I ricercatori dell’Istituto di biometeorologia del Cnr confermano l’associazione tra elevate temperature urbane ed effetti sulla salute della popolazione più soggetta, soprattutto anziani, sviluppando mappe ad alta risoluzione che mostrano rischio da caldo generalmente concentrato nelle zone centrali e nelle città costiere. I risultati sono pubblicati sulla rivista Plos One
Gli effetti del caldo sulla salute sono ormai confermati da abbondante letteratura1-2. Numerosi studi epidemiologici, infatti, hanno dimostrato in varie parti del mondo, una robusta associazione tra effetti a breve termine delle elevate temperature e la salute della popolazione in generale ma soprattutto quella di specifiche categorie di soggetti considerati come “a maggior rischio”. In particolare, è stato osservato che il rischio di mortalità aumenta mediamente dall’1% al 3% per un aumento di 1 °C della temperatura dell’aria oltre una specifica soglia. Quest’ultima, generalmente più elevata nelle località più vicine all’equatore e in generale nei paesi più caldi, suggerendo anche un adattamento della popolazione al caldo.
Gli effetti del caldo hanno mostrato gli impatti maggiori sui soggetti anziani3 e soprattutto sulle persone che vivono in ambiente urbano: un recente studio americano ha stimato un aumento del 3% dei ricoveri ospedalieri di soggetti anziani (di età superiore a 65 anni) nei successivi 8 giorni seguenti condizioni di caldo estremo.
In ambiente urbano l’effetto termico è amplificato dal tipico fenomeno di origine antropica noto con il termine di “isola di calore urbana” (dall’inglese Urban Heat Island). Tale fenomeno, caratterizzato da aree urbane cittadine molto più calde rispetto a quelle periferiche o rurali circostanti, è determinato dal maggiore accumulo di calore durante il periodo diurno (favorito soprattutto dalla eccessiva cementificazione e elevata presenza di superfici asfaltate nelle città) e dal successivo rilascio del calore durante la notte per irraggiamento. E’ infatti, proprio durante le ore notturne che il fenomeno dell’isola di calore è particolarmente intenso4, con differenze tra le zone centrali e rurali che, nelle nostre città, possono anche essere superiori a 5 °C (Fig. 1). In città di grandi dimensioni tali differenze possono essere anche più marcate, superando i 10 °C.
I ricercatori dell’Istituto di Biometeorologia del CNR svolgono ormai da molti anni ricerche in questo ambito, studiando soprattutto le complesse dinamiche che determinano le variazioni termiche spaziali in ambiente urbano e valutando i potenziali effetti che tali anomalie microclimatiche possono avere sulla salute della popolazione e in particolare sui soggetti più vulnerabili.
I motivi per i quali c’è grande interesse verso questo tipo di ricerche sono molteplici:
- In conseguenza al fenomeno del riscaldamento globale (global warming), forti impatti del caldo sono previsti proprio nelle aree urbane5. Questo è dovuto al fatto che il fenomeno dell’isola di calore urbana intensifica ulteriormente un’ondata di calore6, con conseguenze dirette per la popolazione residente in città. Basti pensare che superfici di colore scuro (come l’asfalto delle strade) possono raggiungere temperature di oltre 10 °C rispetto alle zone circostanti7.
- Attualmente, circa il 70% della popolazione italiana risiede in aree urbane e secondo le stime più recenti8 tale valore è previsto in aumento, raggiungendo l’80% entro il 2050. E’ quindi plausibile ipotizzare che in Italia sempre un maggior numero di persone potrà essere esposto agli effetti delle elevate temperature.
- Secondo stime recenti, inoltre, entro il 2050, circa un terzo della popolazione italiana sarà rappresentata da soggetti anziani (di età superiore a 65 anni), quindi potenzialmente più vulnerabili agli effetti del caldo, contro il 21% riportato nel censimento nazionale del 2014 (http://demo.istat.it/pop2014/index.html). E’ inoltre, importante sapere che l’Italia è uno dei paesi che ha la più alta età mediana a livello mondiale, con la più alta proporzione di soggetti anziani (e quindi più vulnerabili al caldo) in Europa9.
Nonostante questa premessa, al momento in Italia c’è una mancanza di informazioni relative alla distribuzione spaziale del rischio da caldo nelle aree urbane.
E’ per questo motivo che alcuni ricercatori dell’IBIMET hanno sviluppato, per le più popolose città Italiane, delle mappe ad alta risoluzione relative alla distribuzione spaziale del rischio diurno e notturno da caldo urbano per la popolazione anziana (soggetti di età superiore a 65 anni). I risultati di questo studio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista PLOS ONE10
(http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0127277)
Le città incluse nello studio hanno tutte più di 200 mila abitanti: cinque città del nord (Milano, Padova, Torino, Bologna e Genova), due del centro (Firenze e Roma) e quattro del sud (Bari, Napoli, Palermo e Catania).
