Intervista di Tiziano Thomas Dossena
Eugenio Serino ha recentemente pubblicato il diario di prigionia di suo nonno Rosario, complementandolo con fotografie dell’epoca e degli anni seguenti alla liberazione, ed altri documenti da lui ritrovati dopo una lunga e meticolosa ricerca. Il libro e` una finestra sulla brutalita` delle truppe tedesche nella seconda guerra mondiale, ma anche una visione sulla forza psichica ed il senso di onesta` e correttezza di questo ufficiale di complemento che ebbe ad affrontare due anni di stenti, maltrattamenti e di abusi di ogni genere e, nonostante cio`, seppe ritenere una visione serena della vita, diventando insegnante e dedicandosi a tale vocazione e alla propria famiglia con corpo ed anima. Con la certezza di far piacere ai nostri lettori, riportiamo un’intervista ad Eugenio Serino che tratta alcuni aspetti del libro.
L’Idea Magazine: Buongiorno Eugenio. Il libro “Il Diario del Tenente Rosario Serino- Memorie della prigionia 1943-1945” da te curato ha ottenuto molti consensi, sia di critica sia di pubblico. Mi congratulo e colgo l’occasione per parlarne un poco con te…
Tuo nonno fu Internato Militare Italiano: Ufficiale dell’Esercito durante la Seconda Guerra Mondiale, deportato e prigioniero nei campi nazisti dal 1943 al 1945. Potresti spiegare come tuo nonno arrivò al campo di prigionia in Germania?
Eugenio Serino: Mio Nonno Rosario Serino, (1913-2002), è stato un Internato Militare Italiano. Era originario di Parabita (Lecce) ed era stato inviato sul fronte albanese, come Ufficiale di Complemento (Tenente); uno dei tanti “resistenti invisibili”, quei soldati che dopo l’8 settembre 1943 si rifiutarono di collaborare con i nazisti e furono deportati nei campi di prigionia, dove restarono fino al 1945. Con lui tantissimi militari: più di mezzo milione nei Lager della Wehrmacht. Era stato arrestato dai tedeschi a Urosevac, in Kosovo e venne internato con il numero di matricola 150637, dopo aver respinto ostinatamente le proposte tedesche di collaborazione e di adesione al fronte del lavoro. Da Urosevac (attuale Ferizaj, ndr), ormai nelle mani dei tedeschi, Rosario Serino, fu avviato al campo di concentramento di Kaisersteinbruch (Vienna). L’odissea del viaggio viene narrata perfettamente con i dettagli delle sofferenze: salirono su un carro merci, 49 soldati in vagoni, stretti sulle panche; i corpi tremavano e si cantava per non farsi sopraffare dal freddo e dalla paura. Da questa momento il Nonno, rimase costantemente nei campi di concentramento. Più di 600.000 soldati italiani caddero nelle mani dei tedeschi: per l’economia di guerra tedesca la cattura del maggior numero possibile di militari italiani rivestiva un’importanza decisiva, dal momento che a partire dal 1943 si delineava una sempre più drammatica carenza di manodopera. Dopo quasi due anni nei campi di concentramento di Kaisersteinbruch (Vienna), Siedlce (presso Varsavia), Sandbostel XB e Wietzendorf Oflag 83 (tra Amburgo e Brema), dopo aver sentito la paura di non farcela ed aver visto gli orrori umani più infimi e crudeli, tornò a Parabita, il 28 agosto 1945.
L’Idea Magazine:Come prigioniero, però la situazione non fu proprio idillica…
Eugenio Serino: Iniziò per oltre mezzo milione di soldati la deportazione e la successiva prigionia. La condizione di prigionieri degli italiani era maggiormente aggravata dal fatto che erano ritenuti dai nazisti traditori: i militari italiani non più disposti a continuare la guerra a fianco dell’ex alleato vennero considerati nemici del regime, e quindi, denigrati come esempio politico e militare quanto mai negativo. La Wehrmacht sapeva già da tempo che l’Italia sarebbe uscita dalla guerra, così che, quando giunse il momento, procedette al disarmo delle disorientate forze dell’ex alleato con metodi assai drastici e in più di un’occasione violando il diritto internazionale.
