Articolo di Vittoria Baracaglia [Almanacco della Scienza CNR, N. 23 – 16 dic 2020]
È ormai assodato che possedere un animale domestico apporti numerosi benefici all’uomo, poiché riduce lo stress, il senso di solitudine e favorisce la socializzazione. I nostri amici a quattro zampe arricchiscono la nostra vita e ci mantengono in forma, fisica e mentale. Ecco perché sono sempre più parte integrante di tante famiglie. Ma se è vero che gli animali domestici rendono felici i loro padroni, si può dire vero anche il contrario? Naturalmente la maggior parte dei proprietari spera che il proprio pet sia felice, ma stabilirlo veramente non è così semplice.
“Descrivere il concetto di felicità è particolarmente complesso anche negli esseri umani, soprattutto se si intende la felicità come la piena realizzazione di tutti i desideri. Inoltre, se non antropomorfizzata, la felicità è un sentimento assolutamente arbitrario, dunque non è possibile definirla in nessuna specie animale, a parte la nostra”, spiega Marcello Raspa dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Ibbc) del Cnr. “A oggi non esistono parametri di ricerca adeguati per stabilire se gli animali siano felici: gli unici aspetti positivi scientificamente misurabili sono il loro benessere e il loro stato di salute. Al contrario, molti sono i dati sui sentimenti negativi, come la sofferenza e la paura”.
Le persone che possiedono un animale domestico identificano le fusa del gatto, lo scodinzolio del cane, le feste che fanno al padrone come la dimostrazione della loro felicità, la scienza però ha dato un’interpretazione diversa di questi gesti, dimostrando come siano sistematicamente fraintesi. “Non sono un sinonimo di felicità, quanto piuttosto un atteggiamento rassicurante, che gli animali compiono verso il capobranco o verso colui che li nutre”, chiarisce il ricercatore.
Tutti i possessori di un animale domestico hanno affermato almeno una volta di aver visto il proprio amico a quattro zampe sorridere durante una passeggiata al parco o in un momento di gioco, ma anche in questo caso c’è un fraintendimento . “Se è vero che gli animali sono più propensi a mostrare atteggiamenti positivi quando giocano (si considera il gioco come rinforzo positivo) o quando escono vincitori da una competizione con un proprio simile, neanche in questo caso si può parlare di vera e propria felicità, ma più che altro di stati d’animo positivi”, continua Raspa.
A confermarlo, un recente studio condotto da ricercatori della Queen’s University di Belfast e pubblicato sulla rivista “Proceedings of the Royal Society B” che sostiene che gli animali sono in grado di sperimentare emozioni simili a quelle degli esseri umani, esibendo stati d’animo positivi in caso di successo e una condizione simile al pessimismo in caso di sconfitta. Il team di ricerca ha scoperto anche che gli stati d’animo negli animali possono svolgere un ruolo fondamentale nel loro processo decisionale e che le loro emozioni influenzano anche la cognizione e il comportamento non strettamente correlati. Sono dati importanti perché considerare l’aspetto emotivo nello studio del comportamento animale può aiutare a misurare e migliorare i loro stati emotivi e il loro benessere.
Tuttavia, conclude Il ricercatore del Cnr-Ibbc:“L’essere umano tende ad attribuire agli animali espressioni e comportamenti codificati e antropomorfizzati, che non indicano se e come siano felici. Al di là della scienza, comunque, ci fa piacere rendere felici i nostri amici a quattro zampe”.
Vittoria Baracaglia