Ester Cecere dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr parla di questo crostaceo – originario dell’Oceano Atlantico ma che ormai popola anche il Mare Nostrum – riportandone le caratteristiche, ma sottolineando anche come costituisca una minaccia per le specie indigene, in particolare per i molluschi bivalvi come vongole e cozze
Tra le specie aliene che sempre più frequentemente si rinvengono nei nostri mari, negli ultimi tempi il protagonista indiscusso, sempre agli onori della cronaca di rotocalchi ed emittenti televisive, è senza dubbio il granchio blu (nome scientifico Callinectes sapidus Rathbun, 1896), così chiamato per il colore blu brillante delle sue chele e delle sue zampe. Si tratta di un crostaceo decapode originario dell’Oceano Atlantico, dove vive lungo le coste del continente americano da Nord a Sud. Ora è presente anche nel Mare del Nord, Mar Baltico, Mar Nero, Mar Mediterraneo e Mar Giallo, nei quali è una specie aliena.
Come è ormai noto, le specie aliene – meglio sarebbe chiamarle specie non indigene – sia animali sia vegetali, sono quelle introdotte in luoghi al di fuori del proprio habitat naturale, dove possono divenire invasive per il fatto che, trovandosi all’esterno del loro ambiente d’origine, non hanno predatori né competitori; pertanto, possono aumentare esageratamente di numero, finendo per minacciare le specie locali, con danni alla biodiversità, alle attività e alla salute umana. È proprio quello che sta accadendo nel Mediterraneo e, in particolare, in Italia col famigerato crostaceo.
La presenza del granchio blu nel Mare Nostrum risale al 1948 quando fu rinvenuto in Grecia. Nel 1949 fu poi trovato al largo di Marina di Grado. Si suppone che sia stato introdotto nei porti mediterranei attraverso le acque di zavorra delle navi provenienti dalle coste atlantiche. Tuttavia, nel 2004, in prossimità del litorale occidentale della provincia di Taranto, i ricercatori del Cnr di Taranto rinvennero due individui chiusi in una gabbia spiaggiatasi a causa di una mareggiata. Questo ritrovamento fece supporre che la specie fosse stata introdotta volontariamente, allo scopo di allevarla. Ed è proprio di qualche giorno fa il rinvenimento di un individuo in un piccolo fiume immissario del Mar Piccolo di Taranto.
Attualmente, il granchio blu è presente lungo tutta la penisola. Esso ha grandi dimensioni, misura infatti fino a 15 cm di lunghezza e 23 cm di larghezza; è aggressivo, onnivoro e vorace; si nutre di tutto ciò che riesce a catturare, anellidi, avannotti, carogne e bivalvi, che apre con abilità usando le forti chele, con le quali taglia anche le reti per nutrirsi del pescato. Questa specie è anche molto prolifica, in quanto ogni femmina depone in mare da 2 ad 8 milioni di uova, muovendosi da zone lagunari o da estuari. Infatti, il granchio blu è una specie eurialina, che sopporta cioè molto bene le variazioni di salinità, pertanto, può vivere in mare così come in ambienti lagunari, dove generalmente insistono gli impianti di molluschicoltura. Per tale motivo, sta entrando in competizione anche con gli operatori del settore. Infatti, tra le sue tante prede, il colorato crostaceo predilige i bivalvi (vongole, ostriche, cozze, capesante e telline); per tale motivo, i molluschicoltori lamentano la perdita dell’intera produzione su scala nazionale. Nelle lagune del delta del Po, a gennaio 2024 è stato riscontrato un calo della produttività del 96,9% rispetto a gennaio 2023, il che ha indotto gli operatori a fermare del tutto la raccolta fino a un termine indefinito. Ma anche il Friuli Venezia Giulia non se la passa bene: nella laguna di Marano, in soli cinque mesi sono stati raccolti quasi 5.600 kg di granchi. I crostacei sono una minaccia anche per le coste, poiché scavano tane profonde, alterandone la morfologia e compromettendo la stabilità delle spiagge. Gli operatori dei settori colpiti hanno chiesto al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) i fondi per le attività di prelievo e lo smaltimento degli individui presenti nelle acque d’allevamento, i ristori per la mancata produzione e la nomina di un commissario straordinario per la gestione dell’emergenza.
Eradicare la specie non sembra una strada percorribile anche catturando le femmine prima della deposizione delle uova. Pertanto, l’incremento numerico della specie va contrastato tramite forme di pesca mirata come quella con nasse e reti da posta oppure anche con la pesca ricreativa, cioè quella ad opera di privati cittadini. Quindi, l’unica soluzione è pescarlo e mangiarlo, trasformandolo, quindi, da minaccia in risorsa.
Granchio Blu – Foto Ernesto Azzurro Cnr
Nelle lagune dell’alto Adriatico, il granchio blu viene venduto a 6-7 euro al chilo al dettaglio. Tuttavia, il suo prezzo potrebbe salire poiché il celebre crostaceo è molto richiesto perché ha un sapore simile a quello dell’astice ma il suo costo è molto più basso. Per questo motivo è oggetto anche di pesca di frodo ed è destinato al mercato nero della ristorazione giapponese e cinese dove è venduto a una cifra che si aggira tra i 50 e i 70 euro al chilo e viene presentato nel menù dai ristoratori anche a 100 euro al chilo. Un business illegale che sta arricchendo molto i venditori abusivi. Sono parecchi gli chef, anche stellati, che si stanno cimentando nella messa a punto di ricette fantasiose a base di granchio blu. Ad esempio, a Eraclea la Coldiretti ha presentato un menù a base di polpa di granchio blu. Proprio qualche giorno fa, il granchio blu è approdato sulle tavole dei big mondiali arrivati in Puglia a Borgo Egnazia per il G7 ad opera dello chef modenese Massimo Bottura, che lo ha inserito in una zuppa di pesce insieme a cozze, cannolicchi e gamberi rossi.
In Italia, la realizzazione di una filiera del granchio blu non deve, ovviamente, mirare a sostituire la molluschicoltura, come ha erroneamente interpetrato qualche politico, ma può essere la soluzione per contenerne il numero. Negli Stati Uniti, dove è considerata una prelibatezza, questa specie è molto ricercata. I granchi vengono bolliti in acqua, aceto e varie misture di erbe aromatiche fino al raggiungimento del colore rosso-aranciato, tipico dei crostacei cotti. I granchi catturati appena dopo la muta, e per ciò ancora molli, vengono privati delle interiora e delle branchie e fritti dopo essere stati immersi in una pastella di uova, farina ed erbe aromatiche. Le branchie vengono da alcuni considerate una leccornia. Sono alla base del piatto più famoso del Maryland, il “crab cake” o polpette di granchio. La carne può inoltre essere trattata per la conservazione ed essere venduta inscatolata.
Ma, ironia della sorte, se in Mediterraneo questa specie è una minaccia, nella baia di Chesapeake nell’oceano Atlantico, dove ha rappresentato una risorsa economica importante negli anni ’90 del secolo scorso, a seguito del notevole e recente calo numerico degli individui, gli stati del Maryland e della Virginia hanno emesso speciali provvedimenti per preservare le popolazioni rimanenti. Da qui l’idea di una start up tutta al femminile, “Mariscadoras”, di Rimini, nata nel 2021 ma che opera dal 2023, che ha pensato di spedire verso le coste della Florida, destinazione Miami, i crostacei lavorati. Il primo container ne trasportava circa 16 tonnellate. Dall’eco-business, infatti, sono già nate le polpette, i sughi, la polpa di granchio a pezzetti e altri prodotti che oggi sono in vendita nella grande distribuzione.
Abbiamo detto che le specie non indigene non hanno predatori nei luoghi in cui vengono introdotte ma, probabilmente, il granchio blu un predatore in Mediterraneo ce l’ha: la tartaruga Caretta caretta (Linnaeus, 1758), specie protetta dalla direttiva Habitat (92/43/CEE). Lo scorso anno, il biologo marino Simone D’Acunto, direttore del centro Cestha (Centro sperimentale per la tutela degli habitat) di Ravenna, ha affermato di aver rinvenuto nelle feci di una tartaruga marina tracce del granchio blu. Pertanto, ha ipotizzato che le tartarughe stessero iniziando a cibarsi di questi granchi. I mitilicoltori tarantini hanno confermato questa ipotesi, avendo visto esemplari di Caretta caretta con individui di granchio blu nelle fauci. Ciò spiegherebbe la diminuzione nei mari di Taranto degli individui di questa specie, fino a un paio di anni fa molto numerosi; allora, venivano pescati e venduti a 3-4 euro al chilo; ora che il loro numero si è notevolmente ridotto, vengono venduti a 12 euro al chilo e non provengono da Taranto. Una speranza, quindi, almeno per i luoghi in cui le tartarughe di questa specie abbondano.
È ovvio che affrontare l’emergenza dei granchi blu richiede un approccio integrato, che coinvolga istituzioni, ricercatori, pescatori, gruppi di conservazione della natura e comunità locali. Per fronteggiare il problema delle specie invasive le decisioni devono essere basate su un approccio ponderato, scientificamente fondato e che consideri sia gli aspetti etici sia le conseguenze a lungo termine per l’ecosistema.