Monday, November 18, 2024

LA STRANIERA a Catania

Recensione di Natalia Di Bartolo

Capolavoro non facile La Straniera di Bellini, sia sotto l’aspetto musicale, riguardo all’esecuzione e pure all’ascolto, certo difficile anche nella messa in scena.

Al Teatro Massimo “Bellini” di Catania, il 21 gennaio 2017, l’opera si è dimostrata non facile anche per altri motivi: sostituzione a monte del direttore d’orchestra con il M° Sebastiano Rolli; Daniela Schillaci, Alaide al debutto nel ruolo, sostituita per un’indisposizione improvvisa da Francesca Tiburzi, titolare del secondo cast; sostituzione in extremis per il personaggio di Isoletta con Sonia Fortunato al posto di altre titolari che avevano dato forfait…Il tutto in un clima di grande aspettativa che si era voluto creare attorno a questa messa in scena d’inaugurazione della Stagione Lirica 2017. Infatti l’opera è stata rappresentata nella versione originale del debutto del 1828, secondo la revisione critica curata da Marco Uvietta; il che l’ha resa un evento atteso ma, in tali condizioni di precarietà, certamente rischioso per gli interpreti.16295628_689580051203057_1143354951_n

Leit motiv della produzione, in un nuovo allestimento, l’acqua, scelta dal regista Andrea Cigni, con la scenografia di Dario Gessati e i costumi di Tommaso Lagattola, come elemento liquido di multiforme aspetto di riflessione e di paesaggio, sotto le luci di Fiammetta Baldisseri. Atmosfere essenziali, anche sottolineate da alcune proiezioni.

Indubbiamente non a proprio agio gli interpreti in questa particolare messa in scena, che pure ha avuto i suoi pregi, perché lineare e senza fronzoli, ma in cui l’acqua è stata determinante anche dal punto di vista sonoro in alcuni punti, poiché gli interpreti vi erano immersi fin oltre le caviglie e vi camminavano dentro. Nelle scene d’insieme gran rumoreggiare d’acqua, interpreti messi a dura prova dall’umidità, costumi inzuppati, primadonna in accappatorio agli applausi finali. Insomma: l’acqua in scena può andar bene, ma est modus in rebus.

Musicalmente parlando, però, ciò che è balzato all’orecchio è stata la discontinuità, quasi la frammentarietà, della resa complessiva.

Il M° Sebastiano Rolli, al debutto nella direzione dell’opera, ha inteso dare un piglio brillante alle proprie dinamiche e ai tempi. Positivo il dato, visto che ne La Sonnambula dello scorso maggio 2016 aveva mostrato ispirarsi a storiche lentezze, ma ha creato a volte una barriera tra gli interpreti e il pubblico, soprattutto quello in platea, per il quale la scena soprelevata a causa dell’enorme vasca certo non era d’aiuto nella ricezione corretta delle voci dal palcoscenico. Un maggior supporto agli interpreti e al coro, un piglio più esperiente e robusto nei confronti dell’orchestra stessa, tutti a volte spiazzati e incerti, avrebbero giovato e ciò dichiarava apertamente anche una carenza di prove adeguate, acuita dal disagio delle improvvise sostituzioni e di altri numerosi intoppi che avevano ostacolato la debita preparazione dell’opera.

La protagonista Alaide, Francesca Tiburzi, titolare del secondo cast, è stata la sostituta della tanto attesa Daniela Schillaci, che canterà comunque le altre recite. La Tiburzi ha avuto una bella gatta da pelare, nonostante il bel colore scuro che ne caratterizza la vocalità, soprattutto a causa della tendenza ad avere qualche problema d’intonazione. Il celeberrimo vocalizzare dietro le quinte al primo atto che introduce Alaide, per esempio, ha dimostrato un attacco ed un prosieguo alquanto incerti, sia pur considerando che si tratti di una partenza a freddo di improba difficoltà. Il soprano è andata avanti, comunque, con piglio drammatico ed ha delineato, scenicamente, un personaggio robusto, ma si è mostrata anche carente nella zona acuta, stirando una voce che non è perfettamente adatta alla parte e che in toto, probabilmente, non è una voce adatta a cantare Bellini o, almeno, “questo” Bellini.16176703_689358664558529_1004555692_n

Il tenore Emanuele D’Aguanno, al debutto nel ruolo di Arturo, alle prese pure con l’acqua che ha saputo gestire con abilità scenica, ha dispiegato una voce dall’emissione fluida, dotata di un bel legato e di facilità ai sovracuti. Anch’egli ha avuto un bel da fare per far funzionare i duetti, dove l’evidente carenza di prove di cui sopra ha avuto il proprio peso specifico alquanto elevato, ma, in conclusione, se l’è cavata egregiamente, dando di Arturo una versione credibile e sentita, oltreché coraggiosa, nella quale ha anche dato prova di professionalità e di carattere.

Dell’Isoletta di Sonia Fortunato non si può che dir bene, perché si è accennato all’inizio come fosse un’interprete last minute. Gravoso compito, dal golfo mistico, quello di dar voce alla controfigura/mimo Nicol Oddo senza aver studiato l’opera per andare in scena. Era successo a chi scrive di assistere ad un episodio simile, ma in corso d’opera in un Don Carlo a Vienna, per l’improvvisa indisposizione del basso che impersonava Filippo II, divenuto afono durante la recita. Nel teatro austriaco, il sostituto, però, era comparso in palcoscenico, lateralmente, con tanto di leggio, e aveva dato voce all’interprete in persona, con un vero e proprio playback. A questo punto, meglio la finzione dal golfo mistico; ma il buon impasto vocale da mezzosoprano della Fortunato sarà tutto da ascoltare in scena.Bellini Francesco Di Bartolo

A parte il gradevole Valdeburgo di Enrico Marrucci, le voci del signore di Montolino, Alessandro Vargetto, del priore degli Spedalieri, Maurizio Muscolino, e di Osburgo, Riccardo Palazzo, non brillavano né per proiezione né per espressione. Altrettanto il Coro, istruito però questa volta con una certa cura da Ross Craigmile, ma intimorito dai tempi della direzione.

Una serata da cui si è usciti con un po’ d’amaro in bocca, al pensiero di ciò che è stato e di ciò che avrebbe, per molti motivi, potuto essere.

Serata affollata, anche confusionaria tra il pubblico plaudente con qualche eccesso da claque, ma Bellini, per fortuna e per quei miracoli che spesso si riesce a compiere in scena grazie alla potenza dell’Arte, ne esce comunque indenne e questo è il dato di fatto più rilevante. Chi scrive, però, non si priverà di un’altra recita e la consiglia.

Natalia Di Bartolo ©dibartolocritic

PHOTOS © Giacomo Orlando, AA.VV.

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