di Salvatore Margarone e Federico Scatamburlo
Molta attesa per questa prima esecuzione dell’oratorio vivaldiano nel pomeriggio di domenica 17 aprile 2016.
La storia dell’eroina biblica Giuditta che seduce il condottiero assiro Oloferne, lo decapita dopo averlo visto addormentarsi ubriaco alla fine di un banchetto, e libera in tal modo la città israelita di Betulia, era da tempo un classico della produzione oratoriale. Scritto in altisonante latino anziché in italiano, il libretto di Juditha triumphans conteneva una serie di corrispondenze immediatamente leggibili dallo spettatore veneziano del 1716: Giuditta rappresenta Venezia; Oloferne il sultano di Costantinopoli; Abra, ancella di Giuditta, la fede; Vagaus, servo di Oloferne, il comandante delle forze turche Alì Pascià; Betulia e le sue vergini la chiesa e la cristianità; Ozia il papa. Juditha triumphans venne eseguita all’Ospedale della Pietà in una data imprecisata tra il marzo 1716 e il gennaio 1717.
Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie, RV 644, è tra le più conosciute e apprezzate fra le composizioni vocali sacre vivaldiane di ampie proporzioni, unico oratorio pervenutoci dei quattro che sappiamo essere stati composti da Antonio Vivaldi (gli altri tre sono: La vittoria navale predetta dal S. Pontefice Pio V Ghisilieri, RV 782, Vicenza, 1713; Moyses Deus Pharaonis, RV 643, Venezia, 1714 e L’adorazione delli tre re magi al bambino Gesù nella capanna di Betlemme, RV 645, Milano, 1722), e la sua ricchezza musicale, espressa soprattutto nella policromia dello strumentale e nell’inventiva melodica e armonica, non ha eguali nell’intera opera del Prete rosso.
L’oratorio fu introdotto a Venezia dai padri Oratoriani – che dal 1660 avevano la loro sede presso la chiesa di Santa Maria della Consolazione, detta anche «della Fava» – e, dal 1667, nei quattro «Ospedali grandi» (Derelitti, Incurabili, Mendicanti e Pietà), quando i Mendicanti presentarono L’anima pentita, con musica di autore ignoto. Originariamente tutti gli oratori eseguiti negli «Ospedali» erano in italiano, ma nel 1690 ai Mendicanti venne inaugurata una nuova moda, con l’oratorio Davidis conversio in latino, lingua che venne poi adottata anche presso tutti gli altri «Ospedali».
La data della prima esecuzione della Juditha triumphans rimane tuttora incerta. Il frontespizio del libretto recita semplicemente «1716», che, se considerato in rapporto al calendario veneziano, abbraccia un periodo compreso fra il 1 marzo 1716 e il 28 febbraio 1717. Il primo tentativo di proporre una datazione più circostanziata lo si deve a Remo Giazotto, secondo cui l’oratorio fu eseguito per certo nel mese di novembre. Da allora in poi questa indicazione è stata accettata senza riserve dalla maggior parte degli studiosi, anche se Giazotto non ha mai fornito alcuna prova a sostegno delle sue ipotesi.
Il 7 marzo 1716, uno degli informatori degli Inquisitori di Stato, Francesco Alvisi, riportò nel suo avviso settimanale questa annotazione:
“H[ave]ndo il S[ignor] P[ri]n[ci]pe Elett[ora]le di Sassonia trattato con sontuoso pranzo l’altro di Bav[ier]a, questo in appo gli restituì il trattam[en]to, e q[ues]to secondo trattò pur giovedì matt[in]a splendid[amen]te questo Mons[ignor] Nunzio, et Amb[asciato]re Ces[are]o, il q[ua]le havean prima trattato S[ua] Al[tezz]a, alla qu[ua]le fù dato giovedì sera [5 marzo 1716] il tratten[imen]to d’un oratorio in Musica dalle Putte all’Ospital della Pietà.”
L’oratorio, eseguito il 5 marzo 1716 alla presenza del principe elettorale di Baviera, Karl Albrecht, non è ancora stato identificato, ma, con la dovuta cautela, si potrebbe avanzare l’ipotesi che si fosse trattato proprio di Juditha triumphans, «Sacro Militare Oratorio | DA CANTARSI NELLA CHIESA DELLA PIETÀ | IN QUESTO TEMPO DI GUERRA | Da Un Coro E Un’Orchestra Di Vergini», come riportato nel frontespizio del libretto di Giacomo Cassetti, che allude al conflitto che, dal 1714, per la sesta volta, oppose Venezia ai Turchi, e che, dopo una prima fase di disfatta, risultò vittorioso per i veneziani, uniti all’Austria nella Lega Santa, con la pace conclusa a Passarowitz nel 1718.
Se, perciò, Juditha triumphans fu scritta nei primi mesi del 1716, nel momento in cui le forze veneziane avevano toccato il loro punto più basso, lo spirito trionfale della composizione rifletterebbe un’aspirazione piuttosto che un dato di fatto. La partitura, interamente autografa, è redatta su una carta da musica veneziana che presenta la tipica filigrana con le tre mezze lune.
