Il Dolce stil novo, al quale fa riferimento anche Dante, propone un modello in cui l’amata viene vista come “donna angelo”, una creatura che nobilita l’animo di chi se ne innamora. E la sua valenza angelica non si limita alla bellezza, come era nell’amor cortese dei Trovatori, ma acquista un carattere anche celeste. “La donna angelo è portatrice di azione purificatrice, è artefice del superamento tra amore terreno e divino, è una figura salvifica, uno strumento di purificazione, non a caso Beatrice nella Commedia diviene assoluto spirito”, commenta Adriana Valente dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr.
La donna dunque su un piano spirituale, ha poco di reale, di fisico, malgrado la musa ispiratrice di Dante sia realmente esistita. Il suo nome è Bice, è figlia di Folco Portinari e il poeta la incontra a Firenze la prima volta quando entrambi hanno nove anni e poi una seconda volta a diciotto. Beatrice a diciannove anni si sposa e perde la vita a soli ventiquattro in seguito a un parto complicato. Dante però non la dimentica, al contrario, la idealizza e la trasfigura.
“La donna immaginata, per quanto in molti casi sia ispirata da una persona reale, è generata dal pensiero maschile e contribuisce a schiacciare la figura femminile in quanto tale, fatta di corporeità e spiritualità sue proprie, riconoscendola, nella migliore delle ipotesi, come mero cartamodello, figurino, silhouette”, commenta Valente. “Ancora ai giorni nostri c’è traccia di questa concezione, quando, come complimento galante, si fa riferimento al profilo di una donna in termini di figurino o di silhouette, con specifico riferimento a forme femminili sottili e aggraziate. La donna stilnovista non ha però alcun potere per rifiutare tale immagine, mentre quella di oggi può farlo”.
Le diversità sono anche altre, sottolinea Sveva Avveduto del Cnr-Irpps: “La donna angelicata di Dante non potrebbe essere più lontana da quella moderna e consapevole del presente. Ma c’è da chiedersi quanto quella natura angelica fosse solo frutto di una lettura maschile e quanto invece le donne fossero fin da prima dei tempi danteschi, ricche di tutte le qualità, competenze e capacità che cominciano a venire loro riconosciute solo da poco più di un secolo”.
A dimostrazione dei passi avanti ci sono le nomine che hanno di recente portato esponenti dell’universo femminile al vertice di importanti istituzioni: da Ursula von del Layen alla Commissione europea a Maria Elisabetta Casellati presidente del Senato, fino alla recente nomina della prima rettrice dell’Università Sapienza di Roma, Antonella Polimeni. “Alle donne nel Medioevo, mogli e madri, non restavano ruoli di leadership se non quelli monastici. Le donne della Scuola salernitana di medicina e, con il passare del tempo, le matematiche, le astronome, le chimiche e quelle presenti nelle università erano rare eccezioni”, conclude Avveduto. “Via via le donne sono entrate, anche se lentamente, nelle sfere appannaggio esclusivo degli uomini, nella politica e nelle professioni. Tuttavia, molte carriere ancora oggi sono etichettate come maschili. Si pensi all’accesso alla carriera prefettizia nei concorsi pubblici, aperto solo dal 1960”.
Rita Bugliosi
[Da “Almanacco della Scienza, N. 22 – 2 dic 2020, Quindicinale a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche]