Wednesday, January 8, 2025

LO SGUARDO SUL MONDO. La World Press Photo Exhibition 2024 a Bari

Articolo e foto di Patrizia Di Franco

“Fotografare è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore”, asseriva il geniale pionere del fotogiornalismo, Henri Cartier-Bresson. L’artista francese, esponente di spicco della fotografia “umanista” e cofondatore della celeberrima agenzia Magnum Photos, con le sue Leica amava catturare “l’istante decisivo” con realismo e immediatezza, per “fissare una frazione di secondo di realtà”.  E per tale peculiarità oltre che per il suo talento eccelso, il più innovatore e influente fotografo del Novecento fu denominato “occhio del secolo”. Sguardi profondi sulle vite di esseri umani, occhi che scrutano il mondo sono anche le caratteristiche precipue che hanno contraddistinto i vincitori della 67.ma edizione, a cura di Martha Echevarria, del World Press Photo.

Per l’undicesimo anno consecutivo, Bari ha ospitato, nel teatro Margherita, la World Press Photo Exhibition 2024, organizzata da Cime, splendida realtà pugliese tra i maggiori partner europei della Fondazione World Press Photo di Amsterdam. La mostra si riconferma come “best event of the year”, anche questa edizione ha riscosso notevole successo di pubblico e critica, ed è stata prorogata fino al 31 dicembre.  Un’esposizione di valore e qualità eccellenti, ormai una garanzia per gli aficionados e per i visitatori provenienti sia da altre regioni italiane che dall’estero. La World Press Photo Exhibition è stata promossa dalla Regione Puglia, dal Teatro Pubblico Pugliese, in collaborazione con il Comune di Bari, con le partnership dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e del Conservatorio “Niccolò Piccinni”.

Ogni anno la WPP è proposta in diverse città italiane e numerose località internazionali, la 67.ma edizione è stata accolta in 80 città del mondo. Tra le città italiane, oltre al capoluogo pugliese, il contest internazionale WPP ha avuto come sedi Roma e Torino. Il Palazzo delle Esposizioni della capitale è stato il primo sito italiano e seconda sede europea dopo Amsterdam ad allestire la World Press Photo Exhibition da maggio a giugno 2024. La più prestigiosa mostra di fotogiornalismo al mondo è poi tornata a Torino per l’ottava edizione, a Palazzo Falletti di Barolo per il secondo anno consecutivo.

Perla del capoluogo piemontese, Palazzo Barolo, divenuto celebre salotto del Risorgimento, si distingue tra le residenze nobiliari seicentesche dal punto di vista artistico e per magnificenza. Suggestiva e splendida location che certamente valorizza ed enfatizza la potenza visiva ed espressiva delle immagini della WPP, e la cui straordinaria bellezza, connessa all’ importanza storica, a sua volta viene valorizzata dalla mostra.

Di encomiabile pregio i lavori dei fotografi partecipanti e selezionati. Vincitore della recente edizione è stato il palestinese Mohamed Salem, con una commovente e compassionevole fotografia che ritrae la scena straziante dell’ultimo abbraccio, i sofferenti momenti in cui la palestinese Inas Abu Maamar stringe il corpo di sua nipote Saly, di appena 5 anni, deceduta con altri quattro familiari a causa di un attacco missilistico israeliano che ha distrutto casa sua a Khan Younis, Gaza.  La piccola Saly, è incolpevole vittima della guerra ed emblema sia degli innumerevoli morti che delle distruzioni nella Striscia di Gaza.  L’autore stesso, vincitore del “World Press Photo of the Year”, ha rimarcato come l’immagine fosse stata trattata con cura e rispetto, mostrando nel contempo uno sguardo realistico e metaforico su una perdita inimmaginabile, ingiusta e di dolore inenarrabile. A tale proposito ha commentato e descritto la fotografia della perdita di Saly come “un momento forte e triste che riassume il significato più ampio di quanto stava accadendo nella Striscia di Gaza”. La fotografia di Mohamed Salem è stata ribattezzata “La Pietà di Gaza” per il richiamo alla Pietà di Michelangelo Buonarroti.