I tedeschi li classificavano come Italienische Militär-Internierte (IMI) allo scopo di privarli della protezione della Croce Rossa Internazionale, di ogni garanzia giuridica e di ogni soccorso esterno—non godevano delle garanzie della Convenzione di Ginevra. Basti pensare che 90 ufficiali dormivano in ambienti di 50 metri quadrati; i posti letto sembravano loculi: spesso si dormiva sul pavimento; era concesso una volta al mese di lavarsi, 10 per doccia, ammassati con spinte ed urla. Nelle camerate buie e basse, costruite con blocchi di cemento, gli Ufficiali vissero in un affollamento che non permetteva neanche la vita normale. Dai tetti sconnessi l’acqua cadeva sui tavoli e sui letti. Durante l’inverno, nell’interno delle camerate scendevano ghiaccioli di 20-30 cm ,mentre qualsiasi riscaldamento veniva negato ( quattro distribuzioni di legna in ragione di 20 Kg circa per camerata, in tutta la stagione). Le perquisizioni personali e per camerata costituirono per lunghi mesi una delle ossessioni del campo. Oltre a quelle in occasione degli arrivi e partenze, sistematicamente per più mesi venivano perquisite due o tre camerate al giorno. Gli ufficiali venivano portati fuori dalle camerate, circondati da soldati della polizia e perquisiti a nudo, spesso sotto la neve o pioggia. Nel frattempo un’altra schiera di poliziotti metteva a soqquadro la camerata smontando letti, pavimenti e pareti sì che per più giorni l’ambiente restava inabitabile. In queste occasioni i tedeschi requisivano le cose più impensate ed anche quelle necessarie; dalle lenzuola, dal pezzo di sapone al pezzo di cuoio. Per non parlare della fame patita, quando per giorni si digiunava o si mangiavano solo delle bucce di patate. Tutto questo quotidianamente deteriorava il fisico e la mente.
L’Idea Magazine: Ma lui, come altri, si ribellò e non collaborò con i nazisti pur essendo loro prigioniero…
Eugenio Serino: Mi piace riportare fedelmente dei passi del Libro, con le sue riflessioni; ci mettono davanti alla cruda realtà: “…come passano lenti i giorni, come tutto è diventato nero. Il domani mi esaspera. Quando finirà questa vita? Come sarà l’altra? Mi rifarò delle sofferenze patite? Oppure sarà una continuazione di questa? Tutto il giorno non si fa niente, si attende sempre l’ora del rancio e come ce la fa sembrare lunga la fame. Sempre fame. Di che si parla?Di mangiare, ricordi e proponimenti. Quando avrò notizie da casa? Sono sei mesi che ne sono privo. Rivedrò più la mia casa? E quando? Com’è brutto quel quando. È vicino? È lontano? Ritroverò tutte le persone care che ho lasciato? Sarà tutto come prima? Ho già trenta anni e ci sono ancora tanti interrogativi. Avessi almeno qualche libro per studiare, per leggere! Sento che le forze vengono meno e non c’è neppure una notizia che possa risollevarle. E dire che il giorno 8 settembre avevo detto: “ coraggio! La vita incomincia domani. Ignaro o presago fui della sorte che ci doveva capitare?” Triste sera quella, la notizia mi fece piangere, capii che cominciava il peggio. Adesso sono vivo, e Dio solo sa perché, ma sono contento; i giorni che passano sono come non vissuti; si sentono solo perché si soffre tanto moralmente e fisicamente.”
L’Idea Magazine: Hai dovuto fare molte ricerche per questo libro?
Eugenio Serino: Ho dovuto fare delle ricerche, ma sono stato fortunato nel ricevere la collaborazione della mia Famiglia e degli Uffici preposti.
Devo ringraziare mia Zia Lelia che è stata la custode di tutti i documenti del Nonno; credo che l’amore e la cura nel conservare questi ricordi sia la chiave di volta del senso della vita e del sacrificio di mio Nonno: questa cronaca giornaliera, fatta clandestinamente, ci da una testimonianza diretta di quello che è successo in quegli anni; un monito.
Comunque tanto ho trovato anche presso gli Uffici:
- Archivio Vaticano, Stato del Vaticano- Roma
- Stato Maggiore dell’Esercito Italiano- Ufficio Persomil- Roma
- Croce Rossa Internazionale di Ginevra
L’Idea Magazine: Dopo la Guerra, tuo nonno divenne insegnante. Secondo te, riuscì a trasformare le proprie esperienze nel campo di prigionia in una vita ancor più produtttiva e significativa di quello che sarebbe stata?
