di Federico Scatamburlo
Tra le tante meraviglie che possiamo annoverare in Italia, una di queste è senz’altro a Taormina, il Teatro Greco che, nonostante il nome, si presenta, nel visibile, totalmente romano. Situato in una privilegiata sopraelevata posizione, è una spettacolare ambientazione per opere e spettacoli. La vista del mare e del cielo con la luna notturna che sembra quasi un faro, rendono magiche tutte le rappresentazioni che in esso vengono allestite.
Ma in questa serata del 16 luglio 2016 la magia l’hanno fatta gli interpreti di una strepitosa e colorata “prima” de La Traviata di G.Verdi. Nomi e maestranze noti al pubblico amante del genere hanno contribuito ad una esecuzione di grandissimo livello, resa ancor più spettacolare dal particolare luogo.
A cominciare dall’Orchestra del Teatro Bellini di Catania, con la collaborazione della Fondazione del Teatro Massimo di Palermo, Taormina Arte e sotto l’egida della Regione Sicilia, in un’esemplare esecuzione, diretta dal M° Jordi Bernàcer. Una concertazione un po’ ambigua se vogliamo, con tempi a volte veloci a volte un po’ lenti, e con volumi pure diseguali. Ma dobbiamo dire che questo tipo di direzione talvolta funziona, come in questo caso, perché ha reso meno statica e piatta la musicalità, rendendo il tutto più frizzante e di certo non monotono, anche se sicuramente ha aumentato la difficoltà per i cantanti. Preciso e puntuale il Coro, sempre del Teatro Bellini, ben amalgamato e senza voci eccessivamente preponderanti.
La particolare collocazione ha forzato la regia scenica, che è stata in mano a Massimo Gasparon, che ha curato anche luci e costumi. A causa del forte vento non è stato possibile effettuare cambi scenici particolari, e quindi in tutta la rappresentazione gli arredi sono rimasti più o meno gli stessi, ma poco male, i pittoreschi e colorati abiti di scena hanno colmato questa lacuna. Una regia molto semplice ma efficace quella di Massimo, nella quale vorremmo dire di aver sentito molto l’influenza della collaborazione con Pierluigi Pizzi.
La Traviata si sa, è alquanto impervia per la protagonista. Il Cigno di Busseto fu all’epoca spietato con la composizione della partitura per Violetta, che richiede ben quattro tipologie di soprano: un soprano di coloratura per il I atto, un soprano più lirico per il II, un soprano lirico spinto per la scena della festa in casa di Flora e persino un soprano quasi drammatico per il III atto. Una meravigliosa “follia”.
Ma Desirée Rancatore, che in questa serata si è esibita nella sua terra natìa nei panni, appunto, di Violetta, ha delle capacità tecniche fuori del comune. Dopo il profondo e toccante preludio che apre l’opera, fin da subito si è capito che sarebbe stata una Violetta perfetta.
Duttile, flessibile, agile e ricca d’estensione nel registro acuto, ma nello stesso tempo in grado di usare volumi intensi, con grande ricchezza, pienezza e buona tenuta nel registro grave, sempre omogenea e mai forzata, con assenza totale di portamenti, ci ha regalato momenti di pura agilità attraverso passaggi robusti e aperture liriche encomiabili.
Emozionanti gli improvvisi sovracuti alternati a filati perfetti con note piccolissime ma perfettamente udibili in tutto il teatro, simili a carezze che fanno venire i brividi e che vanno direttamente all’anima; stupefacente la totale assenza di sbavature in tutta l’esecuzione abbinata a una magnifica drammaturgia interpretativa.
Nella narrazione Violetta, suo malgrado, si innamora di Alfredo, suo fervido ammiratore: anche questo personaggio presenta indiscutibili difficoltà.
Stefan Pop, che già avevamo applaudito nel Roberto Devereux a fianco di Mariella Devia, apparentemente non ha avuto alcuna difficoltà a calarsi in questa parte. Dotato di timbro ampio e squillante, è stato in grado di passare con facilità a momenti più lirici, dolorosi e nostalgici perfettamente in linea con la parte, senza trascurare tuttavia i momenti più declamati, quasi sillabici e che sono molto incisivi in questo ruolo.
Dizione perfetta, quasi migliore di un madrelingua italiano (ricordiamo che Stefan è di origini rumene); nonostante la giovane età (29 anni) ha già al suo attivo più di duecento recite in questo ruolo che ormai calza alla perfezione.
Padrone della scena, molto in sintonia con Violetta, si evince chiaramente che i fraseggi e le interazioni sono stati molto curati da entrambi i protagonisti, creando così una coppia molto convincente. Ci auguriamo di vedere presto altre collaborazioni di questi due artisti che lavorano così bene insieme.
Uguale plauso merita il resto del cast di questa serata.
Avevamo già apprezzato Giuseppe Altomare nei panni di Giorgio Germont al Teatro La Fenice di Venezia e riconfermiamo quanto già detto. La tessitura di questa parte connota un autoritario sentimento paterno, e Altomare con il suo registro ne è totalmente padrone, con voce profonda, grande ma mai eccessiva, controllata ed incisiva, ed è sempre ben presente in tutta l’opera. Molto appropriato anche scenicamente, specialmente in questa serata con gli abiti di scena dell’epoca.
Ottima l’interpretazione di Piera Bivona nel ruolo di Annina: nella maggior parte delle rappresentazioni capita di trovare questo ruolo quasi un po’ sguaiato, stridulo, oppure troppo leggero, poco udibile, invece Annina è qui risultata professionale, intonata e ricca di armonici, con volumi assolutamente adeguati.
Bravissimi anche Loredana Rita Megna (Flora Bervoix), Giuseppe Esposito (Barone Douphol), Alessandro Busi (Marchese d’Obigny), Maurizio Muscolino (Dottor Grenvil), Giuseppe Costanzo (Giuseppe) e Alessando Vargetto (Domestico di Flora e Commissario).
La traviata, un capolavoro di Verdi, un’opera che è, per interpreti ed ascoltatori, ‘croce e delizia, delizia al cor…’
Ma questa è stata semplicemente una meravigliosa opera, in un meraviglioso contesto, che ha pienamente meritato la lunga standing ovation al termine della rappresentazione.