di Federico Scatamburlo
Grande tributo al Rigoletto andato in scena domenica 20 marzo 2016 al Filarmonico di Verona, che ha visto come protagonista il baritono Federico Longhi, che abbiamo incontrato nel suo camerino poco prima dell’inizio dello spettacolo. Raggiante e felice per questo nuovo ruolo, ci ha amabilmente raccontato qualcosa di sé e del mondo della lirica, di cui scriveremo nelle prossime settimane.
Il sipario si alza rivelando un’affascinante ambientazione dove una grandissima e polverosa libreria fa da fondale agli arredi del palco, unici a cambiare nelle varie scene, e dove il luogo della narrazione è riprodotto con minimale ma efficace minuzia, a volte addirittura con palazzi in miniatura dove gli astanti dominano come giganti e diventano assoluti protagonisti, o dove un unico grande elemento (come per esempio la grande scala a chiocciola nella dimora di Rigoletto) abbraccia avvolgente gli interpreti fornendo un supporto fisico dentro il quale gli stessi si muovono intonando le loro arie.
Lo sfortunato e deforme giullare di corte, Rigoletto di Federico Longhi, ha mostrato da subito la sua calda voce di baritono, e convince con la sua interpretazione il pubblico in sala. È un padre che vedrà morire tra le sue braccia la figlia Gilda, per effetto della vendetta da lui stesso messa in atto per vendicarne il disonore subìto, ed è sempre predominante sulla scena: Longhi, pur essendo al suo debutto in questo ruolo, dimostra una padronanza completa del personaggio, grazie al fraseggio potente e preciso e ad un’ottima dizione, e riesce ad essere presente anche quando la scenografia o la regia lo relegano in angoli bui di sofferenza, e mai sfugge allo spettatore.
La figlia di Rigoletto, Gilda, la cui parte è stata assegnata alla giovane e affascinante Mihaela Marcu, pur avendo una bella voce ha dimostrato una certa emozione specie nei cantabili: in più di un occasione durante il primo atto si è trovata sottotono rispetto all’orchestra e ha consapevolmente cercato di recuperare negli acuti ma questi sono risultati di conseguenza affaticati e un po’ stretti. Si riscatta tuttavia pienamente nel corso dell’opera e piace all’uditorio il pathos e l’emozione che trasmette insieme al cooprotagonista Federico Longhi, tanto che il pubblico ha spontaneamente richiesto un bis alla fine del secondo atto, che artisti e orchestra hanno simpaticamente concesso volentieri, regalando una dinamica inconsueta e originale durante lo svolgimento di un’opera. Una giovane artista, ma in promettente ascesa.
Il seduttore e pietra dello scandalo, Il Duca di Mantova, è in questo cast interpretato da Raffaele Abete, tenore. A questo personaggio sono attribuite prestazioni di un certo livello, e netta è stata la sensazione che Il Duca, ben consapevole di questo, sia stato anch’egli tradito da una certa emozione. Gli acuti e la famosissima aria “La donna è mobile” non sono stati proprio all’altezza di quanto ci si aspettava, ma si è percepito chiaramente che le doti possedute sono state dosate con estrema prudenza, forse nel timore di eccedere.
I panni di Sparafucile, sicario assoldato da Rigoletto, e Maddalena, sorella di Sparafucile ed amante del Duca, sono indossati rispettivamente da Gianluca Breda, basso, e Clarissa Leonardi, mezzosoprano (anche se in origine la parte è prevista per contralto), bravi entrambi nei propri ruoli. Degno di nota il famoso quartetto “Bella figlia dell’amore” che ha suscitato un boato da parte del pubblico.
Il resto del cast, composto quasi tutto da giovani emergenti, ha dimostrato professionalità e capacità d’interpretazione, e ha interagito egregiamente con i colleghi.
Molto bene il coro, tutto al maschile e spesso presente in scena, sempre preciso e ben ritmato nelle sue parti. Fabrizio Maria Carminati ha guidato con maestria l’orchestra dell’Arena di Verona, la quale, seppur con qualche sporadica imperfezione da parte degli archi, ha eseguito tutta l’opera con volumi e ritmi ottimamente adattati alle scene e ai cantanti, sempre perfettamente integrata.
La regia di Arnaud Bernard, precisa e puntuale, seppur originale non ha stravolto le indicazioni del libretto e, unita all’ottima scenografia sopradescritta curata da Alessandro Camera, ha reso fedelmente quanto voluto dall’autore dell’opera G.Verdi e dal librettista Francesco Maria Piave. Un particolare plauso va anche ai tecnici e al personale del retropalco dell’Arena di Verona, che hanno saputo realizzare con abilità ambientazioni ed effetti speciali che hanno trasportato lo spettatore in un’altra dimensione.
L’opera lirica nel suo insieme è una strada irta di ostacoli impervi e curve strettissime, ma l’affiatamento e la professionalità di grandi nomi, giovani emergenti e maestri professionisti riuniti dal famoso teatro della città scaligera, è riuscito ancora una volta a creare uno spettacolo gradevole e coinvolgente, che sarà ricordato.
Foto Ennevi per gentile concessione Ufficio Stampa Arena di Verona
Direttore d’orchestra Fabrizio Maria Carminati
Regia Arnaud Bernard
Scene Alessandro Camera
Allestimento della Fondazione Arena di Verona
ORCHESTRA, CORO, CORPO DI BALLO E TECNICI DELL’ARENA DI VERONA
IL DUCA DI MANTOVA Alessandro Scotto Di Luzio (13 e 17 marzo) Raffaele Abete (15 e 20 marzo)
RIGOLETTO Leo An (13 e 17 marzo) Federico Longhi (15 e 20 marzo)
GILDA Mihaela Marcu
SPARAFUCILE Gianluca Breda
MADDALENA Clarissa Leonardi
GIOVANNA Alice Marini
IL CONTE DI MONTERONE Alessio Verna
MARULLO Tommaso Barea
MATTEO BORSA Antonello Ceron
IL CONTE DI CEPRANO Romano Dal Zovo
LA CONTESSA DI CEPRANO/UN PAGGIO DELLA DUCHESSA Francesca Micarelli (13, 15 marzo) Francesca Martini (17 marzo)
UN USCERE DI CORTE Dario Giorgelè