Di strepitosa intensità è il capolavoro di Salem. La rassegna fotografica in toto è davvero eccellente, una coinvolgente narrazione per immagini della storia contemporanea, un racconto prodigioso, tramite scatti “vividi”, delle storie quotidiane di persone di ogni età, nazionalità, etnia, una panoramica sulle attuali tematiche e problematiche nel mondo.  Opere lodevoli di fotogiornalismo e fotografia documentaristica realizzate da professionisti dei più noti media internazionali, tra cui: New York Times, BBC, El Paìs, National Geographic, CNN, Times, Reuters. Una finestra spalancata sul mondo, una sequela di lavori interessanti per informare e per sensibilizzare su problematiche a cui non si può restare indifferenti, e su tragedie universali: conflitti bellici, migrazioni, miseria e crescenti disuguaglianze sociali, crisi e cambiamenti climatici. Sono stati 130 gli scatti vincitori dell’edizione appena conclusa, selezionati dalla giuria globale presieduta da Fiona Shields, responsabile del dipartimento di fotografia del giornale britannico The Guardian.

Quattro le categorie di concorso: “Foto singola”; “Storie”; “Progetti a lungo termine”; “Open Format”. Tecniche miste, video, applicazioni e ricami, collage fotografici, immagini ad esposizione multipla, per Open Format, categoria ideata e introdotta dall’edizione 2022. Sei le aree geografiche interessate: Africa; Asia; Europa; Nord e Centro America; Sud America; Sud-Est asiatico e Oceania. Il Premio “World Press Photo Story of the Year” è stato conseguito dalla fotografa sudafricana Lee-Ann Olwage di “Geo” per il progetto “Valim-babena”  . Teneri e commoventi scatti raccontano scene di vita quotidiana di Paul Rakotozandriny, “Dada Paul”, novantunenne affetto da demenza da 11 anni, e amorevolmente assistito da sua figlia Fara Rafaraniriana.  Demenza, patologie neurodegenerative e, in generale, disturbi relativi alla salute e igiene mentale, sovente sono stigmatizzati in Madagascar.  La bellissima storia di caregiving e premure dolcissime raffigura pienamente il principio del Valim-babena: il dovere dei figli adulti di aiutare i propri genitori. Un dovere che in malgascio è considerato la vera e massima espressione d’amore, la “restituzione” dei tesori ricevuti: del tempo, dell’attenzione, dell’educazione, dei valori insegnati, delle cure che i genitori hanno dedicato alla sana crescita dei figli.

Quale Amore più autentico, profondo, immenso, senza remore, infinito, totale, dell’Amore speciale ricevuto dai propri genitori? In una certa fase della vita di molti di noi si è diventati effettivamente adulti quando più che figli ci si è ritrovati o scoperti figure genitoriali della propria madre e del proprio padre. Più che un ribaltamento dei “ruoli”, uno stravolgimento esistenziale. L’acme, il momento più anomalo e di maggiore crescita, di smarrimento, sofferenze, maturazione, resilienza, arricchimento, scoperte e miglioramento di sé. La dimostrazione e lo zenit dell’Amore filiale. La cura, la tenerezza, l’affetto disinteressato, l’abnegazione, la dedizione, la gratitudine, la riconoscenza. In quei periodi, in tutti quei particolari, critici, faticosi, anni, carichi di quotidiane responsabilità, di vicinanza e, non di rado, “simbiosi”, tra mille difficoltà, conflitti, incomprensioni, preoccupazioni miste a stanchezza e timori, si è verificata la fusione seguita dall’exploit dell’amore genitoriale e filiale. Si replicherebbero all’infinito, per illimitate volte, quei giorni particolari, quei meravigliosi, estenuanti, gravosi, preziosi, anni, si rifarebbe tutto per mamma e papà, pur di riaverli con sé. Permangono la certezza, la gioia, la serenità, la gratitudine, il conforto, per il dono di incommensurabile valore: essere stati amati. Accompagnano per sempre: la serenità, la bontà e la bellezza, la consapevolezza e la fierezza, di averli amati, fino alla fine. Resta l’Amore, quello vero, puro, incondizionato, eterno, che né malattie e né la morte possono annullare, far cadere nell’oblio, sottrarci, perché Omnia vincit Amor.  Per tutto ciò e altro ancora, molte persone si saranno riconosciute, per sensibilità, con empatia e intelligenza emotiva, per esperienze personali assolutamente uniche, in Fara, figlia e “madre” di “Dada Paul”.  Splendida testimonianza di “maternage” nelle sue molteplici forme e modalità, emozionante storia d’Amore.

