Cambiamenti climatici e sbalzi termici causano sempre più problemi a piante e colture. Il freddo, tra gli stress più importanti a cui vengono sottoposte, le rende vulnerabili e ne compromette fortemente la vitalità anche se molte di loro sviluppano meccanismi di difesa per ridurre i danni. A spiegare come ciò avvenga è Raffaella Maria Balestrini dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr
Gli effetti del cambiamento climatico sugli ecosistemi sono molti e coinvolgono tutti gli strati della biosfera, inclusa la modifica del ciclo di vita di animali, alberi e piante, mettendo a rischio la biodiversità, le colture di cui ci cibiamo e, in generale, la sopravvivenza di numerose specie. Capita così che alcune piante vengono colpite da sbalzi termici significativi, fioriscono all’improvviso e poi muoiono a causa del freddo causato da una gelata invernale, come avviene a inizio marzo, quando sempre più frequentemente le colture mostrano fasi fenologiche (stadi specifici del ciclo vitale), anticipate a causa dell’aumento delle temperature al di sopra della media, a cui si affiancano le tipiche gelate di fine inverno-inizio primavera, che possono causare danni ancora più gravi. “A causa dello sviluppo anticipato, il freddo e il gelo possono bruciare gemme e fiori delle piante, causando danni rilevanti alla produzione”, spiega Raffaella Maria Balestrini dell’Istituto di bioscienze e biorisorse (Ibbr) del Cnr. “Lo stress da freddo, che include la refrigerazione (0-15°C) e il congelamento (< 0°C), è uno stress abiotico, vale a dire provocato da fattori ambientali estremi, che influisce negativamente sullo sviluppo e la resa delle colture, e può limitare la distribuzione geografica di alcune specie. Lo stress da congelamento è più dannoso per le piante rispetto allo stress da raffreddamento e può arrivare a causarne la morte. Il freddo provoca modificazioni a livello cellulare, che determinano una riduzione della fotosintesi, oltre a un danno rilevante delle membrane cellulari, inducendo la crescita di cristalli di ghiaccio all’interno dei tessuti vegetali”.
Tuttavia, molte specie vegetali, provenienti da climi temperati e freddi, possono aumentare la loro capacità di resistere alle temperature di congelamento dopo essere state esposte a stimoli ambientali, come basse temperature e fotoperiodi ridotti. “Questo è un processo complesso, chiamato acclimatazione al freddo, ed è associato a cambiamenti biochimici e fisiologici che portano a modifiche dell’espressione genica, dell’accumulo di osmoliti e della composizione delle membrane cellulari”, aggiunge l’esperta. “È già stato riportato che le piante che hanno avuto il tempo di acclimatarsi alle temperature più basse hanno mostrato una maggiore capacità di aumentare il tasso di riparazione del complesso fotosintetico rispetto a quelle esposte direttamente al freddo estremo, ed è stato evidenziato che la capacità di adattamento è più evidente negli esemplari provenienti da regioni caratterizzate da climi freddi, suggerendo che l’adattamento al freddo si sia consolidato attraverso generazioni successive”.
Lo stress da freddo limita la crescita e lo sviluppo delle piante. Provoca diverse modificazioni a livello cellulare, che determinano una riduzione della fotosintesi, oltre a un danno rilevante a livello delle membrane cellulari, anche se le piante hanno sviluppato meccanismi complessi per resistere allo stress da freddo, riducendo i danni che ne derivano. “Le piante riducono i danni attraverso l’acclimatazione, acquisendo una maggiore tolleranza al gelo dopo una precedente esposizione a basse temperature, attraverso una serie di cambiamenti fisiologici e biochimici”, precisa la ricercatrice. “A livello fisiologico, nelle piante vengono sintetizzate sostanze protettive, come zuccheri, prolina, ormoni e proteine che possono migliorare la tolleranza al freddo, attraverso cambiamenti importanti a livello di espressione genica, che non avvengono solo nelle foglie, ma anche nelle radici, che subiscono i danni dovuti all’abbassamento delle temperature nel suolo, risultando danneggiate principalmente per la formazione di ghiaccio intracellulare. Anche se il suolo contiene acqua, che può congelare e portare a ondate di gelo, sembra che la principale fonte di danno alle radici sia il danno cellulare diretto piuttosto che quello meccanico causato dall’espansione del ghiaccio nel suolo circostante”.
L’acclimatazione al freddo è quindi un processo in cui le piante esposte a temperature basse, non letali, per alcuni giorni, sviluppano una maggiore capacità di resistere al successivo stress da congelamento. “La modificazione genetica dei regolatori dello stress da freddo, attraverso l’identificazione di nuovi geni coinvolti nella resistenza delle piante alle basse temperature, è un’importante strategia per migliorare la tolleranza al freddo nelle colture, che potrà essere sfruttata attraverso le nuove tecniche di miglioramento genetico”, conclude Balestrini. “Inoltre, si sta studiando la possibilità di utilizzare i microrganismi benefici del suolo per aumentare la tolleranza a stress abiotici, incluso lo stress da freddo. Questi, infatti, possono influenzare sia la risposta della pianta, in termini di risposta molecolare, migliorando tratti importanti per la risposta allo stress, sia influenzando le tempistiche di fioritura delle piante. È importante ricordare che in alcune zone dell’Europa meridionale i cambiamenti climatici e la maggiore frequenza di eventi di gelo tardivo hanno accorciato la stagione senza gelate. Al fine di evitare gli effetti deleteri della siccità estiva sui cereali, gli agricoltori devono seminare prima, aumentando la necessità di varietà resistenti al gelo e di varietà invernali. Prevedendo che il riscaldamento globale sposterà la distribuzione delle specie a latitudini più elevate, queste saranno più esposte a eventi meteorologici estremi. Quindi i danni da gelo probabilmente non scompariranno in un clima globalmente più caldo, e potrebbero addirittura diventare più problematici in alcune regioni del mondo: se da un lato il riscaldamento globale provoca mediamente temperature invernali più miti, dall’altro è sempre più frequente la probabilità di eventi meteorologici estremi, incluse le gelate tardive”.
[Almanacco della Scienza N.11, Dicembre 2024]