L’Impressionismo costituisce un punto di svolta nell’arte moderna, con un focus sul rifiuto delle convenzioni accademiche e l’innovativa rappresentazione di luce e colore. Massimo Cultraro, dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale del Cnr, evidenzia come i noti artisti Monet e Manet abbiano rivoluzionato la pittura dell’Ottocento, influenzati sia dai progressi scientifici sia dal contesto sociopolitico dell’epoca.
L’arte moderna segna una svolta epocale nella storia artistica, caratterizzata da un allontanamento dalle convenzioni accademiche e una ricerca di nuove forme di espressione. Ma quando possiamo dire che questa rivoluzione abbia avuto inizio? Molti storici dell’arte individuano l’inizio dell’arte moderna alla fine del XIX secolo, con l’emergere dell’Impressionismo. Questo movimento, nato in Francia intorno al 1870, ha rifiutato le rigide regole dell’arte accademica, concentrandosi invece sulla cattura della luce e del colore in modo spontaneo e immediato. Artisti come Claude Monet, Edgar Degas e Pierre-Auguste Renoir hanno rappresentato scene quotidiane con pennellate rapide e l’uso di colori puri, rompendo con la tradizione della pittura dettagliata e ben delineata. Per capire quando ha origine questo momento cruciale della storia dell’arte ne parliamo con Massimo Cultraro, dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Ispc) del Cnr: “La corrente impressionista segna un profondo cambio di rotta nelle manifestazioni artistiche e pittoriche dell’Europa dell’Ottocento, una vera rivoluzione, nelle tematiche e nella tecnica, rispetto all’esperienza dei pittori Romantici. Si tende a collocare come data d’inizio dell’esperienza dei nuovi pittori impressionisti la mostra pubblica tenutasi a Parigi nell’estate del 1874, ma secondo altri andrebbe fissata al 1863, anno in cui Edouard Manet (1832-1883) presentò al pubblico il suo celebre quadro ‘Colazione sull’erba’. Nella mostra del 1874 appaiono i più importanti prodotti di questa nuova corrente artistica, che si contraddistinguono per l’idea di cogliere la realtà della natura in maniera rapida ed estemporanea, come fosse un bozzetto. Le coordinate di questa rivoluzione antimanieristica sono la scelta di paesaggi all’aperto (en plein air), talvolta immersi in atmosfere languide, cristallizzate in pennellate rapide e scomposte. Altro punto di forza è l’impiego di un vivace cromatismo, che evita la sovrapposizione dei colori, i quali vengono solo accostati, in piena sintonia con le conquiste scientifiche maturate nel campo degli studi ottici, dei quali i pittori impressionisti dimostrano di conoscere i risultati. Non è certo casuale lo stretto legame che si consolida in questo periodo tra i progressi della scienza e le correnti artistiche nel rapporto tra colore e spettro ottico della luce o la stessa tendenza a scomporre la realtà attraverso immagini apparentemente sfocate, che trovano un diretto riscontro negli studi pioneristici sullo sviluppo delle neuroscienze relative alle gerarchie funzionali del cervello, promossi dallo scienziato tedesco Theodor Meynert (1833-1892)”.
Colazione sull’erba, Eduard Manet
Il contesto storico nel quale si afferma l’impressionismo è dominato da complessi fenomeni socioeconomici e politici: la guerra franco-prussiana del 1870, conclusasi con la sconfitta militare della Francia, avvia il processo di cambiamento sociopolitico attraverso l’esperienza della Comune parigina, sovvertendo il tradizionale sistema di controllo politico affidato all’alta borghesia e all’aristocrazia. “Molti dei pittori impressionisti sono accusati di far parte della Comune e, pertanto, visti come ‘ribelli e anarchici’, ma in realtà la corrente impressionista, che comprende anche personaggi dell’alta borghesia, agisce solo come strumento antisistema, affidando all’arte il messaggio di cambiamento e rinnovamento”, precisa il ricercatore del Cnr-Ispc.
La cultura positivista, che in Francia aveva uno dei principali centri di elaborazione del pensiero filosofico, riponeva un’indiscussa fiducia nella comprensione della realtà attraverso il metodo scientifico, finendo per limitare le possibilità dell’azione individuale. “La corrente dell’impressionismo si colloca come antitesi al rigore del positivismo e apre alla libertà dell’uomo, che legge e traduce la realtà delle cose attraverso la propria sensibilità e il coinvolgimento dello stato emozionale. Tra questi mezzi, c’è anche l’introduzione della macchina fotografica che, agli occhi dei pittori impressionisti, costituisce un pericoloso strumento di rappresentazione della realtà” spiega lo studioso.
Fin dalla mostra parigina del 1874, quando il critico Louis Leroy (1812-1885) introduce per la prima volta il termine “impressionismo” suscitato in lui da un quadro di Claude Monet (1840-1926), il percorso di affermazione della nuova corrente artistica è segnato da battute di arresto e da profonde critiche. “Solo un decennio dopo, l’attività del mercante d’arte Paul Durant-Ruel (1831-1922) avvia lo sdoganamento delle opere impressioniste, che trovano un mercato assai favorevole nei musei e nelle raccolte private della ricca borghesia degli Stati Uniti, in particolare a Boston e New York. Un cambio di rotta, che segna anche la crisi interna del gruppo degli artisti parigini, avviene in occasione della Mostra Universale del 1889, quando il contatto con l’arte giapponese, in particolare quella ukiyo-e (pittura del mondo fluttuante), crea fenomeni assai interessanti di ibridazione e assimilazione di scelte cromatiche. Basti pensare a Monet, che possedeva una delle più ampie raccolte di stampe giapponesi, oggi visibili nella casa-museo di Giverny, in Normandia”, chiarisce Cultraro.
È complicato poi stabilire quali siano l’opera o l’artista che rappresentano meglio l’essenza dell’impressionismo, come sottolinea l’esperto del Cnr: “È difficile scegliere, dal momento che in ciascuno si colgono elementi di innovazione sul piano tecnico e tematico; l’opera di Manet ‘Colazione sull’erba’ è un sovvertimento dei canoni della pittura romantica: gli uomini vestiti in maniera moderna contrastano con la donna nuda, all’interno di un disegno tracciato con rapide pennellate e organizzato su giochi di luci assolutamente nuovi per l’epoca. Ma è innovativo anche Georges-Pierre Seurat (1859-1891), che introduce il pointillisme, l’uso di piccoli punti accostati anche con varie soluzioni cromatiche che, quando l’osservatore si pone a una certa distanza dal quadro, si ricompongono in una percezione unitaria. Come archeologo, mi chiedo quanto abbia influito nel processo artistico di diffusione della corrente impressionista, la scoperta dell’arte rupestre del Paleolitico, quale la Grotta di Altamira in Spagna, dove già compaiono questi procedimenti pittorici”.