Il premio “World Press Photo Long-Term Project” è stato attribuito al fotografo venezuelano Alejandro Cegarra, grazie al suo reportage, bellissimo e di forte impatto emotivo, realizzato per “New York Times-Bloomberg”, e intitolato “I due muri”. Il Messico, dal 2019, si è trasformato da Paese di accoglienza per migranti e richiedenti asilo, in un luogo inaccessibile in cui vengono applicate rigide politiche di immigrazione. Famiglie di migranti nelle città di confine sono esposte a violenze, corruzione dilagante, condizioni precarie e trattamenti inumani inflitti. Cegarra ha vissuto sulla propria pelle il trauma del distacco dal paese d’origine, della migrazione, nel 2017, dal Venezuela al Messico. La sua creazione artistica a lungo termine è stata concepita nel 2018, con il fine di mostrare le condizioni di queste comunità di migranti ed evidenziarne, nel massimo rispetto e con effettiva empatia, la loro resilienza. Il suo Long-Term Project ha mostrato e messo in risalto l’esperienza drammatica e l’impresa “titanica” dei migranti che cercano di raggiungere gli USA a bordo del treno soprannominato “La Bestia”.  Julia Kochetova, fotografa ucraina, è stata insignita del premio “World Press Photo Open Format”. Il suo lavoro, “La guerra è intima”, è un mix di fotografie, poesia, musica, e originali clip audio. Kochetova è artefice di un website dai contenuti documentaristici, e intimi, tramite il fotogiornalismo e un diario personale. L’orrore e il trauma della guerra, tragedia, dolore, paura, ma anche quotidianità, sopravvivenza, resistenza, voglia e bisogno di pace e di tornare a vivere, speranze, sogni, sono rimarcati nell’esistenza e nell’operato di Julia. Premi meritati per ottimi lavori. “Per l’undicesimo anno consecutivo siamo onorati di portare la mostra internazionale Worl Press Photo a Bari, ospitata nella splendida cornice del Teatro Margherita- è stato il commento di Vito Cramarossa, direttore del Cime- Questa esposizione rappresenta un’importante occasione per la nostra città, e per l’intero territorio, di entrare in contatto con storie globali attraverso immagini che testimoniano eventi di grande rilevanza.

La World Press Photo Exhibition non è solo una celebrazione della fotografia, ma un’opportunità per riflettere su questioni sociali, ambientali e umanitarie che toccano tutti noi. In un’epoca in cui la libertà di stampa è più importante che mai, questa mostra ci ricorda il valore di un’informazione libera e indipendente. in grado di sensibilizzare e fare riflettere il pubblico. Eventi come questo arricchiscono profondamente il panorama culturale di Bari e della Puglia, offrendo spazi di dialogo e confronto su temi di attualità globale”. Una preziosità della mostra è stata l’area dedicata al tema complesso della libertà di stampa, grazie ai dati e alle testimonianze della Ong e no-profit RSF, Reporters Sans Frontières. All’interno dello spazio espositivo, un memoriale, un tributo ai fotografi e fotoreporter deceduti in servizio, dal 1992 ai giorni nostri. Oltre 1.500 giornalisti che per amore di verità e giustizia, nell’esercizio di dovere di informazione e diritto di cronaca, per diritto e libertà di espressione, hanno perso la vita.

