Sì, per me questo Natale del Covid, nonostante restrizioni, distanziamento fisico, figli e nipoti lontani, sarà un Natale meraviglioso! Sarà per me un bellissimo Natale di speranza, anche se a tavola saremo solo in due, anche se non arriveranno gli struffoli e i roccocò che ogni anno da Napoli mi invia la mia ex moglie. Sarà il Natale che mi riporterà a ritroso nel tempo quando noi del 1930/’40, che non siamo stati mai bambini – perché non lo si poteva essere in una Napoli distrutta dai bombardamenti e umiliata dalla miseria e dalla fame – eravamo innocenti spettatori di una tragedia che non riuscivamo neppure a comprendere. Restavamo muti, inermi, con gli occhi sbarrati difronte ai cadaveri dilaniati dalle granate e al pianto dirotto delle donne, lacerate nel corpo e nell’anima, che inutilmente imploravano aiuto per i loro piccoli consumati dalla fame. Noi fummo infettati da una tragedia che ci ha rubato tutti quei sogni che sono un diritto sacrosanto per ogni bambino! Eppure, nonostante tutto, ricordo con infinita tenerezza Il grande miracolo della magica atmosfera che si creava ogni vigilia di Natale per l’attesa della nascita di Gesù. Era davvero LUI il grande festeggiato! Per incanto spariva ogni paura, ogni sgomento. Uscivo sul balcone della stanza che dava sul Cavone di Piazza Dante a Napoli e mi incantavo guardando le miriadi di stelle che ricamavano il cielo… accanto a me mio nonno che ripeteva, come un mantra, “Gloria nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”… Se per il Natale che verrà non potremo scambiarci né abbracci né baci, né potremo stare tutti assieme attorno alla tavola apparecchiata con la tovaglia più bella e i rametti di vischio, so che aspetterò la mezzanotte, mano nella mano con Francesca, davanti alla piccola grotta per porre il Santo Bambino nella mangiatoia e rivedrò quel primo presepe fatto da mio padre con quattro asticelle di legno e qualche corteccia d’albero raccolte durante le passeggiate per il bosco di Capodimonte. Rivedrò i pastorelli di allora e l’osteria ricavata da una vecchia scatola di scarpe. Rivedrò mia madre china davanti al focolare, con un ventaglio logorato dall’uso e dal tempo, soffiare sul carbone per accendere il fuoco, rivivrò le sue fatiche per preparare un po’ di pane con un pugno di farina mischiata alla segatura e una zuppa con bucce di fave e piselli o inventarsi un finto sugo alla genovese, puntualmente fatto solo di cipolle e un po’ di sugna, assolutamente senza carne. Rivivrò quelle sensazioni irripetibili, quei bricioli di felicità che mi penetravano il cuore per il sorriso di mia madre e per la preghiera del nonno. Questo che viene sarà comunque il mio Natale meraviglioso! Non mi chiederò se e quando potremo tornare a vivere come prima né quando potrò riassaporare quelle piccole gioie di cui godevo fino a qualche mese fa. Ho fatto tesoro degli insegnamenti del Covid, di questo microscopico, invisibile virus che è arrivato dove non è riuscita alcuna intelligenza umana: farci dare il giusto valore alle cose e non cercare la felicità fuori di noi. Un virus invisibile e silenzioso ci spinge a riscoprire la gioia dei piccoli gesti, dei momenti vissuti con intensità e consapevolezza e ci fa capire quanto siamo stati spreconi, superficiali e presuntuosi. Buon Natale a tutto il mondo e “pace in terra agli uomini di buona volontà”!
Raffaele Pisani