che venissero creati dei campioni validi per tutti. Fu dato l’incarico all’Accademia di Francia (Institute de France) che nominò una commissione coordinata da Lagrange, uno dei massimi matematici e fisici”, continua Inguscio. “La Francia conserva tuttora un ruolo centrale, proprio a Sèvres è nato il Bureau international des poids et mesures, che è stato presieduto anche da Vito Volterra e di cui ho fatto parte anch’io come presidente della Commissione internazionale per le lunghezze. Quindi l’Italia ha avuto un ruolo importante, con almeno due presidenti del Cnr che ne hanno preso parte”.
Altri due presidenti del Cnr furono protagonisti della metrologia italiana, l’Inrim nasce infatti nel 2006, dalla fusione tra due storici enti di ricerca: l’Istituto elettrotecnico nazionale Galileo Ferraris, fondato da Giancarlo Vallauri, presidente del Cnr dal 1941 al 1943, e l’Istituto di metrologia del Cnr intitolato Gustavo Colonnetti che ne era stato il maggior fautore e che fu presidente del Cnr dal 1944 al 1956.
“Il metro conservato a Sèvres è una barra di una lega di platino e iridio indeformabile. Analogamente, il chilogrammo è un cilindro, anch’esso fatto di materiale indeformabile. Tutte le nazioni ebbero poi dei campioni secondari, replica dell’originale e periodicamente tarati”, continua l’ex presidente del Cnr. Nel 1875, i rappresentanti di 17 paesi siglarono a Parigi la Convenzione del metro: un sistema unificato di pesi e misure. “Nacque così la metrologia moderna, che va di pari passo con lo sviluppo della scienza e in particolare della fisica, e anche i campioni di riferimento si sono evoluti con essa. Dai manufatti, si passa a regole scientifiche su cui ognuno può costruire il proprio campione. Negli anni ’80 del secolo scorso, i fisici riescono a misurare con esattezza estrema, grazie al laser, la velocità della luce, che è uguale a 2.99792458×108 m/sec. Questa misura ha permesso di modificare la definizione del metro che, nella nuova accezione, dal 1983 corrisponderà alla distanza percorsa dalla luce in un dato intervallo di tempo”.
Per il peso si parte da un’altra costante, il numero di Avogrado, che permette di calcolare con esattezza quante particelle (atomi o molecole) sono contenute in un determinato campione. “Ogni atomo ha un peso che oggi possiamo misurare con estrema precisione. Tra questi, c’è l’atomo di silicio. Costruendo una sfera composta solo di atomi di silicio, conoscendo il peso del singolo atomo, saprò di quanti atomi dovrà essere composta per pesare un chilogrammo”, precisa Inguscio. “A differenza del chilo conservato a Sèvres, dal 2019 il nuovo riferimento può essere costruito con estrema precisione ovunque in base a questo principio. La cosa interessante è che, per sapere quanti atomi ci sono nella sfera, devo misurare la distanza tra un atomo e l’altro, e poiché sappiamo che le distanze si possono misurare in termini di tempo, lo stesso vale anche per i pesi. Basti immaginare che, volendo calcolare quanti granelli ci sono in un metro cubo di sabbia con il livello di precisione con cui si misura il numero di atomi di silicio presenti nella sfera da un chilo, sbaglieremmo di soli 10 granelli”.
La misura del tempo, insomma, aiuta a definire anche peso e lunghezza: “In passato, il tempo si misurava basandosi sui fenomeni naturali, essenzialmente i movimenti della Terra (rotazione e rivoluzione)”, aggiunge il fisico. “La prima vera rivoluzione si ha con Galileo Galilei. Costruendo il pendolo della lunghezza giusta, questo farà un’oscillazione al secondo, un nuovo fenomeno periodico basato su uno strumento costruito dall’uomo e riproducibile in qualunque parte del mondo. Il pendolo di Galileo però aveva una precisione limitata, problema cui la fisica ha rimediato cercando dei fenomeni oscillatori con frequenze più elevate. Ancora una volta ci vengono in aiuto gli atomi: ogni atomo di un determinato elemento ha un livello energetico e per passare a quello più alto occorre inviare un impulso elettromagnetico, fornendo una quantità di energia esattamente uguale alla differenza tra i due livelli. Qui entra in gioco la costante di Planck che, moltiplicata per la frequenza dell’impulso inviato, permette di misurare esattamente una separazione di energia. Gli atomi, riferimento per il calcolo di questa frequenza che corrisponde al numero di oscillazioni in un certo intervallo di tempo, sono un altro metodo universale e riproducibile in laboratorio. Un cristallo di quarzo stimolato con impulsi elettrici, per esempio, ha diecimila oscillazioni. Cercando fenomeni con un numero di oscillazioni sempre più elevato ebbero origine i primi orologi atomici, fino a utilizzare atomi come il cesio, in cui parliamo di 10 miliardi di oscillazioni al secondo: una bella differenza dal pendolo di Galileo che ne faceva una”.
Negli anni ’80-’90 si è però scoperto che il moto degli atomi può essere rallentato usando la luce del laser che poteva “frenare” gli atomi. “Nasce così la nuova scienza del raffreddamento laser”, conclude Inguscio. “Il rallentamento degli atomi fa sì che la loro frequenza possa essere misurata con più precisione. Il passo successivo è misurare separazioni di frequenza nel visibile, ovvero 1015 oscillazioni al secondo. Qui viene in aiuto il premio Nobel Theodor Hänsch che, fra l’altro, al Lens di Firenze sviluppò, con Marco Bellini del Cnr-Ino, un nuovo tipo di laser col quale misurare queste frequenze altissime. Basandoci sull’atomo di itterbio ci porteremmo a una precisione di 1018. In altri laboratori si usa l’atomo di stronzio. Alla fine delle varie sperimentazioni, si troverà l’atomo più adatto a ottenere una misura del tempo con la massima precisione e universalmente valida”.
Alessia Cosseddu [L’Almanacco della Scienza N.11, 1 giugno 2021]