Sunday, November 17, 2024

Dominique la Pierre

TUTTO CIÒ CHE NON VIENE DONATO VA PERDUTO. (proverbio indiano)

In questa frase è racchiusa anche la filosofia di vita del grande scrittore e filantropo Dominique Lapierre, conosciuto in tutto il mondo per la sua opera a favore delle popolazioni indiane. Da molti anni, attraverso i suoi bellissimi libri, egli ha raccontato la vita dei poveri e del mondo dei lebbrosi di Calcutta, degli uomini-risciò, di Madre Teresa e di altre meravigliose persone che si prodigano con amore in questo mondo variegato.

“La città della gioia”, che è anche diventato un meraviglioso film con Patrick Swayze, è forse il suo libro più celebre ed originale come argomento, forse proprio perché tocca un mondo che lui conosce a fondo, quello dei lebbrosi indiani. Lapierre ha anche raccontato la storia degli avvenimenti legati alla proclamazione dell’indipendenza indiana in “Stanotte la libertà”, della fine dell’apartheid in Sudafrica in “Arcobaleno nella notte”, della lotta per la ricerca dl virus dell’AIDS in “Più grandi dell’amore”, dell’incontro con grandissimi personaggi ma anche con assassini, descritti in modo mirabile ed umanissimo in “Mille soli”, della Resistenza di Parigi sotto l’occupazione nazista in “Parigi brucia?”, ridotto anche in drammatico film nel 1966, con dei grandi attori del cinema quali Kirk Douglas, Orson Welles, Yves Montand, Alain Delon, Glenn Ford e Anthony Perkins.

La collaborazione con Larry Collin ha portato alla creazione di molti libri, tra i quali “New York Brucia?”, in cui racconta l’ipotesi di una bomba atomica messa da terroristi nelle fogne della città, a forte impatto emotivo, e “Gerusalemme, Gerusalemme!”, la storia della nascita dello Stato d’Israele, i fatti, i drammi che ancora insanguinano quelle terre, la speranza della pace. Tutto sempre con il suo stile avvincente, in un turbine crescente di emozioni.

I HAD ONE DREAM: conoscere di persona Lapierre. Ne ho avuta l’opportunità nel settembre 2011, dopo due anni di epistolario, presso la casa Editrice Il Saggiatore, e così è nata questa nostra intervista…

 

L’IDEA: Sto leggendo il suo libro “Stanotte la libertà” e conosciuto le cose meravigliose che il Mahatma Ghandi ha fatto per il suo popolo e che ancora oggi non sono molto conosciute: ha combattuto la famosa battaglia del sale ed ha girato tutta l’India a piedi, villaggio per villaggio, per esempio. In sostanza, che cosa la colpisce di più in una persona: la simpatia, l’intelligenza, la compassione o il calore umano?
DOMINIQUE LAPIERRE: Tutto insieme, naturalmente. L’apertura del cuore, però, è la più importante. Soprattutto la compassione.

L’IDEA: Infatti, la compassione non è molto diffusa.
LAPIERRE: Si, la compassione, certamente. In Italia sono invece molto aperti a questo sentimento. Ho trovato qui molta più compassione che in tutto il resto del mondo.

L’IDEA: L’ho constatato anch’io. Gli italiani sono molto meglio di quello che spesso noi pensiamo. Se dovesse tornare indietro nel tempo, cosa farebbe di diverso o d’altro?
LAPIERRE: Di diverso no, ma di più certamente. Ho la sensazione di non aver fatto abbastanza.

L’IDEA: Lei è stato in Cina?
LAPIERRE: Si, vent’anni fa. Solo il sud della Cina. Non conosco bene il paese. Conosco bene L’India, però: 700.000 villaggi, 5 milioni di lebbrosi 100 milioni di bambini non vanno a scuola e noi diamo una goccia nel mare. L’incontro con Madre Teresa e James Stevens mi ha spinto a cercare di aiutarli. Abbiamo guarito due milioni di tubercolotici, aperto 120 scuole e dispensari, aiutato il rifugio per lebbrosi “Resurrezione” nella sua opera. Diamo soldi alle famiglie perché mandino i bambini a scuola: è una cosa molto pericolosa, perchè le mafie locali non vogliono questo, vogliono sfruttarli. Ma noi andiamo avanti.

L’IDEA: Ha in programma di scrivere un altro libro?
LAPIERRE: Sempre. Ma lei ha letto “Un arcobaleno nella notte?” È la storia del Sudafrica e dei suoi protagonisti. Ci sono tanti eroi nel mondo che sono sconosciuti e per me scriverne è un’occasione per farlo sapere, descrivere la capacità di superare tutti i problemi e le avversità.

L’IDEA: C’è anche l’atro aspetto della medaglia. Purtroppo vi sono al mondo molte persone che uccidono, che sfruttano, che ti schiacciano sotto un tallone di ferro, come descrive il grande Jack London…
LAPIERRE: Brava, tutto Jack London. Molto bene.

L’IDEA: Lei, comunque, è una persona positiva. È ottimista?
LAPIERRE: Totalmente. Sono ottimista. Per me, un bicchiere è sempre mezzo pieno.

L’IDEA: Le faccio dono di un libro sulla vita del mio compagno Corrado Bonfantini, una leggenda della resistenza. Era un uomo con una grandissima umanità, un vero e proprio San Francesco laico. Gli ho voluto ben anche per questo.

Vorrei dire altro, ma la commozione mi stringe la gola e, forse comprendendolo, Lapierre mi apre le braccia, stringendomi in un abbraccio fraterno.

 

Marilena Dossena
Marilena Dossena
Nata a Milano, cresciuta in un ambiente artistico e letterario (il padre Pittore ed il compagno editore e giornalista), ha lavorato in varie Case Editrici e presso l’Università degli Studi di Milano. È stata Vice-Presidente e Responsabile Cultura del CRAL dei dipendenti universitari per 30 anni, organizzando dibattiti su problemi sociali ed incontri con importanti personalità della cultura. È stata, inoltre, Consigliere del Circolo Ambrosiano Meneghin e Cecca per dieci anni, dove ha organizzato conferenze ed eventi musicali. Appassionata di fotografia, ha partecipato a molte Mostre, sia collettive che personali. Sue immagini sono state pubblicate in vari volumi (La storia di Meneghin e Cecca, Lombardia amore mio, Milano: la storia sui muri, Milano o cara: Porta Ticinese), ed in molti quotidiani importanti (Il Corriere della sera, Il Giorno, Il Giornale, la Martinella, l’Intermezzo, ecc.). Le sue preferenze vanno ai volti di personaggi, alla natura in genere ed alle tradizioni popolari (carnevali di Milano, Venezia, Borgosesia, Oleggio, ecc.). Ha inoltre collaborato , con varie interviste a personalità della cultura con i periodici l’Intermezzo, l’Impegno e La Vallèe notizie.

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