In questo studio i ricercatori hanno utilizzato due fonti di dati:
- Una serie di 13 anni (2001-2013) di dati satellitari della NASA (MODIS data) di temperatura superficiale del suolo (LST, Land Surface Temperature) con una risoluzione a 1 km, successivamente riportati a una risoluzione di 100 m grazie a una complessa procedura di downscaling;
- dati di densità della popolazione totale e degli anziani relativa al 2001 (fonte Eurostat) estratti dal database del Joint Research Centre11 con una risoluzione a 100 m.
Questi dati sono stati processati mediante una riconosciuta metodologia di valutazione del rischio per la popolazione legata a pericoli ambientali impiegata precedentemente nell’ambito di un progetto internazionale indirizzato a valutare le strategie di adattamento al cambiamento climatico in ambiente urbano (ASCCUE, Adaptation Strategies for Climate Change in the Urban Environment)12. Questo rischio è definito dalla interazione tra tre componenti fondamentali:
- il pericolo ambientale (natural hazard), rappresentato nello studio dall’aumento della temperatura superficiale del suolo;
- la popolazione esposta (exposure), rappresentata dalla popolazione totale;
- la popolazione vulnerabile (vulnerability), rappresentata dalla popolazione di età superiore a 65 anni.
E’ stato quindi calcolato l’indice di rischio da caldo diurno e notturno per la popolazione anziana, chiamato nello studio “Heat-related Elderly Risk Index (Heri)”, spazializzato su tutto il contesto urbano durante il periodo estivo. L’indice praticamente permette di individuare 5 livelli di rischio da caldo per soggetti anziani (rischio molto basso, basso, moderato, alto e molto alto).
Le mappe sviluppate in questo studio (Fig. 2 e 3) hanno mostrato una marcata eterogeneità a livello spaziale del rischio da caldo diurno e notturno sia nelle città dell’entroterra che costiere, con i livelli di rischio più elevati generalmente (ma non sempre) concentrati nelle zone centrali delle città. E’ stato inoltre osservato che il livello di rischio da caldo più elevato non sempre è associato alle più alte temperature superficiali del suolo (soprattutto durante il periodo diurno), ma è anche funzione di come è distribuita la popolazione e soprattutto i più vulnerabili. La densità di popolazione totale e degli anziani, invece, ha sempre mostrato valori progressivamente più elevati partendo dalla classe di rischio da caldo più bassa (rischio molto basso) e raggiungendo i valori più alti nella classe di rischio più elevata (rischio da caldo molto alto). In particolare sono stati osservati valori di densità di popolazione particolarmente alti nella classe di rischio da caldo “molto alto” a Genova (circa 27000 e 5500 abitanti totali e anziani per km2 rispettivamente) e Napoli (circa 19400 e 2300 abitanti totali e anziani per km2 rispettivamente) tra le città costiere, e a Milano (19300 e 3300 abitanti totali e anziani per km2 rispettivamente) e Torino (18600 e 3300 abitanti totali e anziani per km2 rispettivamente) tra quelle dell’entroterra.
Durante il periodo diurno, la maggior parte delle città studiate (3 città dell’entroterra e 3 costiere) hanno mostrato le temperature del suolo medie estive più elevate nel livello di rischio da caldo “moderato” (da circa 23 °C di Torino a oltre 32 °C di Catania). Le altre città invece hanno mostrato le temperature del suolo più elevate nelle classi di rischio “alto” (Genova con 20 °C) e “molto alto” (Milano con circa 25 °C, Napoli e Firenze con quasi 29 °C, Roma con oltre 31 °C).
Di giorno, il livello di rischio “moderato” è risultato essere quello più rappresentato (in termini di copertura superficiale) in molte delle città studiate, con una copertura superiore al 50% della superficie totale urbana nelle città di Roma e Torino e in quasi tutte le città costiere (in arancione nelle Fig. 2 e 3). Nelle altre città dell’entroterra e la città di Genova il livello di rischio con la maggiore copertura superficiale è stato quello “basso” (in giallo nelle Fig. 2 e 3).
Durante il periodo notturno, invece, quasi tutte le città hanno mostrato le temperature del suolo più elevate coincidenti con il livello di rischio da caldo più elevato (rischio molto alto). In particolare, la temperatura notturna del suolo media estiva più elevata è stata osservata a Bologna (con quasi 19 °C), seguita da Firenze, Roma e Palermo (poco oltre 17 °C).
Di notte, il livello di rischio “basso” è risultato essere quello con la maggiore copertura superficiale tra tutti i livelli di rischio nella maggior parte delle città (con valori tra poco oltre il 45% a Milano e circa l’80% a Bari) (in giallo nelle Fig. 2 e 3). La città di Bologna ha mostrato il più alto valore assoluto di copertura superficiale coincidente con il livello di rischio “molto basso” (circa l’83% della copertura superficiale totale) (in verde nella Fig. 3). Alcune città, comunque, tra cui Roma, Napoli e Catania, hanno mostrato, così come osservato durante il periodo diurno, la maggiore copertura superficiale coincidente con il livello di rischio “moderato” (in arancione nelle Fig. 2 e 3).