Eugenio Serino: Devo dire che tutti gli italiani, appena finita la Guerra, si rimboccarono le maniche per cercar di ricostruire un’Italia migliore. Mio Nonno Rosario, una volta rientrato in patria, fu Maestro di scuola e successivamente Segretario presso la Scuola Elementare “Guglielmo Oberdan” di Parabita; la sua esperienza sia in guerra, sia come maestro di scuola, ha una valenza educativa perché le virtù con le quali ha vissuto durante la prigionia, le ha portate ai suoi alunni in classe. Il legame indissoluto tra Rosario Serino e gli studenti si perpetua quasi quotidianamente: ogni qualvolta che i ragazzi, dopo aver letto il libro, rappresentano con la propria sensibilità, con disegni e arti grafiche.
L’Idea Magazine: Tuo nonno nel 2018 ha ricevuto la Medaglia d’Onore alla Memoria dal Presidente della Repubblica Italiana. È un grande onore. Spero che il tuo libro diventi un film e che tutto il mondo conosca che grande uomo fosse tuo nonno..
Eugenio Serino: Grazie mille. Si il Presidente ha concesso la Medaglia d’Onore alla Memoria, quindi l’italia non dimentica e non vuole dimenticare le sofferenze degli I.M.I. Sarebbe bello un film su Rosario Serino, lo spero pure io. Effettivamente nel diario i fatti vengono descritti in maniera dettagliata; le frasi dipingono bene l’atmosfera, le azioni, i sentimenti, i gesti ed è per questo che il libro potrebbe essere una sceneggiatura per un film sulla prigionia di mio Nonno.
È una storia completa, a lieto fine fortunatamente, che porta un uomo a vedere gli orrori e gli abissi del genere umano e poi a lottare con tutte le forze per risalire, come diceva Dante “ a riveder le stelle”, insegnando ai suoi alunni che la vita è sempre più forte e l’amore, l’amicizia ed il coraggio sono antidoti contro le violenze.
L’Idea Magazine: Nel leggere le parole di tuo nonno si viene riportati veramente a quei tempi e si prova l’angoscia e tutte le altre emozioni che lui ed altri prigionieri sentivano ed esprimevano. Che cosa ti ha fatto decidere di pubblicare questo diario, tenuto segreto per molti anni?
Eugenio Serino: Io dico sempre che questo diario mi ha dato la possibilità di avere una visione tridimensionale del Nonno: ho conosciuto Rosario Serino come nonno, come padre di mio padre ed avuto la fortuna di avere uno scorcio di Rosario ragazzo ( anche se in un contesto triste ed angoscioso). Questi suoi scritti gelosamente custoditi, o meglio, gli ultimi pezzi dei suoi scritti, sono usciti da chissà quale baule o cassetto, dopo la sua morte. Insieme formano quello che fu il suo diario di guerra, dei giorni della deportazione, della sofferenza dei campi tedeschi. Situazioni descritte perfettamente nella loro crudeltà, sintetizzate in righe di quaderno; realtà difficili e per certi versi assurde nella loro natura. Tutte cose conosciute e studiate sui libri di scuola, dell’università, ma mai viste così da vicino. Delle righe che mi hanno avvicinato a lui; e il gap generazionale esistente tra me e lui, è stato eliminato. Parole che potrebbero essere state scritte da uno nato come me negli anni 70, niente tecnologia, niente computer, né telefonini, solo sentimenti, paure e ansie scritte su un diario. Ecco uno spunto reale tangibile di quello che fu in quegli anni tristi della Seconda Guerra Mondiale; è per questo che i suoi scritti di più di settanta anni fa possono rivivere oggi e sempre; un pezzo di vita di mio nonno, un pezzo di storia d’Italia.
L’Idea Magazine: Hai anche pronta una versione in inglese…
Eugenio Serino: Mi piacerebbe avere una versione in Inglese ed in Tedesco; credo che questa vicenda debba essere patrimonio di tutti e soprattutto delle generazioni future.
L’Idea Magazine: Un messaggio per i nostri lettori…
Eugenio Serino: Intanto ringrazio Lei, Dott. Dossena e L’Idea Magazine di New York per il vostro interessamento, ciò mi rende molto fiero… toccare le sponde degli U.S.A. è motivo di orgoglio. New York è una città alla quale sono molto legato ed i nostri connazionali emigrati sono riusciti, con tanti sacrifici e sofferenze, lontani da casa, a contribuire a costruire l’America. Ho tanta ammirazione per loro, gente che ha lottato e sofferto.Thank you so much. Eugenio