Il dramma è suddiviso in due parti – ciascuna delle quali costituita da quattordici numeri chiusi – separate da un intervallo atto a ospitare un sermone o, più probabilmente, un servizio di rinfreschi. In un esemplare del libretto conservato alla Biblioteca del Conservatorio di Musica di Santa Cecilia a Roma sono riportati in pastello rosso i nomi delle cinque cantanti soliste: Caterina, Silvia, Polonia, Barbara e Giulia, tutti nomi ben conosciuti nell’ambito degli studi dedicati a Vivaldi e in particolare alla Pietà. Juditha triumphans fu una delle prime composizioni vocali sacre vivaldiane di ampio respiro a beneficiare di una ripresa moderna, nel settembre del 1941, sotto gli auspici dell’Accademia Musicale Chigiana di Siena, che nel 1948 ne pubblicò anche un’edizione in facsimile in formato tascabile. Fra le edizioni successive, la più utilizzata è stata quella curata da Alberto Zedda, grazie alla quale l’oratorio ha acquisito la popolarità che tutti oggi gli riconoscono, e, in anni più recenti, l’edizione critica curata da Michael Talbot, entrambe per conto dell’Istituto Italiano Antonio Vivaldi della Fondazione Giorgio Cini di Venezia e pubblicate dall’editore Ricordi.
(fonte: Michael Talbot – edizione critica di “Antonio Vivaldi, Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie – Sacrum Militare Oratorio” , edizione promossa dall’Istituto Italiano Antonio Vivaldi – Fondazione Giorgio Cini di Venezia e pubblicata da Ricordi (Milano 2008) .
L’esecuzione di questa sera, molto ben riuscita, ha visto sul podio il M° Roberto Zarpellion che ha diretto l’Orchestra da Camera Lorenzo Da Ponte, con strumenti d’epoca, ha infuso una concertazione di altissimo livello alla partitura risultata brillante ma allo stesso tempo drammaticamente corretta e in una perfetta prassi esecutiva barocca.
Le protagoniste si sono alternate sulla scena con molta eleganza, interpretando con enfasi e pathos ogni singola parola latina: Luciana Mancini, Juditha, molto aggraziata nella vocalità, è emersa soprattutto per le sfumature sui “pianissimi” della voce, di cui la partitura è pervasa, ma anche di fervido calore specialmente nella seconda parte dell’oratorio. Forse, la voce era un po’ “indietro” in alcuni momenti, tecnica che molti usano in questo repertorio, ma che, a parere di chi scrive, non è corretta: l’emissione della voce è una sola, così facendo risulta un po’ fissa, poco vibrante, e non viene “proiettata” in maniera efficace verso l’ascoltatore.
In alcuni momenti Luciana inoltre è apparsa un po’ confusa sul modus operandi, sbagliando un’entrata in scena che non le spettava, cosa che si è poi ripetuta durante i ringraziamenti finali, magari l’emozione ha giocato un brutto scherzo.
Holofernes, interpretato dal mezzosoprano Elena Biscuola, dalla calda voce scura e bella tecnica vocale, si è distinta per aver saputo dare incisività alla parola che è risultata sempre chiara e ben “pensata” e ha reso quindi magnificamente il personaggio fino alla fine dell’esecuzione. Brava.
Silvia Frigato, bella voce di coloratura, ha cantato Vagaus: inizialmente un po’ fredda, si riscatta man mano arrivando al gran finale con l’ultima aria in cui ha sfoderato tutto il suo vigore vocale, regalando delle agilità di pregio che hanno lasciato il pubblico intervenuto piacevolmente soddisfatto (e che le ha giustamente tributato una grande ovazione).
L’ancella di Juditha, Abra, è stata affidata alla voce di Francesca Lombardi Mazzulli, soprano, inguainata in uno sgargiante abito rosso che in alcuni momenti ha un po’ impacciato i movimenti, ma per il resto ha reso vocalmente molto bene, riservando qua e là anche delle soprese, con qualche sovracuto molto ben eseguito ed intense interpretazioni drammatiche.
Infine Ozia, sul palco Marta Fumagalli, bellissima voce, rotonda, calda, ben poggiata, che nella breve apparizione sul finale dell’oratorio, ha riempito la scena con una profonda vocalità da “gran sacerdote”.
Completa l’oratorio l’ottimo Coro dell’Accademia dello Spirito Santo diretto da Francesco Pinamonti.
Degni di nota anche alcuni strumentisti dell’Orchestra Lorenzo Da Ponte: Francesco Galligioni (Violoncello, Viola da gamba e Viola all’inglese); Paolo Zuccheri (Contrabbasso, Viola da gamba e Viola all’inglese); Luca Lucchetta (Chalumeau, Clarinetto); Fabiano Merlante (Tiorba, Mandolino, Chitarra); Nicola Lamon (Organo) e Lorenzo Feder (Clavicembalo).
Si conclude con questa rappresentazione la stagione lirica per quest’anno con un’ottima scelta del Teatro Comunale di Ferrara, che ha “osato” proporre un raffinatissimo ed elegante concerto, impegnativo sia per gli orchestrali, per i cantanti, che per il pubblico che non è abituato a questo genere di musica barocca, ma quest’ultimo ha comunque riempito il teatro e apprezzato l’esecuzione con grandi e lunghi applausi.
Antonio Vivaldi
Juditha Triumphans
oratorio militare sacro in due parti RV 644 libretto di Giacomo Cassetti
musica di Antonio Vivaldi
Juditha, Luciana Mancini
Holofernes, Elena Biscuola
Vagaus, Silvia Frigato
Abra, Francesca Lombardi Mazzulli
Ozia Marta Fumagalli
direttore ROBERTO ZARPELLON
Coro Accademia dello Spirito Santo direttore Francesco Pinamonti
Orchestra da Camera Lorenzo Da Ponte su strumenti d’epoca
maestro concertatore e direttore Roberto Zarpellon
produzione Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
Prima esecuzione a Ferrara