Intervista di Rita Bugliosi [Almamacco della Scienza CNR N. 1 – 13 gen 2021]
Filologo, storico, saggista e accademico italiano, Luciano Canfora è uno dei maggiori conoscitori italiani della cultura classica. Dopo la laurea in Lettere classiche, consegue il perfezionamento in Filologia classica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Ha insegnato Storia antica e poi Letteratura greca, è professore emerito di Filologia greca e latina presso l’Università di Bari e coordinatore scientifico della Scuola superiore di studi storici di San Marino. Membro dei comitati direttivi di varie riviste, sia scientifiche sia di alta divulgazione, e della Fondazione Istituto Gramsci, fa parte del comitato scientifico dell’Enciclopedia Treccani. Dal 1975 dirige la rivista Quaderni di storia (Dedalo) e le collane La città antica (Sellerio), Paradosis (Dedalo) e Historos (Sandro Teti). È elzevirista del Corriere della sera e collabora con la rivista Il calendario del popolo. È autore di numerosi volumi di filologia, storia e politica dall’età antica a quella contemporanea; molte sue opere sono state tradotte all’estero: ricordiamo tra gli altri “Cesare, il dittatore democratico” (Laterza), “Noi e gli antichi” (Rizzoli), “Critica della retorica democratica” (Laterza), “Il copista come autore” (Sellerio), “Europa gigante incatenato” (Dedalo). Lo scorso dicembre ha ottenuto il riconoscimento Giancarlo Dosi per la divulgazione scientifica, premio di cui il Cnr è tra i main partner.
Quanto lo studio della storia e della cultura del passato sono importanti nella formazione dei giovani?
Ritengo che queste discipline abbiano un peso notevole, ma purtroppo si insegnano a una quantità esigua di ragazzi: di fatto i licei classici costituiscono una minoranza e mentre in passato il latino costituiva una materia del programma anche negli scientifici, ora non è più così. Dopo il liceo, anche se si scelgono studi scientifici e si intraprendere una professione di questo tipo, studiare le lingue remote, la cui interpretazione è legata a conoscenze collaterali e a quello che il testo non dice, è un’esperienza importantissima, che acuisce le capacità intuitive, cognitive e deduttive.
C’è sempre stata una forte contrapposizione tra cultura classica e scientifica, ritiene davvero che si tratti di due realtà diverse che non possono dialogare?
No. Lo escludo categoricamente, e per tante ragioni. Non si deve dimenticare che i prodromi, i punti di partenza del pensiero scientifico si trovano negli autori greci dell’antichità e, in parte, anche in quelli latini. Si pensi a Euclide, Archimede, Plinio il Vecchio, Seneca per quel che riguarda la storia naturale, o a Vitruvio per ciò che concerne l’architettura. Deve far riflettere, per esempio, il fatto che ancora oggi la geometria euclidea, che convive con la non euclidea, faccia i conti con i teoremi contenuti nei tredici libri degli Elementi. Passando alla medicina, non si deve dimenticare che le due collezioni gigantesche di testi di Ippocrate e Galeno costituiscono ancora oggi la base e il nutrimento – per esempio – della moderna medicina interna, anche se ovviamente il progresso tecnico e scientifico da allora è stato enorme. Non intendo dire con questo che gli antichi avessero già pensato e scoperto tutto, ma ricordare che la cultura classica non è fatta solo di discipline umanistiche. D’altra parte Einstein ha scritto una bellissima introduzione, breve ma molto acuta, al “De rerum natura” di Lucrezio, ial poema che si occupa della realtà fisica, della teoria degli atomi. Ritenere che gli antichi ci abbiamo lasciato solo poesie, liriche e tragedie è una convinzione errata.
Oggi per informarsi si ricorre soprattutto alla Rete: crede che Internet e i social media siano uno strumento utile o una minaccia per la conoscenza e la formazione?
La Rete è uno strumento formidabile, ma anche permeabile. Tramite Internet, si possono trasmettere falsità. Ma questo può naturalmente essere fatto anche attraverso i più tradizionali testi cartacei, se sono menzogneri. I vantaggi che la Rete fornisce sono la velocità e l’ampiezza della diffusione, la ricerca di ciò di cui si ha bisogno è rapidissima e la quantità di informazioni disponibile è enorme: Internet ha reso accessibili immense quantità di materiale, tra cui quello relativo alle più grandi biblioteche del mondo. È importante però che durante le ricerche si mantengano vigile lo spirito critico e la capacità di distinguere il vero dal falso, altrimenti si rischia di venire ingannati da questi strumenti. I dati reperiti, insomma, vanno sempre verificati con cura.
Quale insegnamento reputa che il passato possa fornirci per affrontare la drammatica situazione pandemica che stiamo vivendo?
L’esperienza trascorsa purtroppo non è consolatoria, nei tempi passati – remoti e meno remoti – si aspettava semplicemente che l’epidemia passasse. La peste che colpì Atene attorno al 430 a.C. e che, secondo quanto lo storico Tucidide racconta nel secondo libro della sua opera “La guerra del Peloponneso”, decimò la popolazione ateniese, provocando un crollo demografico nella città, a un certo punto scomparve, improvvisamente, così come era scoppiata. Ma anche le terribili pestilenze del Trecento e del Seicento sono raccontate come sciagure che piombarono sull’umanità, che le affrontarono in modo primitivo: barricandosi in casa per evitare i contatti, denunciando i presunti untori e dando vita a un clima moralmente orribile.
Non c’è una grande lezione che viene dal passato se non quella di incoraggiare ad avere fiducia nel futuro.
Rita Bugliosi