L’introduzione nei primi anni ’70 da parte di Gustav Thoeni, grande campione dello sci alpino che ha conquistato numerose medaglie e stabilito molti primati, di un nuovo modo di sciare denominato “passo spinta”, che gli permetteva di essere molto più veloce dei suoi avversari nelle discipline tecniche, ha rappresentato un vero e proprio cambio di paradigma in questo sport. Ma in cosa consiste? Ce lo spiega un appassionato di sci, Luciano Pietronero, attuale presidente del Centro Fermi e associato Cnr dove nel 2004 ha fondato – e poi diretto per dieci anni – l’Istituto di sistemi complessi. “Ho avuto la fortuna e il piacere di vivere e studiare questo affascinante fenomeno in prima persona. L’adozione del “passo spinta” non è semplice e necessita di passaggi abbastanza difficili e controintuitivi, ma per uno sciatore esperto si apre poi un nuovo orizzonte, con prestazioni nettamente superiori e una fantastica sensazione di controllo totale. Oggi gli sci carvati hanno un po’ modificato la situazione e reso la curva più facile a livello amatoriale, ma l’idea fondamentale dell’indipendenza delle gambe rimane alla base dello sci moderno evoluto, in particolare di quello agonistico. L’introduzione del “passo spinta”, a mio parere, è stata un evento fondamentale nello sci”.
Vediamo meglio in cosa consiste questo cambiamento. “Si può partire da qualcosa di molto facile, come andare dalla base della seggiovia al bar. Tipicamente siamo in una zona piatta e bisogna spingere in qualche modo. Si può fare con i bastoni, tenendo gli sci paralleli come nello sci di fondo classico, ma si può anche adottare una sorta di tecnica di pattinaggio, in cui si spinge con lo sci esterno per poi passare il peso sull’interno. In questo caso si aprono ovviamente le punte ma questo era ammesso anche nei tempi antichi, perché sul piano non ci sono molti problemi”, chiarisce il ricercatore. “Da una corrispondenza che ho avuto con la figlia del campione, Petra Maria, ho appreso che lo stesso Gustav ricorda che sciare in questo modo gli era venuto in modo naturale. Visto che gli sci erano lunghi e la pista dove ha imparato a sciare (il campo vicino all’Hotel Bella Vista) era abbastanza piano, per accelerare spinse per essere più veloce, tutto lì. Quindi, da questa descrizione che testimonia la disarmante semplicità e ammirevole modestia di Thoeni, possiamo concludere che l’origine storica del ‘passo spinta’ ha effettivamente un legame con il passo di pattinaggio con cui si spinge nel piano. Come da questo innocuo e ben noto movimento si passi a una tecnica che da enormi vantaggi in uno slalom gigante sugli asfissianti muri della Gran Risa (per me la pista più bella del mondo) in cui susseguono curve ad ottanta all’ora su pendenze estreme e magari pure ghiacciate, è tutto un altro discorso”.
Entrando nel dettaglio, Pietronero aggiunge: “Partiamo dal considerare che nella tecnica classica lo sci interno non ha quasi alcun ruolo. Si scia sempre sull’esterno e il cambio di peso da una curva alla successiva è piuttosto laborioso. Ma avendo due gambe, possiamo provare a utilizzarle in un modo più sofisticato e indipendente. L’indipendenza delle gambe rappresenta un elemento fondamentale del passo spinta e implica un utilizzo attivo dello sci interno. Percorrere una curva sullo sci interno, ad esempio sollevando quello esterno, è piuttosto difficile e innaturale, perché si va verso una zona di equilibrio precario. Ma è proprio questo equilibrio precario ad aprire la strada verso nuovi, mirabolanti orizzonti. Sciare sull’interno è difficile e bisogna impararlo con fatica. Inoltre, sarebbe una pratica aborrita dalla tecnica classica. Ma con un certo impegno e molte cadute anche questo si impara. Direi che per questo lo scarpone e la sensibilità dello spigolo hanno un ruolo fondamentale”.
La tecnica del passo spinta implica quindi l’indipendenza delle gambe. “La curva inizia con il peso sull’esterno con notevole spigolo. Dopo questa impostazione l’interno comincia ad avere una certa apertura della punta che viene man mano accentuata con uno spigolo nettamente minore. La gamba esterna ha una forte inclinazione e quella interna molto meno così che il ginocchio esterno si avvicina fino a toccare lo scarpone interno. Man mano che si percorre la curva, il peso viene spostato sempre più sull’interno mentre con l’esterno più angolato si spinge in fuori”, continua l’esperto. “Questa spinta in fuori porterebbe inevitabilmente ad allargare la curva, ma questo viene poi evitato passando sull’interno a metà curva che ha una direzione molto più angolata (le punte aperte). Questo movimento ha l’effetto di ridurre il raggio della curva senza frenare, un altro punto fondamentale. Poi si passa completamente sull’interno che diventa l’esterno della curva seguente”.
Questa tecnica ha insomma numerosi vantaggi. “Non si cade più. Nella sciata libera l’indipendenza delle gambe offre un livello nettamente superiore di stabilità e controllo in ogni condizione. Una scivolata dell’esterno sul ghiaccio si recupera con l’interno e così via”, conclude Pietronero. “Inoltre, la curva non è più una frenata, ma corrisponde quasi a una fase di accelerazione (la famosa spinta). Questo effetto è macroscopico in uno slalom su pendii leggeri. Sul ripido magari ghiacciato e ad alta velocità, tutta questa spinta non serve ma le gambe indipendenti e l’apertura delle punte portano a un altro importante vantaggio. Si può infatti modulare la curvatura effettiva della curva senza dover frenare. Un vantaggio essenziale per recuperare un ritardo di linea. Infine, il cambio di peso e direzione in una serie di curve è fulmineo rispetto alla tecnica classica, perché la curva che si conclude si integra con quella che si inizia. Il termine di una curva con parte del peso sull’interno è già una sorta di inizio della curva successiva. All’epoca l’adozione di questa tecnica non era semplice e solo in pochi l’hanno subito interpretata al meglio. Tra questi naturalmente Ingmar Stenmark e Alberto Tomba, di cui Thoeni è stato allenatore. In conclusione, il passo spinta e l’indipendenza delle gambe, e quindi il controllo della curvatura in accelerazione, rappresentano tuttora la base dello sci evoluto e agonistico. Tutto questo grazie alla meravigliosa invenzione di Gustav per andare un po’ più forte nel pendio dietro l’albergo”.
Alessia Cosseddu [Almanacco della Scienza N.13, 30 giugno 2021]