di Federico Scatamburlo
Uno dei più grandi successi del grande compositore Gaetano Donizetti è sicuramente il Roberto Devereux, una delle tre opere del cosiddetto “Ciclo delle Regine Tudor”. Rappresentata per la prima volta nel 1837 al Teatro San Carlo di Napoli, ebbe un enorme successo per molti anni e centinaia furono le rappresentazioni, prima di un lungo oblio che terminò nel 1964 per merito di Gianandrea Gavazzeni, grazie al quale l’opera entrò a pieno titolo nel repertorio Donizettiano. E da ben 178 anni, precisamente dal 1840, non veniva rappresentato al Teatro regio di Parma, dove ritorna in grande stile con artisti e messa in scena di altissimo livello.
Pur con evidenti licenze storiche (per esempio nella finzione Elisabetta abdica a differenza di quanto accadde nella realtà), la storia riprende abbastanza fedelmente gli avvenimenti, gli usi e i costumi dell’epoca della dinastia Tudor, durante la quale ci fu il lunghissimo regno della Regina Elisabetta I. Un regno segnato da molti avvenimenti importanti, sui quali Elisabetta ebbe egemonia politica incontrastata, nonostante le tensioni religiose del tempo e i numerosi tentativi di far cadere la sua monarchia. Ma l’enorme potere in suo possesso non poté farle avere ciò che in fondo le importava di più: l’amore. E’ questo l’argomento principale della concertazione di Donizetti: tutti i personaggi si muovono nel palco quasi come fossero soli, ma ben consci di essere costantemente osservati, giudicati e talvolta condannati, esattamente come succedeva nelle corti dell’epoca. Si percepisce che tutto è teatro e finzione, tanto è il pubblico che gli attori, tutto si dice e tutto si tace, solo il potere, quello di corte, parla apertamente e sancisce inesorabilmente il destino di ognuno.
Geniale da parte di Monica Manganelli l’idea di creare un palco nel palco: appena aperto il sipario si ha inizialmente la sensazione di essere all’interno di un teatro londinese. L’essenzialità degli arredi e delle scenografie rendono l’idea di un castello rinascimentale, grazie agli spazi bui e con pochi elementi come erano tipicamente arredate le enormi stanze del tempo, ma non manca niente di quello che serve a creare perfetti richiami significativi, dalle cancellate gotiche, al trono in legno semplice ma inquietante (quasi sempre presente in scena), alla gabbia-carcere in cui viene rinchiuso Roberto Devereux, reo di non ricambiare l’amore della Regina. In perfetta sintonia con tutto questo i costumi creati con grandissima cura da Gianluca Falaschi, sontuosi, enormi e scomodi come in uso all’epoca, e assolutamente rispettosi della rigida gerarchia di corte. La regia di Alfonso Antoniozzi, coadiuvata dai mirabili effetti di luce di Luciano Novelli, non poteva essere più adeguata per rendere il teatro nel teatro, complici i mimi che accudiscono la regina e un pregevole Coro del Regio (diretto da Martino Faggian) nascosto dietro misteriose e anonime maschere e ancor più misteriosi costumi (scuri e caratterizzati da ampie gorgiere bianche), che ha sottolineato i tesi dialoghi tra cortigiani e accompagnato con maestosità i momenti più solenni.
La storia in sé è molto semplice: il classico triangolo amoroso dove due donne amano lo stesso uomo. Ma in questo caso una delle due ha l’enorme potere di decidere il destino di tutti. Sara, duchessa di Nottingham, e moglie del Duca di Nottingham anela all’amore perduto di Roberto Devereux, Conte di Essex. Roberto, del quale è innamorata anche la Sovrana, è in attesa della sentenza da parte della stessa della condanna per tradimento durante la guerra ma intanto ricambia appassionatamente Sara dopo aver capito che il suo è stato un matrimonio combinato da Elisabetta. In un impeto amoroso, Sara cede al suo amato una sciarpa già ricevuta in dono dal marito, e in cambio riceve da Roberto un anello che Elisabetta gli ha donato. Sia il Duca di Essex che Elisabetta però si accorgono dello scambio di doni reciproci, e così i due saranno verranno scoperti e condannati.
I panni di Sara sono stati indossati da Sonia Ganassi, sfarzoso mezzosoprano che già avevamo apprezzato nella medesima opera due anni fa e che ancora una volta, grazie a un naturale e corposo colore vocale, ha dipinto con naturalezza la fragilità e la disperazione di una donna innamorata consapevole che il suo sentimento la porterà a morte sicura. Dizione precisa e arie sicure, con un perfetto controllo vocale e splendidi sovracuti rotondi e cristallini hanno fatto applaudire il pubblico con diversi minuti di ovazione alla fine del duetto con Nottingham nel terzo atto.
Quest’ultimo è interpretato da Sergio Vitale: interessante la qualità timbrica, l’esecuzione della linea di canto e l’espressività, ma abbiamo avuto la sensazione che non fosse in grado di esprimersi al meglio, notando una certa difficoltà nel registro più acuto, che ha reso l’esecuzione meno incisiva di quello che doveva essere.
