di Marina Agostinacchio
Premessa: lo scopo di questo breve lavoro è quello di cercare la decodifica di una scrittura poetica particolarmente affascinante da un punto di vista lessicale, semantico e simbolico.
Per accedere in parte al codice linguistico di Cristina Campo, ho scelto di leggere – e di farmi condurre quindi – da quanto hanno scritto di lei alcuni studiosi come Angela Donna, Adriano Ercolani, Margherita Pieracci Harwell, Manuela Maddamma, Massimo Morasso, Sara Mostaccio, Elena Paroli, Tiziano Salari, Marco Toti, Emanuele Trevi. Essi hanno costituito un vero e proprio tramite per la narrazione di Cristina Campo, una narrazione ricca di profondità introspettiva e di cui ho potuto così dire anch’io, come viandante – scrittrice di poesia che incontra sulla via di Damasco una folgorante messaggera di verità, di bellezza e di gioia in essa connaturata.
Non ho letto direttamente molti dei nutriti lavori (saggi, lettere, traduzioni, opere in prosa, in vita e opere uscite postume della poetessa), se non che l’unico testo poetico “La tigre assenza”. Al suo interno, mi sono accostata a qualche strofa di Diario bizantino e alla raccolta “Passo d’addio” di cui ho approfondito le prime cinque liriche, apportando anche mie riflessioni e analisi testuali di alcuni versi.
Addentrarsi nella parola di Cristina Campo non è impresa facile e per due ordini di motivi: l’opera di decodifica richiede la conoscenza a più livelli della vita di questa donna; la lettura dei versi implica l’assunzione di un atteggiamento di umiltà e di responsabilità etica da parte di chi ad essi si accosti.
Esile la produzione poetica di Cristina Campo – “forse perché ha scritto poco, rispettosa della parola… O forse perché faticosamente inserita nel mondo letterario ufficiale a cui arriva attraverso i canali dell’alta borghesia colta, ma con un lavoro di autodidatta. O forse perché la qualità dei suoi testi seleziona da sola il suo pubblico “, riporta Angela Donna nell’articolo Incontrare Cristina Campo, nel sito in quiete a cura di Gianfranco Bertagni.
Dice la Campo “La parola è un tremendo pericolo, soprattutto per chi l’adopera…” [sempre Angela Donna- Campo, 1998, p.203].
E ancora “Se qualche volta scrivo è perché certe cose non vogliono separarsi da me come io non voglio separarmi da loro. Nell’atto di scriverle esse penetrano in me per sempre – attraverso la penna e la mano – come per osmosi”. Queste parole costituiscono una rivelazione. Mi suggeriscono l’unico modo di affrontare il mondo arcano di Vittoria Guerrini: l’osmosi. Inghiottire ogni sua frase, ogni suo segno” (Cristina Campo, Gli imperdonabili, Adelphi 1987)