Annus horribilis anche il 2023, anno in cui 99 giornalisti e operatori sono stati, per rappresaglia, assassinati, in base ai dati emersi dal report del CPJ ossia il Comitato per la protezione dei giornalisti. Sempre più frequenti purtroppo le minacce di violenza e incarcerazione, di querele,e  molti i giornalisti sotto scorta. World Press Photo in collaborazione con il progetto “A Safer World for the Truth” si è adoperata nel sensibilizzare l’opinione pubblica su questa drammatica realtà, ponendo in risalto i nomi dei 1.553 giornalisti uccisi dal 1992. Nel 2022-2023 furono assassinati 162 operatori dei media, di cui 14 donne (il numero più alto, dal 2017, di giornaliste ammazzate), e un rapporto Unesco ha rivelato che resta impunito l’85% degli omicidi dei giornalisti (il tasso di impunità era del 95% nel 2012).  Garantire la sicurezza dei giornalisti è essenziale per il rispetto della libertà di espressione e l’accesso alla corretta informazione. Con questo obiettivo fondamentale, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2 novembre come “Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti” (la data è stata scelta per commemorare l’uccisione, per mano di un gruppo di terroristi, in Mali, della giornalista Ghislaine Dupont e del collega Claude Verlon, il 2 novembre 2013).  Per offrire uno spiraglio di luce e donare speranza, quest’ultima edizione della WPP, ha riservato una sorpresa al pubblico, nel capoluogo pugliese. Novità, gradita e di successo, la parete interattiva destinata ai sogni e ai desideri dei visitatori, su cui campeggiava il titolo beneaugurante “Immagina un mondo migliore”. Un auspicio, uno sprone e anche un modo per integrare emozioni, sentimenti e il vissuto di ciascun visitatore con i messaggi espressi e veicolati dalle immagini. Uno spunto e un mezzo per riflettere anche collettivamente sul presente, sulle nostre vite, sugli esseri umani nel mondo. Adulti e bambini hanno avuto la chance e il dono della partecipazione come cantava il saggio Giorgio Gaber ne “La libertà” (“Libertà è partecipazione”, nel refrain).

L’opportunità di offrire un contributo personale, per mezzo di pensieri, frasi, idee, illustrazioni, desideri svelati, suggerimenti, con la speranza e fiducia in un futuro davvero migliore, in anni a venire, di pace, serenità, giustizia, libertà, umanità e solidarietà. “Non esiste la guerra giusta. La guerra non è la medicina giusta. Non cura, uccide”, sosteneva Gino Strada, medico, attivista, scrittore, e fondatore di Emergency. “Se la guerra non viene buttata fuori dalla storia dagli uomini, sarà la guerra a buttare fuori gli uomini dalla storia”. Messaggio e consiglio di buon senso, con intelligenza emotiva e cuore, monito non per i posteri bensì per tutti e adesso.  Restiamo umani e costruiamo un mondo migliore, con la speranza e l’augurio che il 2025 possa divenire l’annus mirabilis, e rappresenti l’incipit di un nuovo cammino verso anni di rinascita personale e collettiva, di pace e prosperità.

Patrizia Di Franco
Patrizia Di Franco
Patrizia Di Franco, è nata a Torino, e lavorato a Roma. Giornalista iscritta all'Albo Professionale Nazionale (dal 1992) , con certificati dei trienni FPC. Moltissime Testate per cui ha scritto: regionali, nazionali, scientifiche, bilingui, quotidiani, periodici. A Roma: giornalista a "Italia Radio" nazionale; Direttrice di"Zeus" per anni, formatrice, docente di giornalismo e comunicazione di base. Docente di Comunicazione efficace, PNL, linguistica carismatica, psicologia, empowerment for women. Poetessa, saggio, poesie, racconti, pubblicati, premi nazionali e internazionali. Certificata Addetta Stampa Agenzia"Brizzi", Roma. Photoreporter. Poliglotta. Stilista ("Accademia di Roma"; "Accademia Internazionale di Alta Moda e del Costume "Koefia" Roma). Certificazione in:"Biologico, alimentazione naturale, fitoterapia". Pittrice. Ambientalista, ecologista, animalista, vegetariana, sportiva. Attivista:diritti umani;libertà di stampa;contro violenze di genere.

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