Fra storia ed analisi musicale, i capolavori di un genio romantico troppo precocemente scomparso.
Felix Mendelssohn nacque ad Amburgo nel 1809 e morì a Lipsia nel 1847.
Troppo presto, si potrebbe dire. Ma, del resto, la mente corre ad altri autori immensi del nostro Patrimonio Musicale: Chopin, Schubert, Bellini: tutti geniali e tutti precocemente scomparsi, come in una tragica costante.
Il piccolo Felix, a soli tre anni, seguìto dalla madre, iniziò ad avere contatti con la musica ed apprese assai presto sia la Composizione che la Direzione d’orchestra, perferzionandosi poi a Parigi e Berlino. Due citta, due opposti. Ma nulla accade a caso nella vita dei Grandi.
Quale tedesco di nascita e formazione, amò e studiò Bach, proponendone, anche come Direttore d’Orchestra, a soli vent’anni, “La Passione secondo Matteo” e rivalutandone figura ed opere; ma, nello stesso tempo, non potè non risentire del brio e della gioia di vivere della temperie musicale di una città come Parigi. Ogni uomo è figlio non solo del suo tempo, ma anche delle sue frequentazioni. Il suo carattere era sorridente ed appassionato e tutto si rispecchia nelle sue composizioni.
Destino (mai caso!) volle anche che il giovane Felix si recasse in Scozia: lì, fra le scogliere scoscese a strapiombo sul gelido mare, la brughiera selvaggia, i castelli popolati di eroici fantasmi e l’atmosfera fortemente romantica della cultura del momento, egli diede fiato a tutta la sua passionalità, riversandola nella Sinfonia “Scozzese”.
La “Sinfonia”, complessa composizione per orchestra, proprio con Mendelssohn (insieme a Schubert e Schumann), assunse le sembianze definitive di una composizione in tre-quattro tempi: un allegro in forma di sonata, un secondo movimento lento, uno scherzo (sostitutivo del minuetto) e un movimento finale veloce.
La parte strumentale della “Scozzese”, come quella di tutte le cinque Sinfonie di Mendelssohn, fu da lui trattata entro tali canoni, nonché con generosità, ampliando ed arricchendo l’organico strumentale e generando, quindi, sovrabbondanza di sonorità, timbri, coloriti, atmosfere.
La “Scozzese” è davvero figlia di Scozia. Ma dove il musicista eccelse nel ricreare il fascino della selvaggia natura d’oltre-manica fu ne “Le Ebridi” e, soprattutto, ne “Le grotte di Fingal”, composizioni sinfoniche brevi ed intense, che coinvolgono l’ascoltatore, trascinandolo fra le spume e le verdi alghe del mare di Scozia, in braccio a misteriose, romantiche figure dell’immaginario e della mitologia celtica.
L’attività del giovane musicista ferveva intanto come non mai ed era frenetica. Si recò in Italia ed ecco la “Sinfonia Italiana”, svelta, lieve, ricca di echi folklorici, ma deliziosamente travolgente. Perfetta la struttura, ma sbrigliata la fantasia e felicissima la mano melodica.
Tornato in Germania, nel 1835 fu nominato direttore del Gewandhaus, un’istituzione concertistica di Lipsia, che divenne in breve il più importante centro musicale europeo.
Scriveva a ritmi forsennati: l’austera “Sinfonia della Riforma”, ispirata a Martin Lutero; il Concerto per violino e orchestra, inimitabile nel suo appassionato afflato romantico; celebri brani per pianoforte, fra cui le “Romanze senza parole” e le “Variations serieuses”; meno noti, i quartetti e la musica sacra, con l’Oratorio “Elia”.
Ma la vita dell’uomo è costellata anche di grandi dolori: nel 1847 morì l’amatissima sorella Fanny: Felix ebbe un collasso e la salute lo abbandonò. Con la sorella morì una delle sue parti più belle: quella della “profonda leggerezza”. In sua memoria egli scrisse il “Sesto quartetto”, ombroso e cupo; poche settimane dopo, un’emorragia cerebrale lo uccise.
La musica di Mendelssohn è caratterizzata da una grande chiarezza formale e da una straordinaria, inimitabile semplicità melodica, mediando egli abilmente il limpido classicismo di natura germanica con gli slanci impetuosi di una sensibilità appassionata per natura; appassionata sì, ma sognante; lieve, come d’equilibrista che cammini sul filo: proprio tale la capacità di mettere in perfetto equilibrio parti di diversa natura e creare una musica di non “difficile” ascolto, ma di eccelsa qualità artistica, rende Felix Mendelssohn, nonostante la brevità della sua vita, uno dei più grandi compositori di tutti i tempi.
©Natalia Di Bartolo