Le superfici delle aree urbane interessate dai più alti livelli di rischio da caldo (rischio alto e molto alto) sono risultate essere più elevate sulle città costiere (in media 11.3% della superficie a rischio alto e 6.0% a rischio molto alto) rispetto alle città dell’entroterra (in media 8.1% della superficie a rischio alto e 3.3% a rischio molto alto). In particolare, il massimo livello di rischio da caldo (rischio molto alto) ha raggiunto il massimo di copertura superficiale diurna e notturna nella città di Napoli (circa il 15-16% della superficie totale), seguita da Padova (con circa 8-9%) e Palermo (circa 8%) (in viola nelle Fig. 2 e 3). Le città di Bologna e Genova hanno invece mostrato le più basse coperture superficiali del massimo livello di rischio, con valori sempre inferiori all’1% sia di giorno che di notte (in viola nelle Fig. 2 e 3).
Tali informazioni sono di grande utilità in quanto forniscono informazioni attualmente inesistenti a livello nazionale, ossia una descrizione molto dettagliata e citta-specifica del rischio da caldo per gli anziani, con un dettaglio sino a livello di strada (Fig. 4).
In sostanza, si tratta di uno strumento molto utile per la pianificazione degli interventi durante fenomeni particolarmente disastrosi come le ondate di calore che, oltre a causare grandi disagi tra la popolazione (in termini di percezione dell’ambiente termico), determinano ogni anno grandi perdite in termini di vite umane. L’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio degli effetti del caldo per la popolazione può facilitare e ottimizzare interventi da parte delle autorità locali che si occupano delle strategie di intervento per contrastare gli effetti del caldo a scala urbana. Ad esempio possono essere d’aiuto per programmare interventi a breve termine, come ad es. un efficace rifornimento di acqua, oppure il posizionamento di servizi sanitari temporanei, o ancora l’organizzazione di specifici trasporti dei soggetti più vulnerabili presso centri climatizzati. Le informazioni spaziali ottenute da queste mappe potrebbero essere implementate nei servizi di allerta delle ondate di caldo attivi ormai una decina di anni in numerose città italiane (Hhws, Heat Health Warning Systems). Ma sarebbero d’aiuto anche per azioni a medio/lungo termine, migliorando la pianificazione di interventi di mitigazione dell’ambiente urbano, identificando le aree pubbliche e private adatte a una corretta e strategica reintroduzione della vegetazione, o ancora rivestendo i tetti con vegetazione (tetti verdi) o utilizzando materiali riflettenti, modificando, quindi, le superfici degli edifici.
Vista l’importanza delle caratteristiche del suolo in ambiente urbano alcuni ricercatori dell’Ibimet stanno anche effettuando altre indagini valutando a livello stagionale le relazioni tra il consumo di suolo (soil sealing) e il livello termico nelle città, inteso come variazione di temperatura superficiale del suolo (Lst). In particolare sono stati utilizzati i recenti dati ad alta risoluzione forniti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), pubblicati nell’ambito del rapporto “Il consumo di suolo in Italia – Edizione 2015”13.
Nelle città studiate in queste indagini preliminari è risultato che al crescere del consumo di suolo la temperatura di superfice diurna e notturna aumenta linearmente in modo significativo (Fig. 5). Ad esempio, per la città di Milano, per ogni 20 ettari di suolo consumato è stato osservato un aumento diurno della temperatura superficiale del suolo media annua di circa 0.6 °C. Questo, quindi, rappresenta un ulteriore contributo dell’ambiente urbano nell’aggravare il fenomeno del Global warming.
Si tratta di risultati attesi ma oggi quantificabili grazie ai dati messi a disposizione da Ispra, a cui va reso il merito di un grande servizio nazionale adottando lo schema OpenData.
In conclusione, seguendo la linea dell’ottimo articolo di Jacopo Ottaviani14 che introduce nell’immaginario descrittivo del consumo suolo un’unità di misura di superficie non-standard ma molto comunicativa, ossia il “campo di calcio equivalente”, è stato calcolato quanti campi di calcio fossero da “consumare” per far aumentare di 1 °C la temperatura nelle varie città su base stagionale (Tab. 1).
A livello annuale e nelle città studiate, sono richiesti in media poco più di 40 campi di calcio di suolo consumato per avere un aumento di 1 °C della temperatura superficiale del suolo. Ovviamente però ci sono differenze a livello stagionale e tra le varie città. In particolare, nelle stagioni più calde (primavera e estate) sono necessari un minor numero di campi di calcio (minore consumo di suolo) per avere un aumento di 1 °C della temperatura superficiale del suolo. Ogni città comunque reagisce in maniera diversa denunciando un carattere di “località” in funzione delle proprie caratteristiche specifiche.
Queste informazioni quantitative permetteranno di programmare interventi di mitigazione città-specifici, basati quindi sulle caratteristiche delle singole città, mitigando l’aumento termico previsto da molte proiezioni climatologiche nell’immediato futuro e contribuendo a migliorare la qualità della vita dei sempre più affollati ambienti urbani.