Sono un vecchio scugnizzo nato nel 1940 in un vicolo di Napoli e sono uno dei miracolati sopravvissuti ai bombardamenti della seconda guerra mondiale: cadde una bomba a due passi da me e da mio fratello e non esplose! Buona parte della mia città fu distrutta e si piangevano migliaia di vittime che insieme ai milioni di morti in tutto il mondo pagarono con la vita le diaboliche ambizioni di alcuni esaltati. Mancava tutto. Abbondava solo la paura che diventava terrore quando gli aerei bombardavano. Chi era fortunato poteva farsi un po’ di pane in casa con cento grammi di farina e mezzo chilo di segatura. Erano alimenti preziosi le bucce dei piselli, delle fave e delle patate per cucinare una zuppa. Era una vera e propria caccia al tesoro procurarsi un poco di carbone, spesso così umido che per accenderlo ci volevano ore. Non meno duro è stato il dopoguerra. Rari e pericolosi i mezzi di trasporto, le abitazioni distrutte, le condizioni di vita difficilissime, miseria, fame, mancanza di lavoro (su questo nulla è cambiato, purtroppo!), di medicinali e di ogni bene di prima necessità. Le scarpe si risuolavano più volte e tacchi e punte si rinforzavano con le “centrelle” e le mezze lune metalliche. Potete immaginare il fastidioso rumore che facevano e i continui ruzzoloni specie quando le strade erano bagnate. Era molto raro vedere un vestito senza toppe. Il cappotto per l’inverno si faceva “rivoltare” dal sarto e si aveva la sensazione di indossarne uno nuovo. Ogni capo di vestiario passava di padre in figlio, da zio a nipote, da fratello maggiore al minore. Insomma, non cadevano bombe ma la tragedia continuava. Possibile che l’essere umano non riesca a far tesoro delle esperienze passate? Vorrei rivolgere un appello ai potenti della Terra. Aprite la mente alla ragione e spalancate il cuore alla pace, siate operatori di bene, guide certe per ogni cittadino e punti di riferimento che sappiano indicare ai giovani strade sicure. Siate alfieri dei più alti valori morali e civili, costruttori di benessere e di pace e non fautori di guerre.
Cari saluti,
Raffaele Pisani