Dedico questa “lettera” anche a Paola Cortellesi per le intense emozioni che ho vissuto vedendo il suo film “C’è ancora domani”.
Caro Direttore Dossena, mia madre, napoletana, e mio padre, della provincia, si sposarono nel 1929. Cinque figli e io, classe 1940 e ultimo dei maschi ancora in vita, per la “Festa della Mamma”, voglio ricordarla così. Frequentavo la quinta elementare e un giorno poiché mio padre a noi figli elargiva spesso sonori schiaffoni, le chiesi se papà l’avesse mai picchiata. Mi rispose seria: “una sola volta, un solo schiaffo che restituii immediatamente dicendogli di non permettersi più altrimenti sarei andata via da casa”. Le chiesi il motivo, mi disse che erano tornati da pochi giorni dal viaggio di nozze, nella casa di papà. Era di sera, affacciati al balcone che dava sulla piazza del paese papà aveva esclamato: “che bel panorama!” e lei, che aveva nel cuore e negli occhi il Vesuvio e il mare di Napoli, una buona cultura ed era dotata di sottile ironia gli aveva risposto: “a mme me pare nu campusanto” (a me sembra un cimitero)! Da lì lo schiaffo, dato e ricambiato. Ricordo i nostri pomeriggi passati in cucina mentre lei preparava la cena e mi raccontava episodi della sua vita. Una volta mi disse che durante la guerra dall’esercito alleato era stato requisito parte del palazzo dove abitavamo per gli alloggi degli ufficiali ed uno di questi, un inglese, occupava una camera del nostro appartamento. Mi disse che la mattina, dopo aver chiesto permesso, entrava in cucina e preparava personalmente il caffè (cosa assai rara e preziosa di quei tempi) e lo condivideva con lei. Spesso l’aiutava a pulire le stoviglie e a rimettere in ordine, cosa che nessun maschio italiano avrebbe mai fatto! Non mi disse altro né io chiesi, aggiunse solo che era un uomo bello e gentile. Mia madre aveva meno di quarant’anni, bella, leggermente in carne, una pelle bianca e vellutata che odorava di buono… Ora, ricordandola, mi sembra di aver colto nei suoi occhi una luce che le illuminava ancora di più il viso. Ho custodito gelosamente questa sua confidenza preservandola da contaminazioni e da possibili ammiccamenti. Dopo tanto tempo mi viene di pensare con tenerezza a quell’ufficiale inglese dai modi tanto gentili… nella grande cucina di casa, con mia madre, da soli… Chissà… io capirei!
Raffaele