Roberto Devereux è un uomo innamorato ma che vorrebbe anche, da fedele suddito, rispettare i voleri della sua regina, in maniera viscerale e prorompente. Perfetto dunque in questa difficilissima parte il tenore Stefan Pop, che già abbiamo avuto modo di conoscere in tante altre interpretazioni e che con il suo impeto, la potenza vocale e lo squillo che lo contraddistinguono, riesce sempre ad emozionare. Un tenore di grandissimo livello, naturalmente potente sia vocalmente che nella presenza scenica e attoriale, doti con le quali riesce a disegnare tutte le sfumature del suo personaggio facendone emergere tutta la rabbia e le frustrazioni che subisce, ma anche lo struggente sentimento che lo lega allo sfortunato amore per Sara. Particolarmente toccanti l’aria “Come uno spirto angelico” e relativa cabaletta. Bravissimo nell’aver ripreso il tempo dopo un clamoroso errore di attacco dell’orchestra.
Assurge a Regina di nome e di fatto la protagonista dell’opera impersonata da Mariella Devia. Con grande maestria in quest’opera la “divina” usa tutta la sua esperienza e mette in gioco tutte le sue carte. Legati e uso dei filati come solo Lei sa fare, sapiente utilizzo (anche drammaturgico) dei piani, forti, mezzi forti e colorature: il tutto viene magistralmente sfoderato in tutta l’opera tenendo sempre lo spettatore col fiato sospeso. Strabiliante il finale, quando si spoglia delle vesti regali, rappresentate da una mantella con un lunghissimo strascico in cui è raffigurata una carta geografica con tutto l’impero dominato, e che getta a terra quale rinuncia al trono, rimanendo abbigliata con una semplice veste bianca. Così facendo Mariella-Elisabetta espone tutta la sua sofferenza non più da sovrana ma da semplice donna tradita e con un gesto della mano che sottolinea l’acuto finale fa trasalire il pubblico subito prima della chiusura del sipario.
Degni comprimari di questo cast di eccezione Matteo Mezzaro che ha eseguito un Lord Cecil di tutto rispetto, insieme a Ugo Guagliardo (Sir Gualtiero Raleigh), Andrea Goglio (un paggio) e Martino Faggiani (un familiare).
È parmense il direttore d’Orchestra Sebastiano Rolli, che ha guidato l’Orchestra dell’Opera Italiana impegnata in questa partitura. Pur apprezzando un notevole impegno nell’ottenere belle sfumature e fraseggi, nostro malgrado abbiamo rilevato un eccessivo nervosismo nell’esecuzione generale, che in alcuni momenti ha costretto i cantanti ad adeguare alcune linee di canto.
Tanti e tanti applausi per tutti alla fine. Una rappresentazione che ricorderemo a lungo.
La recensione si riferisce alla recita del 18 marzo 2018.
© foto Roberto Ricci
Teatro Regio di Parma
ROBERTO DEVEREUX
o il Conte di Essex
Tragedia lirica in tre atti.
Libretto di Salvadore Cammarano,
dalla tragedia Elisabeth d’Angleterre di Jacques Ancelot
Musica GAETANO DONIZETTI
Revisione a cura di M. Parenti
Casa Ricordi srl, Milano
Personaggi Interpreti
Elisabetta, regina d’Inghilterra MARIELLA DEVIA
Sara, duchessa di Nottingham SONIA GANASSI
Roberto Devereux, conte di Essex STEFAN POP
Il Duca di Nottingham SERGIO VITALE
Lord Cecil MATTEO MEZZARO
Sir Gualtiero Raleigh UGO GUAGLIARDO
Un paggio ANDREA GOGLIO
Un familiare di Nottingham DANIELE CUSARI
Maestro concertatore e direttore SEBASTIANO ROLLI
Regia ALFONSO ANTONIOZZI
Scene MONICA MANGANELLI
Costumi GIANLUCA FALASCHI
Luci LUCIANO NOVELLI
Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
ORCHESTRA DELL’OPERA ITALIANA
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Allestimento del Teatro Carlo Felice di Genova
In coproduzione con Teatro Regio di Parma, Teatro La Fenice di Venezia
Spettacolo con sopratitoli
Mimi Deos Danse Ensemble Opera Studio
Assistente alla regia Marco Castagnoli
Assistente ai costumi Nika Campisi
Direttore musicale di palcoscenico e altro maestro del coro Gianfranco Stortoni;
Direttore di scena Giacomo Benamati
Maestri di sala e di palcoscenico Simone Savina, Claudio Cirelli
Maestro di palcoscenico Giuliana Panza
Maestro alle luci Anna Bosacchi
Maestro ai sopratitoli Mirko Rizzi
Scene Leonardo laboratorio di costruzioni snc (Parma);
Costumi The One (Roma), Low Costume (Roma); Calzature Pompei 2000 (Roma) Attrezzeria Rancati (Cornaredo MI), Laboratorio di attrezzeria del Teatro Regio di Parma
Parrucche Mario Audello (Torino); Trucco e parrucche a cura di Cinzia Costantino; Sopratitoli Teatro Regio di Parma
Responsabile di produzione Ilaria Pucci;
Responsabile dei servizi tecnici Andrea Borelli
Scenografo realizzatore e consulente agli allestimenti scenici Franco Venturi
Responsabile macchinisti Giuseppe Caradente; Responsabile elettricisti Giorgio Valerio
Responsabile attrezzeria Monica Bocchi; Responsabile sartoria Giuseppe Panarello
Fonica Alessandro Marsico; Ispettore di palcoscenico Ettore Moni
Personale tecnico e di palcoscenico del Teatro Regio di Parma